Lettera – L’Europa e la battaglia di Pannella
di Furio Colombo pubblicato su Il Fatto Quotidiano, il 10/01/13
Caro Furio Colombo, dopo la clamorosa condanna dell’Italia per l’indegnità del suo sistema carcerario, “politici e alte cariche dello Stato si sono affrettati a commentare la sentenza come se finora a occuparsi del tema carceri fossero stati altri”, come ha scritto sul “Fatto” la vostra Silvia D’Onghia. Possibile che ci si possa impossessare anche delle condanne pur di restare in scena, spingendo fuori a spallate l’unica persona che si è dedicata all’orrore delle carceri? Come ha capito, alludo al militante ignoto Pannella.
Vito
Confermo. Appena ho visto la sentenza, ho cominciato a sorvegliare tutti i “grandi” (grandi perché potenti) percorsi di comunicazione, grandi giornali, grandi tv, radio di Stato e fonti private. Un po’ meglio le fonti private. Ma nell’insieme la persona che pochi giorni fa stava per morire nel suo sciopero della fame e della sete per accendere una luce sul problema pazzesco delle prigioni, e il solo che con una ostinazione ossessiva torna a constatare, ripetere, raccontare, chiedere attenzione per il problema prigioni, se c’è, è l’ultimo della fila, e gli toccano due o tre righe, due o tre secondi in tv. È vero che il nostro Paese ha buoni precedenti in proposito. Ha liquidato Ferruccio Parri, il leader della Resistenza, subito dopo la festosa Liberazione, accantonandolo come un oggetto smarrito non reclamato. Ovviamente la sentenza di Strasburgo è una conferma immensamente autorevole della condizione inumana delle carceri italiane. Ma nessuno può dire, in questo Paese, neppure Giovanardi che con Fini è responsabile del 25 per cento della frequentazione carceraria, (piccoli consumatori e spacciatori di droga), neppure Maroni che ha caricato le prigioni di immigrati colpevoli di reati inventati dalla Lega (clandestinità) possono far finta che Marco Pannella non li abbia avvertiti, scatenando da solo una furibonda campagna nonviolenta in difesa dei carcerati. Tutti ne hanno preso atto a volte con gentilezza, come si fa con una brava persona troppo insistente, e poi dimenticando subito, non tanto (non solo) il Parlamento, come si dice sempre, quanto governi dell’uno e dell’altro tipo, e partiti, purtroppo tutti. La condanna riguarda perciò in modo diretto e personale chi poteva fare e ha lasciato perdere, con benevola noia. E dice di Pannella che c’è almeno una buona ragione per quella folle idea di nominarlo senatore a vita.
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