Intervista a Giovanni Fiandaca "Rieducazione… No Punizione!"
Domenico Letizia, dell’Associazione Radicale “Legalità e Trasparenza” di Caserta e Fabio Massimo Nicosia dell’ Associazione “Diritto e Mercato” intervistano Giovanni Fiandaca, giurista italiano, ordinario di diritto penale presso l'Università di Palermo. E' stato docente di Diritto penale e di Criminolgia presso l'Università Kore di Enna. Con Enzo Musco ha scritto una collana di manuali di diritto penale. Pubblica articoli sull'edizione palermitana del quotidiano La Repubblica. Fra il 1994 e il 1998 è stato membro del Consiglio Superiore della Magistratura. Dal 1999 al 2001, nominato dal guardasigilli Oliviero Diliberto, ha presieduto una commissione ministeriale per la redazione di un testo unico in tema di contrasto alla criminalità organizzata.
1) Cosa ne pensa della situazione delle carceri italiani e come osserva i vari approcci alla problematica che esprime il mondo politico?
La situazione delle carceri ha raggiunto livelli di estrema gravità e drammaticità. Purtroppo, la stragrande maggioranza delle forze politiche mostra scarsa sensibilità rispetto a un problema annoso che richiederebbe interventi adeguati e non più dilazionabili. Un recente riscontro della scarsa sensibilità politica è rinvenibile nella sopravvenuta decisione di tagliare le risorse per incentivare il lavoro dei detenuti, ancorché inizialmente previste nella Legge di stabilità.
2) Lei che ha studiato a lungo la questione della funzione della pena, che giudizio dà dell'iniziativa di Pannella sull'amnistia
La questione degli scopi della pena è troppo complessa per poter essere affrontata in poche battute. Posso solo dire che in proposito soffre di una certa stanchezza anche il dibattito teorico-accademico. E ho motivo di ritenere che non poca confusione e non poco disorientamento diffusi nel mondo della politica rendano la discussione sul tema particolarmente difficile anche nelle sedi politico-istituzionali. Un parlamentare di centro-destra, che ho avuto occasione di incontrare nell’ambito della presentazione di un libro, ha avuto l’onestà di ammettere che il Parlamento oggi non sarebbe in grado di affrontare un problema così arduo, anche a causa dell’eccessiva divergenza e frammentazione dei punti di vista. Senza contare le pulsioni repressive diffuse in una verosimile maggioranza della popolazione, artificialmente indotte dalle ventate di populismo anche penale presenti peraltro non solo nel nostro Paese. Nonostante queste difficoltà di partenza, ritengo che, come studiosi e come intellettuali, dovremmo a maggior ragione impegnarci molto di più per riaprire un dibattito pubblico non solo sul tema del carcere, ma della punizione più in generale. Occorrerebbe in teoria una sorta di nuovo illuminismo penalistico per riattivare un approccio razionale e critico all’interno di una discussione pubblica che continua purtroppo a riproporre stancamente e meccanicamente concezioni almeno in parte obsolete e atteggiamenti collettivi alimentati più da pulsioni emotive che da considerazioni razionali. In questo quadro, il discorso sul carcere andrebbe affrontato non isolatamente, ma nel contesto più generale di una revisione del sistema sanzionatorio complessivo e del catalogo dei reati. Da questo punto di vista, allora, l’amnistia potrebbe rappresentare non certo una modalità risolutiva di intervento, ma soltanto un provvedimento destinato ad affrontare l’emergenza contingente. Non sarei contrario in linea di principio, considerata la drammaticità della situazione carceraria, ma il vero e arduo problema rimane quello di far oggi maturare l’ampio consenso politico necessario ai fini di una approvazione parlamentare di un provvedimento di questo genere.
3) Non pensa che l'iniziativa di Pannella metta in discussione la previsione di molti reati senza vittime che affollano le carceri, legati al proibizionismo sulle droghe e sull'immigrazione come reato in sé?
Sì, penso, anche in base a quanto detto prima, che l’iniziativa di Pannella metta implicitamente in discussione la legittimazione di non poche fattispecie di reato presenti nel nostro ordinamento e le ragioni della loro sopravvivenza.
4) Non pensa che la battaglia di Pannella possa essere un'occasione per ridiscutere l'istituzione carceraria in quanto tale?
Lo penso. E ritengo che questa iniziativa di Pannella va supportata e sviluppata.
5) Quali reati secondo lei possono essere depenalizzati? Quali reati potrebbero essere puniti con misure alternative al carcere?
Come studioso di diritto penale sensibile alle nuove prospettive della giustizia riparativa, e comunque alle chances di utilizzo di strumenti extrapunitivi di intervento, le dico che la possibilità di fare a meno della pena tradizionale è in linea teorica prospettabile per un numero di reati ben più ampio di quanto abitualmente non si ritenga. Bisognerebbe, in realtà, avere il coraggio di sperimentare, senza soggiacere alla vischiosità e all’inerzia dei vecchi schemi punitivi. Ma il mondo della politica è disposto a dare ascolto al pensiero penalistico più evoluto? Occorrerebbe un mutamento di orizzonte culturale, che, partendo dalla società, finisca col coinvolgere anche i politici.
6) Secondo lei perché nell'affrontare la questione giustizia, in pochi si soffermano ad analizzare la spesa che il sistema genera alle casse dello stato e quindi alle tasche degli italiani?
Perché, come dicevo prima, il tema della punizione viene perlopiù affrontato in maniera poco razionale e predominano i pregiudizi consolidati e gli atteggiamenti emotivi e la paura di affrontare vie nuove.
7) Pannella dice spesso che la prescrizione è un'amnistia di classe, perché chi può permettersi buoni avvocati può tirare in lungo i processi. Lei che ne pensa?
C’è non poco di vero in questa valutazione di Pannella. La disciplina della prescrizione andrebbe peraltro completamente riscritta, specie dopo i guasti provocati dall’opportunistico riformismo berlusconiano.
8) Nei confronti della lista “Amnistia Giustizia e Libertà”, sarebbe interessato ad un concreto appoggio, pensando, anche, ad una eventuale candidatura “di scopo” con tali liste?
Manifesto con convinzione la mia disponibilità a collaborare e non escludo l’eventualità di accettare una proposta di candidatura.
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