Lettera – I Pd e i radicali
di Maurizio Turco pubblicato su Italia Oggi, il 17/01/13
Grazie ad Antonio Calitri apprendo le ragioni per le quali, da alcuni mesi, l’oligarchia del Pd non ci saluta nemmeno, noi radicali. Il motivo sarebbe legato al voto del 14 ottobre 2011 durante il quale i radicali «parteciparono al voto, seppur votando la sfiducia, ma il governo si salvò.» La verità la si può trovare nelle agenzie di quel giorno: «Alla fine della prima chiama eravamo a 315, quindi i radicali non sono stati determinanti ai fini del numero legale». Lo spiega il capogruppo del Pd, Dario Franceschini. Pensavo invece che volessero vendicarsi, per usare il verbo utilizzato nel titolo dell’articolo, perché non avevo obbedito all’ordine di votare contro la detenzione domiciliare dell’on. Angelini, imprenditore laziale della Sanità. Forse voi potete appurare perché, eppure le carte parlano chiaro. Oppure perché (nell’unica riunione di gruppo fatta su una richiesta di arresto, quella dell’On. Cosentino) non avevo accettato il ragionamento del presidente Franceschini, secondo il quale non si poteva nemmeno prendere in considerazione di non votare per l’arresto perché la stampa ci avrebbe massacro. Mentre incredulo, avendo ben letto le carte, abbandonavo l’aula, a voce alta, un ex ministro del Governo Prodi, commentava ironico che è cosi che si difendono i princìpi e non le convenienze. E mi pare che basti. Non le prendo altro spazio. Anche se mi viene in mente che potrebbero magari volersi vendicare del fatto che abbiamo disobbedito al loro ordine di votare a favore all’accordo con la Libia di Gheddafi. Libia che è stato il primo paese visitato da Bersani non appena ha vinto le primarie… per incontrare, i democratici locali. Naturalmente.
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