Rita Bernardini a Poggioreale con l’Associazione Radicale Per la Grande Napoli. Tutti i numeri della “prepotente urgenza”, dal carcere napoletano all’intera realtà penitenziaria ita
Napoli, 12/02/2012
Questa mattina a Napoli si è tornato ancora una volta a porre al centro del dibattito, la “prepotente urgenza” del dramma carcerario in atto nel nostro paese. Oltre all’ormai consueta presenza di un buon numero di militanti dell’Associazione Radicale “Per la Grande Napoli”, fin dalle prime luci del mattino è stata in coda a Poggioreale coi parenti dei detenuti, anche la deputata radicale, Rita Bernardini. La donna, da decenni baluardo delle lotte per i diritti civili in Italia, ha così vissuto in prima persona il dramma e l’umiliazione di centinaia di persone stipate in un’estenuante coda, per poi procedere alla visita ispettiva nel carcere di Poggioreale.
Insieme alla deputata radicale – eletta nelle liste del Pd – uscente, hanno partecipato alla visita in qualità di accompagnatori anche Luigi Mazzotta, membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani e Presidente della cellula napoletana di Nessuno Tocchi Caino e Giuseppe Alterio, Segretario dell’Associazione Radicale “Per la Grande Napoli”. La visita nel penitenziario napoletano ha confermato ancora una volta quanto i detenuti che vi sono ristretti si trovano a scontare pene che, non a caso, sono ritenute incompatibili con la legalità internazionale. Ancora una volta sono state evocate le condanne della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che recentemente ha condannato per l’ennesima volta l’Italia a risarcire i danni inflitti a persone, attraverso condizioni inumane di detenzione. Ecco un passaggio esplicativo di Rita Bernardini, al termine della visita ispettiva: “solo in 930 hanno una condanna definitiva in questo carcere, su 2839 detenuti. Tutti loro però, anche i condannati in via definitiva, potrebbero presentare il ricorso alla Cedu sicuri del risarcimento, così come avvenuto per i sette che lo hanno fatto a Piacenza e a Busto Arsizio”. Il riferimento è ai sette detenuti che, sottoposti a trattamenti inumani a causa soprattutto del sovraffollamento, hanno ottenuto un risarcimento pari a 100 mila euro a testa. La visita odierna è stata anche l’occasione per aggiornare i numeri, partendo dal dato di Poggioreale – considerato da molti il peggior carcere d’Europa – fino a quelli sempre più disastrati, non solo del pianeta carcere ma in generale della Giustizia in Italia. Partendo dalle cifre inerenti il carcere di Poggioreale, è sufficiente leggerle per comprendere il disastro di una gestione che, come sottolineato dalla Bernardini, è sfuggita di mano allo Stato anche in considerazione delle code chilometriche dei parenti in visita. Come detto, a Poggioreale ci sono attualmente 2839 detenuti a fronte di una capienza massima pari a circa 1600 unità. Di questi, 930 sono definitivi – numero alto per una casa circondariale – e 325 sono stranieri. Il 30% dei detenuti in questa struttura è afflitto da problemi di tossicodipendenza. Numeri record anche per quanto concerne i colloqui. Questi, come emerso da un incontro che alcuni militanti hanno avuto col direttore della struttura, dottoressa Teresa Abate, ammontano a 102 mila ogni anno. Numeri penalizzanti anche per quanto concerne la presenza di educatori, psicologi e agenti penitenziari. I primi sono 18 – sui 26 previsti – dodici sono invece gli psicologi – cifra evidentemente bassissima – mentre gli agenti penitenziari sono 750, in luogo dei 940 previsti. A loro ha rivolto il proprio pensiero Luigi Mazzotta, ricordando che anch’essi sono soggetti alle pene inumane che ogni giorno scontano non solo i detenuti, ma anche chi vive e opera nelle carceri. Mazzotta ha ricordato i suicidi, sempre più frequenti fra i detenuti – con l’ultimo caso di pochi giorni fa a San Vittore dove un ragazzo di 21 anni si è tolto la vita – ma anche fra gli stessi agenti penitenziari. Altro dato interessante è l’impatto scarso della legge 199 che, dal primo gennaio al 19 luglio 2012, ha visto uscire da Poggioreale appena 116 detenuti. L’occasione è stata propizia anche per fare il punto sul diritto di voto nelle carceri, alla luce del testo da poco licenziato in Parlamento – a firma Bernardini – che impegna il Dap a mettere in condizione i detenuti di esprimere il proprio voto laddove richiesto. Focus anche sulle denunce arrivate da tre celle, dove alcuni detenuti hanno rivelato l’esistenza della cosiddetta “cella zero” ovvero un luogo dove settori deviati della polizia penitenziaria pesterebbero i malcapitati carcerati, che per qualche motivo vengono lì portati. La deputata ha preso con le giuste cautele tale rivelazione – neanche inedita, a dire il vero – annunciando che la verificherà e, laddove necessario, provvederà a informarne il Dap e, conseguentemente, il ministero della Giustizia. Un excursus anche sui numeri che certificano l’esistenza di una “prepotente urgenza” di Giustizia nel nostro paese. In Italia, attualmente, sono detenute oltre 65 mila persone in luogo di 45 mila. Nove milioni sono i processi pendenti – compresi i quasi cinque milioni di procedimenti civili – dieci anni sono i tempi d’attesa per una sentenza definitiva e il 40% dei detenuti è in attesa di giudizio. Di questi, la metà saranno assolti, stando a tutte le più recenti statistiche ufficiali. Infine, il dato della prescrizione, ovvero quella che Marco Pannella – grande ideatore della lotta per le carceri al punto da candidare la comunità penitenziaria italiana al Nobel per la Pace – chiama “amnistia illegale di classe”: sono 170 mila ogni anno i processi a finire in prescrizione e, naturalmente, ad avvalersi di tale esito processuale sono sempre gli imputati ricchi – i cosiddetti colletti bianchi – mentre chi non può permettersi costosi legali, non solo va in cella ma spesso non riesce neanche ricorrere alla giurisdizione internazionale. Questa a proposito, segnatamente la Cedu, ha già emesso fino a oggi 2000 condanne nei confronti dell’Italia. Numeri impietosi, ma che in questo paese ci si sforza nel tentativo – troppo spesso riuscito – di ignorare.
Fabrizio Ferrante membro della Giunta di Segreteria dell’Associazione Radicale Per La Grande Napoli
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