Prepotente urgenza di rinnovamento in casa Radicale / Lettera aperta ai dirigenti e ai militanti radicali
Al Presidente del Comitato Nazionale
A Mario Staderini, Segretario di Radicali Italiani
A Michele De Lucia, Tesoriere di Radicali Italiani
A Silvio Viale, Presidente di Radicali Italiani
A tutte le compagne e i compagni radicali
Care compagne e cari compagni,
abbiamo deciso di non rinnovare l’iscrizione a Radicali Italiani. Abbiamo volutamente scelto di scrivere e spedire questa lettera in seguito allo scadere del termine per la presentazione delle liste elettorali, non avendo alcuna intenzione di influenzare la raccolta firme di tutti quei compagni radicali impegnati sul territorio per garantire la presenza della Lista Amnistia, Giustizia, Libertà.
Vorremmo fosse fin d’ora chiaro che la nostra decisione di non iscriverci a Radicali Italiani non è un atto di abbandono, non ci sono in noi né animo né intenzioni distruttive, bensì speriamo con questo nostro mancato rinnovo di portare l’attenzione su temi a nostro avviso centrali per la vita futura del partito e del patrimonio di idee che esso custodisce.
Ci siamo avvicinati a questo movimento per motivi diversi, attirati dalle sue battaglie di libertà, spesso condotte in solitaria e nel silenzio dei media, volte a rendere l’Italia uno stato di diritto, in grado innanzitutto di rispettare le stesse regole che si è data, prima ancora che rispettare gli impegni internazionali che ha sottoscritto. Abbiamo condiviso e continuiamo a condividere le campagne contro il sistema partitocratico, per una riforma elettorale uninominale che possa mettere al centro la persona, che costringa i candidati ad esporsi anche su quegli argomenti scomodi che in Italia solo i Radicali hanno avuto il coraggio di portare avanti. Continuiamo a sentire la necessità di una vera riforma della giustizia, perché se non c’è giustizia non c’è diritto e se non ci sono i diritti, non c’è e mai ci potrà essere la libertà. Abbiamo auspicato anche per il nostro paese una svolta in senso liberale, un mercato del lavoro in grado di far emergere i più meritevoli, un sistema di ammortizzatori sociali universale, un’università di eccellenza che attragga studenti da tutto il mondo, più diritti ai cittadini-consumatori e meno alle corporazioni, che siano queste di notai, farmacisti, avvocati o tassisti. Potremmo andare avanti a lungo, finiremmo a ritrovarci d’accordo su tutto, o quasi.
Ciò che non condividiamo però è la gestione di questo movimento, sempre più distante dai suoi iscritti, sempre più sorda alle proposte che ne vorrebbero un cambiamento. Una gestione macchinosa, artificiosa, per alcuni versi volutamente incapibile. Una galassia radicale che assomiglia sempre più ad un buco nero, divisa in numerose sigle, che ci rendono sempre più irriconoscibili ai cittadini, in particolar modo al momento del voto. Su questo credo si debba fare chiarezza, siamo o non siamo un partito? A nostro avviso inutile sarebbe negarlo, avremo certo le nostre peculiarità, il principio della doppia tessera su tutti, ma non possiamo certo negare che i Radicali siano un soggetto elettorale riconosciuto e rispettato a livello nazionale e non solo.
Dal 2009 abbiamo dovuto assistere all’uscita dei radicali dal parlamento europeo dopo una presenza trentennale, la sconfitta alle regionali e ora ci prepariamo a vedere anche l’esclusione dal parlamento nazionale. Di spiegazioni a questi insuccessi ne abbiamo sentite di ogni tipo, quasi sempre il riferimento è stato al regime partitocratico. Sciocco sarebbe negare che il sistema italiano rende tremendamente duro operare in un contesto di illegalità così diffusa come quella in cui viviamo, ma una cosa sorprende: non abbiamo mai sentito un singolo dirigente radicale assumersi la responsabilità di un insuccesso politico-elettorale.
A dire il vero, non sapremmo neanche bene da chi aspettarci una tale presa di responsabilità.
Diciamo ciò perché non ci è ben chiaro chi sia realmente il responsabile della linea politica di questa movimento inteso in senso lato. Una cosa però è certa, le nostre istanze, le nostre campagne, i risultato ottenuti in questi anni vittorie hanno dimostrato che c’è spazio, ma soprattutto bisogno dei radicali. Serve però un progetto, qualcosa di duraturo in grado di porsi ai cittadini come punto di riferimento per coloro che auspicano come noi lo smantellamento dell’illegalità italiana. Per fare ciò bisogna innanzitutto iniziare a fare chiarezza a “casa nostra”. Poniamo quindi fine una volta per tutte all’insensata divisione tra il movimento politico, Radicali Italiani, e il soggetto elettorale, la Lista Pannella. E’ intollerabile che quest’ultima rappresenti il soggetto elettorale di tutti i Radicali, una lista antidemocratica perché non se ne conoscono i soci e i rappresentanti, una lista che incassa il finanziamento pubblico, ma che non rende trasparente l’ammontare di tali somme e il come vengano poi effettivamente spese.
Occorre un movimento stabile e facilmente identificabile ai cittadini, un movimento che sia realmente in grado di “assicurare la libertà” (così scrive Radicali italiani nelle sue lettere volte a raccogliere l’autofinanziamento) di coloro che si iscrivono al movimento. Iscriversi oggi a Radicali Italiani nella speranza di vedere la propria libertà garantita alla quota di 200 euro è un non senso, per il semplice fatto che Radicali Italiani è un movimento politico che rinuncia per statuto ad andare ad elezioni, come dovrebbe fare il suddetto ad incidere in un qualunque modo all’interno della politica italiana?
Luigi Einaudi diceva di non temere le lotte e le discussioni, bensì l’ignava concordia e l’unanimità dei consensi. Da militanti ci ha spaventato il lungo silenzio della dirigenza radicale durante questo interminabile e imperscrutabile processo di formazione della Lista di scopo Amnistia, Giustizia, Libertà. Ricordiamo lo stupore con il quale il tema elettorale venne trattato durante il nostro ultimo congresso, si disse che non c’erano i mezzi, le risorse, le condizioni per anche solo ipotizzare di candidarci. Nel giro di poche settimane si è passati dalla scelta di non candidarci, a quella di candidarci con la Rosa nel Pugno, all’appello alle personalità per delle liste di scopo non radicali, fino ad arrivare a delle liste di scopo senza personalità ma con dei radicali graditi. Diciamo graditi senza la minima volontà di offendere tutti coloro che fanno parte delle liste che si presenteranno alle prossime elezioni, ma va riconosciuto che coloro che hanno avuto il coraggio di denunciare questo processo decisionale sono stati di fatto tagliati fuori da ogni consultazione in vista delle elezioni.
E’ successo a Verona dove è bastato che il segretario, Leonardo Johnson Scandola, annunciasse pubblicamente lasua personale volontà di non partecipare alla raccolta firme per escludere di fatto l’associazione veronese dall’appuntamento elettorale.
E’ successo ai compagni di Veneto Radicale che, attraverso il Segretario Bruno Martellone, hanno chiesto spiegazioni per l’estremo ritardo con il quale le liste sono state compilate, chiedendo la convocazione di un comitato straordinario che desse un briciolo di possibilità di partecipazione agli iscritti radicali.
Al loro posto le candidature un po’ improvvisate di coloro che, seppur non radicali, potevano però tornare utili nel processo di raccolta firme. Nessuna risposta è mai arrivata, né a loro né e a tutti gli altri che su internet, nei vari social network, nelle mailing list hanno preteso di capire, di sapere, che magari si sono pure permessi di criticare. Nessun tentativo di capire, di risolvere, di trovare una via condivisa. Si è scansato il problema, nella convinzione che i “radicali storici”, quelli che sono sempre d’accordo, avrebbero dimostrato che la macchina funziona ancora. Per un movimento che si definisce innanzitutto nonviolento, consideriamo questa gestione non solo dannosa perché escludendo il dialogo incentiva (a detta stessa dei suoi dirigenti) ad abbandonare il movimento, ma anche contraddittoria perché il silenzio, la censura, l’esclusione sono tipici strumenti di violenza e chi guida questo movimento da radicale dovrebbe saperlo bene.
Parlare di scissione o divisioni non ha oggi alcun senso, non è certo spezzettandoci che troveremo la quadratura del cerchio. All’interno di questo movimento convivono personalità che hanno contribuito ad innovare e cambiare la storia di questo paese e non solo, separarci da esse sarebbe un gesto di pura follia. Tuttavia, proprio perché riteniamo la nonviolenza il criterio di fondo per la ricerca della Verità, invitiamo questo movimento a rinascere, affidandosi innanzitutto alla partecipazione, al dialogo, alla condivisione delle scelte e dei progetti. Gandhi suggeriva di “essere il cambiamento che si vuol vedere nel mondo”, il nostro Segretario Demba Traoré, durante la sua visita al Comitato Nazionale ci chiese un esame di coscienza: ci chiese se secondo noi apparissimo ancora, agli occhi dei cittadini, come portatori di Verità. Oggi vorremmo invitare voi tutti a rifletterci.
Speriamo che avrete il coraggio di accettare questa sfida oggi e di non voler scelleratamente attendere il giorno in cui non ci sarà più quel qualcuno a mantenerci uniti. Quel giorno dovremo farci trovare pronti, progettare oggi per il domani rappresenterebbe un atto di responsabilità, verso chi c’è stato, verso chi c’è ancora ma soprattutto per chi non c’è mai stato.
Un caloroso abbraccio,
A presto
Leonardo Johnson Scandola – Segretario dimissionario di Radicali Verona
Stefano Gasparato – Tesoriere dimissionario di Radicali Verona

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