Cambierà partito un elettore su tre
di Elisabetta Gualmini, da”La stampa”, 24/10/12
È insufficiente guardare al duello tra Renzi e Bersani solo tramite le lenti della personalizzazione, dello scontro tra due leader. Una lotta senza esclusione di colpi tra due mondi contrapposti. Il segretario in carica e lo sfidante. Il leader maturo e rassicurante contro il competitore giovane e aggressivo. Il detentore del sigillo della sinistra tradizionale, garante di una comunità costituita molto prima del 2007, anno di fondazione del Pd, contro il riformatore che vuole infrangere i tabù più intoccabili di quella storia, muovendosi a piede libero tra gli elettori delusi e politicamente borderline. L’uno che vuole essere soprattutto credibile, proiettandosi tutto intero nella realtà quotidiana, tra la pompa di benzina e l’officina (“Il Bersani vero è questo qui” dice il segretario). L’altro, scattante ed elettrico, proteso in avanti a immaginare il futuro. Che si cimenta ad accendere le fiammelle della speranza e del coraggio, prendendo un po’ da Obama un po’ da Blair, con l’ossessione di «guardare tutti dritto negli occhi» come a non volersi far scappare nessuno. Tutto questo c’è. E ragionare per opposti aiuta, semplifica i messaggi, offre scorciatoie cognitive per chi deve prendere posizione.
Ma la posta in gioco legata alle primarie del Pd è molto più grossa della sfida tra due candidati, tra una classe dirigente che c’è già, da troppo tempo, e una che non c’è ancora, tra la visione liberal e quella socialdemocratica della sinistra. Sullo sfondo c’è molto di più, qualcosa che non riguarda solo una singola forza politica. Sono infatti in atto nel nostro paese processi profondi di «disallineamento» tra i partiti e il loro elettorato che segnano la fine di un ciclo. Per dare un’idea della mobilità e delle fluttuazioni dei votanti, i politologi usano una semplice misura (la volatilità elettorale) data dalla somma delle differenze, in valore assoluto, tra le percentuali registrate da ciascun partito in una data elezione rispetto alla precedente. Questo indicatore ha sempre oscillato durante la Prima Repubblica intorno al 7% (eccetto che nel 1946 e nel 1948, dove – non a caso – era presente anche il Fronte dell’Uomo Qualunque). E’ poi schizzato al 36,7% nel 1994, l’anno del passaggio alla Seconda Repubblica, quando i partiti della Prima erano letteralmente scomparsi dalla scena mentre ne erano apparsi di nuovi. Per poi tornare ad assestarsi nel periodo successivo intorno all’8%. Se lo si misurasse oggi, assumendo che le intenzioni di voto riportate dagli ultimi sondaggi siano veritiere, assumerebbe un valore altissimo, pari al 33,2%. Si noti: nonostante che, ad eccezione del Movimento 5 Stelle, l’offerta sia rimasta inalterata. In altre parole, esiste oggi almeno una quota non inferiore (e verosimilmente superiore) al 33,2% di elettori mobili e disponibili.
L’intenzione di voto per Grillo è il segnale più evidente, e preoccupante, di «dealignement», di presa di distanza dal «sistema dei partiti». Per sapere se nel prossimo futuro l’Italia tornerà, politicamente, un paese normale, con un sistema partitico stabile, capace di produrre maggioranze di governo coese, basate sulla competizione tra una sinistra e una destra civili, dovremo vedere se e come al disallineamento, segnalato oggi dai sondaggi, farà seguito un «riallineamento» tra partiti ed elettori. La principale posta in gioco della competizione interna al Pd è qui. Da essa dipende la possibilità che quelle del 2013 siano «elezioni critiche», che ridefiniscono il crinale destra-sinistra e danno avvio a nuovi allineamenti.
Come è noto, mentre Bersani si rivolge all’elettorato fedele, il suo sfidante può recuperare una parte dei disillusi più incalliti, pronti a votare per Grillo, ed intercettare il voto di un elettorato moderato, attirato in precedenza dalla Lega o da Berlusconi, che può dire: «questa volta voto per Renzi». Ma se fosse lui il candidato del 2013, Renzi potrebbe modificare stabilmente l’immagine del centrosinistra ponendo forse le premesse per nuove appartenenze. Da qui l’enorme potere di decisione che viene dato ai cittadini che parteciperanno alle primarie. I quali, al di fuori di ogni recinto, perimetro o steccato, potranno scegliere non solo tra due leader che si contendono realmente (già questo è molto) la guida del centrosinistra, ma anche tra due diversi possibili assetti del sistema politico nel prossimo decennio.
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