Droghe leggere: il silenzio francese e quello italiano
Di Roberto Spagnoli, da “Notizie Radicali”, 12-12-2012
Un piccolo gruppo di liceali francesi ha scelto la cannabis come argomento di ricerca e di discussione per il loro corso educazione civica. Assicurano di non farne personalmente uso, ma tutti i giorni vivono insieme a giovani consumatori di marijuana e conoscono tutti i luoghi dov’è possibile trovarla. Con quattro solide argomentazioni dimostrano che il loro ministro, Vincent Peillon, aveva ragione quando, qualche mese fa, dichiarava che “la cannabis è un grosso problema”. L’unica soluzione, per loro, è la legalizzazione. Non la depenalizzazione, perché “non risolve il problema del traffico, ma, al contrario, lo farebbe aumentare, perché il consumo sarebbe tollerato”.
La legalizzazione, invece, avrebbe molti benefici. Primo: lo Stato ne ricaverebbe un introito economico, come con le sigarette, e in tempi di crisi non è un aspetto trascurabile. Secondo: si saprebbe ciò che si fuma, la “droga di stato” avrebbe una qualità migliore e sarebbe un po’ meno pericolosa per la salute rispetto a quella attualmente consumata. Terzo: cesserebbe il traffico illegale e tutta la violenza che comporta, rendendo le periferie delle città più sicure. Quarto: la maggior parte dei giovani fuma cannabis e dunque, in ogni caso, con la repressione il traffico illegale non si fermerà.
Gli studenti hanno studiato a fondo la questione e hanno anche indicato alcune condizioni per la legalizzazione: si potrebbe per esempio, limitare la quantità che potrebbe essere acquistata, inoltre si potrebbe vietarne la vendita e il consumo in strada, cioè si dovrebbe acquistare la cannabis in negozi autorizzati e la si dovrebbe consumare in case private. Resterebbero però due problemi da risolvere. Il primo è il divieto della vendita ai minorenni, che secondo gli studenti sarebbe impraticabile: “Si fuma dall’età del liceo e infatti il divieto di vendita di sigarette ai minori non funziona”. L’altro problema è quello del passaggio a sostanze più forti: in effetti, dicono i liceali francesi, la legalizzazione potrebbe non evitare questo fenomeno, però fanno notare che così com’è possibile un consumo di alcol consapevole, andrebbe specificato che la cannabis deve essere consumata con moderazione.
L’appassionato dibattito in classe continua… ma silenzio!, terminava l’articolo. Di sicuro, però, il silenzio francese è un po’ diverso da quello italiano. A Parigi, infatti, un ministro ha sollevato la questione, anche se è poi stato rapidamente rimesso in riga, e una sua collega di governo ha annunciato che molti comuni sono pronti a partire con la sperimentazione delle sale di autoconsumo. In Italia, invece, il silenzio della politica è quasi totale. La gente discute delle questioni che la riguardano, che toccano la vita quotidiana delle persone, si tratti di scelte di fine vita o di tempi per il divorzio, di libertà di cura o di droghe leggere, mentre la politica, se lo fa, è solo per proporre leggi restrittive e proibizioniste.
Così, c’è chi è costretto a lottare duramente, magari anche a fare disobbedienza civile andando incontro a conseguenze penali, anche solo per ottenere il rispetto di un diritto, come quello di ottenere un accesso più facile e più economico a farmaci che sono legali anche da noi. Che lo facciano dei politici è cosa che fa solo onore al loro lavoro, che siano costretti a farlo dei malati e cosa che, invece, dovrebbe far vergognare un Paese che insiste a definirsi civile.
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