I danni economici del proibizionismo
da http://www.overgrow-italy.nl, 15-11-2012
La legalizzazione della marijuana per uso ricreativo negli Stati di Washington e Colorado ha riaperto il dibattito sui danni causati dal proibizionismo. La dott.ssa Flavia Cappellini, nella sua tesi Overdose da Proibizionismo: un’analisi economica del mercato delle sostanze stupefacenti, analizza le conseguenze del probizionismo dal punto di vista strettamente economico.
All’interno della questione della liberalizzazione delle droghe leggere, l’aspetto economico non è certamente da sottovalutare. Si stima infatti che, nel caso dello Stato di Washington, la tassazione della marijuana da parte del governo potrebbe portare a un guadagno di circa 500 milioni di dollari.
Come spiega la dott.ssa Cappellini, il proibizionismo “necessita di elevate spese pubbliche atte a combattere un mercato organizzato da associazioni criminali e diretto ad una minoranza della popolazione. Diviene dʼobbligo domandarsi quali siano le priorità dell’enorme percentuale di persone totalmente estranee al mondo delle droghe e, di conseguenza, quale sia per loro il rapporto costo/opportunità in merito a tale politica. Infine, è fondamentale analizzarne lʼefficienza basandosi sui risultati ottenuti perseguendo gli obiettivi che gli stati si prefiggono di raggiungere: riduzione del consumo, abbattimento della criminalità, sicurezza e salute dei cittadini.” “Bisogna tenere conto che il bilancio di spesa del proibizionismo pesa in maniera particolare non solo sulle risorse monetarie impiegate nella sua applicazione, ma soprattutto in termine di vite umane. Eliminando lʼillegalità dal mercato delle droghe verrebbe meno una buona parte della richiesta di armamenti illegali ad uso personale.
Questo commercio, infatti, viene discretamente alimentato dagli appartenenti ai clan criminali i quali hanno necessità di proteggersi dai proprio rivali per il controllo della propria zona e, quindi, dei propri clienti: essendo questo commercio completamente clandestino, i malviventi non possono ricorrere alla polizia per il risanamento del le loro controversie, ma devono necessariamente tutelarsi autonomamente, ricorrendo molte volte alla violenza. In queste occasioni alcuni componenti vengono feriti o addirittura uccisi dai proprio avversari. Ogni individuo che subisca un trauma fisico causante una parziale abilità motoria o addirittura la sua morte si traduce in un danno per la società tutta perché, oltre alle spese mediche eventualmente affrontate e pagate dai contribuenti, la sua produttività avrebbe potuto essere impiegata per fini condivisi dalla comunità. Seguendo la stessa logica, anche le persone incarcerate per reati di droga costituiscono unʼenorme perdita sociale, alla quale si aggiungono, inoltre, le spese giudiziarie a carico del perseguitato, della sua famiglia e dello stato. I detenuti condannati per reati di droga rappresentano tra il 10% ed il 30% della popolazione carceraria in ogni paese europeo (EMCDDA; 2009), mentre una quantità sconosciuta è arrestata per reati contro il patrimonio, commessi per sostenere la propria tossicodipendenza o per altri crimini indirettamente collegati alla droga.”
“Il costo della gestione proibizionista del fenomeno delle droghe non si esaurisce in quello giudiziario o nella perdita di produttività dei soggetti colpiti dalle conseguenze di questa politica ma, fattore numericamente più importante, anche nelle mancate opportunità di guadagno del bandire un commercio potenzialmente ricco di introiti. Regolamentare questo genere di mercato significa creare nuovi posti di lavoro legali, sottraendoli alle narcomafie ed abbassando il tasso di disoccupazione, creare le condizioni per un extra-gettito: promuovere il benessere legato ad ogni tipologia di esercizio commerciale regolare.”
L’analisi della realtà italiana “dimostra come in questi ultimi anni si sia investito maggiormente sulla repressione che non sulla prevenzione e la cura delle fasce più a rischio nella popolazione. Le risorse spese in progetti di educazione risultano irrisorie se paragonate a quelle stimate per lʼapplicazione del Testo Unico, i quali risultati hanno portato ad un aumento delle sanzioni amministrative indirizzate ai piccoli consumatori e ad una percettibile diminuzione della persecuzione penale rivolta ai grandi produttori: il decremento delle denunce ex art. 74 e delle quantità di droga sequestrate ad ogni operazione sono, in tal senso, esplicative. […] Perfino lʼabbassamento dei consumi registrato nel 2009 sembra andare in una direzione contraria rispetto a quella auspicabile: il Dipartimento Politiche Antidroga ha dichiarato, difatti, che tale diminuzione ha interessato maggiormente i fruitori occasionali. Un impiego così massiccio di risorse, pari ad oltre 12 miliardi € nel 2008, per andare a colpire principalmente la fascia del consumo occasionale dovrebbe essere, dal punto di vista di un contribuente italiano, inaccettabile, se non altro per lʼevidente inefficacia dimostrata dallʼimpiego delle risorse spese.”
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