Elezioni: Radicali da soli, salta anche l’accordo con Monti. Pronti per la raccolta firme
di Fabrizio Ferrante, da www.epressonline.net, 13-01-2013
Le elezioni Politiche incombono e negli ultimi giorni i Radicali hanno incassato il “no” di Monti all’accordo con la lista di scopo “Amnistia, Giustizia e Libertà” e il definitivo disconoscimento di quei pochi settori del Pd, con cui era ancora pensabile instaurare un dialogo. Da Umberto Ambrosoli e Nicola Zingaretti è stato unanime il respingimento all’offerta politica radicale anche a livello di sostegno per i candidati Governatori di Lombardia e Lazio. Forse la vecchia e nuova partitocrazia, celandosi dietro lo spauracchio dell’amnistia da negare a ogni costo, teme il ripetersi di nuovi scandali, magari portati ancora una volta a galla dai Cappato e dai Berardo\Rossodivita di turno.
Come noto, Mario Monti ha risposto alla lettera che Marco Pannella gli aveva inviato alcuni giorni fa, con la speranza di convincere il Premier uscente circa la necessità di un’amnistia e di una serie di riforme della giustizia – depenalizzazioni, freno alla carcerazione preventiva e a quella di massa, riforma del processo penale e cavalli di battaglia come separazione delle carriere e responsabilità civile dei giudici – per portare l’Italia fuori dall’illegalità che ancora pochi giorni fa anche l’Europa riconosce come “patente” (clicca qui). Come in qualche misura prevedibile, la risposta di Monti è stata la classica prolusione in politichese – ha imparato presto il Prof – dove si dava un colpo al cerchio e l’altro alla botte, fino al rifiuto della soluzione amnistia, lasciando aperta – almeno a parole – la strada di depenalizzazioni e riforme. Secondo Monti, che pure ha riconosciuto “la gravità della disfunzione, talvolta ai limiti della paralisi, che affligge questo settore vitale dello Stato”, parlando della situazione della Giustizia la sua ricetta non prevede l’amnistia: ” Sono però convinto che ridurre alla questione dell’amnistia la soluzione di un problema così complesso non sarebbe un’impostazione realistica e costruttiva, tenuto anche conto che un’amnistia, non aggredendo le cause più strutturali della grave piaga delle carceri, non eviterebbe il ripresentarsi del problema in tempi successivi ed in modo forse peggiorato”.
Ci si dovrebbe fidare, dunque, di un Parlamento che promette – accade un po’ dappertutto eccetto Lega e pochi altri – di intervenire con depenalizzazioni e misure atte a ridurre il sovraffollamento, per di più in campagna elettorale. Un’impresa che non è riuscita neppure con la delegazione radicale in Parlamento, appare ancora più improba se appaltata a Camere che non avranno alcun interesse a raccogliere le battaglie extraparlamentari dei Radicali, per una Giustizia giusta. Se ne accorgerà presto, probabilmente, anche Ilaria Cucchi che ha deciso di mettersi in gioco in una coalizione guidata dall’antiproibizionista – sempre a parole – Antonio Ingroia, sperando forse che tale aspetto del carattere dell’ex magistrato sia sufficiente a garantire rappresentanza a chi, come lei, ha subito una grave perdita per mano di uno Stato che ha molte cose da dover spiegare. Il riferimento è ciò che accade all’interno dei luoghi deputati alla Giustizia. Come un mantra, ma senza capire che l’amnistia è il tappo che fa sgorgare i fluidi riformatori, tutte le forze politiche sembrano propense a indorare la pillola di chi chiede giustizia, da un lato negando l’amnistia e dall’altro promettendo leggi più permissive o misure alternative, senza tuttavia mai scendere nel merito delle questioni. Staremo a vedere, ben sapendo che se qualcosa cambierà sarà solo grazie a nuove iniziative radicali, come il referendum abrogativo della Fini-Giovanardi, che potrebbe presto vedere la luce una volta formatesi le Camere.
Anche Umberto Ambrosoli, candidato Pd alla guida della Lombardia, ha dichiarato che non è possibile apparentarsi con chi porta la scritta “amnistia” nel proprio simbolo. Una sorta di lettera scarlatta dei nostri tempi, del resto la parola inizia per “a”. Ancora più sprezzante Nicola Zingaretti, candidato del centrosinistra nel Lazio. Secondo lui, nonostante gli indiscussi meriti – che evidentemente Zingaretti ignora -. di Giuseppe Rossodivita e di Rocco Berardo nello smascherare dall’interno il sistema Polverini, i Radicali non meritano di entrare in consiglio Regionale. Discorso chiuso, hai visto mai che questi radicali ne smascherino altri come accaduto anche in Lombardia, quando Marco Cappato denunciava la truffa elettorale che portò la allora sconosciuta – tranne che per i Radicali – Nicole Minetti in consiglio regionale? Meglio non rischiare. E allora, i testardi radicali rilanciano e proveranno ugualmente a far valere, se non altro, il proprio diritto di tribuna correndo da soli dopo aver depositato ieri e reso quindi ufficiale il simbolo, mentre è imminente la chiusura della lista. Il modo è quello solito, da lunedì partirà a tappeto la raccolta firme che riguarderà anche Napoli e la Provincia, dove l’associazione radicale Per la grande Napoli sta completando un’imponente – dati soprattutto i non ingentissimi mezzi a disposizione – macchina organizzativa. Ce la faremo? Di certo c’è solo che saremo per strada, il resto dipenderà anche e soprattutto dai cittadini, compresi i lettori di questo spazio. Comunque la pensiate, dateci una mano e sottoscrivete la nostra lista e non fatelo per noi, ma per quella democrazia di cui in tanti si riempiono – spesso a sproposito – la bocca.
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