Il tour dell’orrore tra rifiuti in fiamme, tumori e impunità
di Antonio Crispino, da “Corriere.it”, 15-01-2013
Il terreno è un arcobaleno di colori: blu, rosso, verde, arancio. Da lontano sembra un tappeto di fiori, da vicino sono gli scarti di lavorazione delle industrie tessili di San Giuseppe Vesuviano, città del commercio alle falde del Vesuvio. Qui si vive di piccole fabbriche di confezioni. Da almeno 10 anni queste aziende subiscono la concorrenza dei cinesi. Bisogna lavorare al ribasso. Molti, troppi, sono abusivi. E abusivo è anche il ciclo di smaltimento dei rifiuti.
IL TOUR DELL’ORRORE - I sacchi con gli avanzi tessili sono sotterrati nella campagne vicine o accatastati in improvvisate discariche, come quella maxi all’uscita del campo sportivo. La notte c’è qualcuno che le brucia. La diossina che si sprigiona copre i campi di noccioleti, asparagi, verza, cavolfiori… per chilometri. Sotto alcune piantagioni troviamo addirittura amianto fatto a pezzi e centinaia di sacchetti di nilon. Contengono campioni di vestiti, bottoni, chiusure, zip. Anche questi smaltiti nei terreni del Sangiuseppese. Nel nostro tour dell’orrore ci accompagna Lina Morzillo del Wwf Campania. Scaliamo una piccola montagna e ci porta a vedere quello che sembra un lago. Ha un colore plumbeo ed emana un lezzo nauseante. Gli uccelli che si posano sopra muoiono. Ci dice che è un invaso di liquami fognari e di notte le industrie vengono a sversare coloranti, diserbanti e olii esausti. Sono acque a ridosso dei campi, ormai infiltrate nei terreni. Alcuni contadini le utilizzano per l’irrigazione. Poco più avanti ci sono altri bustoni, di colore nero. Oltre a pezzi di abbigliamento, contengono solventi, colle, vernici, lubrificanti, lacche. Non sarebbe difficile risalire a chi li ha buttati lì.
L’IMPUNITA’ DI CHI INQUINA - E’ talmente alto il senso di impunità che le aziende nemmeno si preoccupano di nasconderne la provenienza. In alcune cartelline, con tanto di intestazione, troviamo addirittura le bolle di pagamento con tanto di committenti, indirizzi e cifre. Ce ne sono moltissime che forniscono tessuti da Milano, Bologna, Venezia. Al ritorno del nostro giro troveremo tutto questo in fiamme. L’aria è irrespirabile, occorre coprire le vie respiratorie. Eppure, il ministero della salute, pur riconoscendo un’exploit di tumori in Campania, non è certo che la colpa sia dei rifiuti tossici.
IL BOOM DEI TUMORI E «GLI STILI DI VITA» - Anzi, secondo i dati forniti dal ministro Balduzzi, in visita recentemente ad Aversa, la causa del boom dei tumori in Campania sarebbe da connettere piuttosto all’obesità e allo stile di vita dei napoletani. «Stili di vita e fattori di rischio comportamentali connessi all’insorgenza della malattie croniche, quali sedentarietà, eccesso ponderale e fumo sono significativamente più frequenti nella popolazione campana che nel resto del Paese» si legge nella relazione.
«Non risulta un nesso causale accertato tra esposizioni ai siti di smaltimento rifiuti e specifiche patologie ma solo potenziali implicazioni sulla salute non possono essere escluse – sono le parole del ministro della Salute Balduzzi -. Occorre promuovere corretti stili di vita». Parole che hanno infiammato la popolazione residente nelle zone con il più alto tasso di tumore in Campania. Come quelle che abitano vicino al “Cantariello” dove una montagna di rifiuti tossici, poi coperta con uno strato di terreno, fuma ininterrottamente da quasi due anni a causa delle reazioni chimiche. D’estate sono costretti ad emigrare. Oppure quelli nei pressi delle discariche a Lusciano. Qui l’ultimo caso parla di una bambina di dieci mesi con un tumore al fegato e metastasi in tutto il corpo.
LO SCEMPIO DEL PARCO NAZIONALE DEL VESUVIO - Ma il simbolo di quanto sia stato messo in ginocchio un territorio è il Parco nazionale del Vesuvio. Di incontaminato non ci dovrebbe essere niente, è zona protetta. «Ma chi la protegge?» viene da chiederci quando scopriamo un mare di sacchetti bianchi affastellati sotto la pineta. Sono chilometri di buste contenenti i rifiuti che negli anni sono stati smaltiti nella pineta. C’è di tutto, dai rifiuti tessili alle carcasse di auto, agli elettrodomestici. «Negli anni ’80 su uno degli alberi fu trovata persino la carcassa di un’auto – racconta Lina Morzillo, del Wwf Campania -. La camorra dopo gli attentati veniva a gettare qui le auto date alle fiamme». Ma ad oggi non è cambiato molto. La gente viene a saccheggiare persino gli alberi. Armati di motosega tagliano gli alberi del parco e ne fanno legna per i camini. E’ un continuo via vai. Nessuno dice niente. Così come nessuno si meraviglia più nel vedere come un’intera area del parco abbia lasciato il posto a scheletri di frigoriferi di ogni tipo. Un tempo era la valle del Vesuvio, oggi è la valle dei frigoriferi.
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