Addio al pino storico di Camogli

 

Camogli - Sono iniziati i lavori di abbattimenti del pino storico di Camogli, tra il dispiacere di gran parte della popolazione, molto affezionata all'albero, e la soddisfazione di alcuni commercianti che erano stati gravemente penalizzati dalle misure di precauzione decise dal Comune, visto che l'albero era stato giudicato a rischio crollo. I lavori proseguiranno per due giorni fino all'abbattimento del grosso tronco. Il ricordo di Silvio Ferrari Faccio parte di quei camogliesi anziani che, pur abitando in collina, hanno sempre pensato ai pini di Via Garibaldi, cioè della passeggiata a mare, come a un elemento visivo ed estetico ineliminabile dell’immagine cittadina. Come per l’olmo sul piazzale del Santuario della Madonna del Boschetto al quale il mio amico Buby Senarega ha dedicato una sua canzone; come per la vegetazione rigogliosa e strategicamente panoramica del Castellaro, incombente sul mare e parzialmente minacciata dall’urbanizzazione degli anni ’50 del Novecento, quando vennero create le strutture turistiche dell’albergo Cenobio dei Dogi e poi la grande sagoma dell’Istituto professionale Eugenio Barsanti; come per lo scoglio della Pria Guea di fronte alla Rotonda sorelle Avegno che rappresentava allora il primo obiettivo da raggiungere per nuotatori timidi come potevo essere anch’io. Insomma per quei segni di una natura che in seguito avrei imparato a qualificare e definire mediterranea e ligusticamente riconducibile ad un ricco itinerario di produzione pittorica di cui ricordo le opere, ma anche le personalità di alcuni dei loro autori come Romolo Pergola e Giuseppe Pesa, ospiti della cittadina. Quei pini poi che sembravano nascere miracolosamente dal pavimento di una terrazza, come dal fantastico scacchiere prospettico di un quadro rinascimentale o da una sintesi paesaggistica metafisica come in qualche opera di Carrà, erano per me ancora più originali e inspiegabili. Personalmente ricordo l’ammirazione e l’orgoglio con cui, bambino, avevo passato qualche ora nel giardino di quello che era allora l’albergo-ristorante Pesce d’oro (nello stesso sito dell’odierno Casmona) giusto sotto quei pini perché ero stato invitato al matrimonio di un mio cugino che aveva scelto quel luogo prestigioso per il ricevimento di nozze. Quella terrazza sul mare così incredibile fra un’elegante villa adattata a struttura turistica e un edificio verticalmente condominiale, riconducibile ad altre abitazioni più popolari del borgo marinaro, era e appariva un miracolo agli occhi del bambino ma suscitava stupore anche nei primi turisti dell’Italia ancora umile che cominciava però a praticare la scelta delle vacanze. Da allora e per più di mezzo secolo, progressivamente, il valore di quegli alberi è stato comunque esposto a una sopravvivenza a rischio che, come cittadini, mi sembra giusto riconoscerlo, abbiamo complessivamente sottovalutato e che ora comunque subiamo, di fronte al pericolo della loro scomparsa. Me ne capacitai forse per la prima volta quando prese corpo la scena più laica e popolare collegata agli anni in cui Camogli aveva escogitato la Sagra del pesce: la preparazione dei falò che bruciavano poi sulla spiaggia di fronte alla chiesa e appunto nel quartiere “Pinetto”. Ricordo bene le fiamme e le scintille che entusiasmavano gli spettatori del sabato, alla vigilia della festa di San Fortunato e andavano a sfiorare le chiome dei pini nonostante le raccomandazioni e la sorveglianza dei vigili del fuoco e delle autorità preposte alla sicurezza. E tuttavia anche da consigliere comunale (di opposizione) per tanti anni, credo di aver sempre sottovalutato la questione forse anche per l’assenza di quella sensibilità ecologica che doveva crescere successivamente in città (come nel resto del Paese) e trovare in camogliesi come Silvia Olivari e Antonio Leverone degli autentici ammonitori, molto spesso inascoltati. Certo io non so parlare agli alberi e non ne ho mai saputo tradurre il linguaggio (come mi è capitato di leggere nell’ultimo manifesto di rammarico e sdegno uscito in questi giorni), ma ho cercato più sobriamente di riflettere sulla portata di episodi come questo della perdita dell’albero (tramite il suo taglio forzato) ritenendoli una sconfitta della comunità. L’intreccio fra competenze della proprietà privata e doveri delle pubbliche istituzioni si è trascinato in questo caso in modo penoso e la stessa trovata dell’ingabbiatura degli ultimi anni, che aveva comunque sfigurato l’immagine di quegli alberi, somigliava tremendamente ad una ennesima soluzione all’italiana. Passiva e burocraticamente formale quanto inefficace. Ovviamente non penso di poter rimproverare nessuno dall’alto di una presunta saggezza della memoria. Ma richiamo me stesso e i miei concittadini che sperano ancora in una durata del secolare percorso di Camogli, ad una nuova consapevolezza dell’eredità ricevuta da chi ha saputo costruire e anche trasformare (ma non avvilire) il prestigio urbano e la rarità estetica del rapporto fra mare e costa. Anche dopo il coraggio e la radicalità degli interventi demolitori decisi e attuati nel secondo decennio del secolo scorso che hanno dato un ruolo di protagonista proprio alla sagoma mirabile dell’albero di cui diventiamo orfani. ilsecoloxix.it link: tinyurl.com/afn7fkh

Fonte: http://radicaligenova.iobloggo.com/894/addio-al-pino-storico-di-camogli

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