Test antidroga: prevenzione o repressione?

di Roberto Spagnoli, da “Notizie Radicali”, 16-10-2012

In Italia, nel 2011, quasi 90.000 lavoratori sono stati sottoposti al test di primo livello per individuare anche il semplice uso “sporadico e saltuario” di sostanze psicoattive e per stabilire dunque, la possibile inidoneità a svolgere determinate mansioni, considerate particolarmente delicate. Stiamo parlando di piloti di aereo, tecnici di impianti nucleari, controllori di volo ma anche di autisti o addetti a determinate lavorazioni. I dati del Dipartimento per le Politiche Antidroga indicano che i lavoratori trovati positivi ai test sono stati lo 0,31%, che per la maggior parte riguardano assunzione di derivati della cannabis. In cifre assolute si tratta di 269 casi, che scendono a 197 nel test di secondo livello.

La diagnosi di dipendenza ha riguardato 32 persone, mentre per 265 si parla di uso occasionale. Questo a fronte di quasi 90 mila persone sottoposte al test di primo livello.Si è parlato spesso del costo di questi test a carico delle aziende e dei lavoratori che vanno mediamente dai 6 ai 70 euro per ogni singolo caso, ma anche dei problemi che possono insorgere a causa di farmaci, disponibili regolarmente, che possono provocare molti più problemi delle sostanze proibite. Si è invece parlato molto meno della realtà dell’applicazione di queste norme. 

Secondo la legge, il lavoratore che viene trovato positivo al test dovrebbe essere spostato ad un’altra mansione e segnalato al servizio sanitario pubblico per risolvere il problema. Ma è proprio così nella realtà? In effetti è lecito nutrire qualche dubbio, almeno a guardare la vicenda di un impiegato di una società in provincia di Milano che produce cavi e fa parte di un’importante gruppo internazionale del settore. Il lavoratore in questione è stato sospeso dal servizio il 5 aprile, ed è stato poi licenziato il 16 maggio. Sul caso, fatto emergere dal sindacato Usb, deciderà il Tribunale di Milano lunedì prossimo. Qualche giorno fa, Daniele Farina sul Manifesto faceva notare che non si tratta di un caso isolato, soprattutto in questi tempi di crisi, ma di una prassi che normalmente si conclude con le dimissioni “volontarie” del lavoratore. E dato che, nella maggior parte dei casi, dai test risulta un consumo occasionale di derivati della cannabis, è del tutto lecito pensare che la normativa in questione non sia usata in funzione preventiva, ma al contrario in maniera punitiva.

Sia ben chiaro: non stiamo discutendo della guida di un aereo, o di un treno in stato di ubriachezza. Nessuna persona minimanente sensata sosterrebbe che chi svolge mansioni delicate o potenzialmente pericolose non possa farlo se non è in possesso dei necessari requisiti fisici e psichici. La questione è un’altra: la questione è domandarsi quanto sia corretto considerare l’uso saltuario o occasionale di una sostanza come motivo per escludere un lavoratore da incarichi particolari o addirittura per fargli perdere il lavoro. In altre parole: non stiamo parlando di normali e ragionevoli norme di precauzione e di tutela della collettività, ma di un’applicazione di quelle norme che punisce lo stile di vita di una persona, a prescindere dalle sue effettive capacità di svolgere mansioni particolarmente delicate. L’impressione è che tutto ciò con la salvaguardia della salute dei lavoratori e della collettività c’entri ben poco, per non dire nulla.

Anche questo siamo di fronte ad uno dei frutti avvelenati dell’ideologia moralistica e punitiva con cui la politica italiana ha affrontato in questi ultimi anni tutte le questioni sociali e della quale la legge Fini-Giovanardi e l’azione del Dipartimento Antidroga sono dei perfetti esempi (purtroppo non isolati). Un’ideologia che il centro-destra – Pdl e Lega – ha trasformato in norme di legge, ma rispetto alla quale il centro-sinistra non ha saputo o voluto opporre una alternativa efficace. Ovvero una politica capace di tutelare la salute, ma anche i diritti dei cittadini, e di governare i fenomeni sociali, come quello dell’uso e abuso delle sostanze psicoattive, lecite o illecite che siano, attraverso norme ragionevoli ed efficaci. Su questo il Partito democratico non ha niente da dire? E la sinistra “ecologica e libera” di Niki Vendola? C’è qualche intento concreto nella Carta che hanno sottoscritto due giorni fa? E l’Italia dei valori di quali valori intende occuparsi, finalmente? E il Grillo parlante?

Condividi

Fonte: http://www.perlagrandenapoli.org/?p=8156&utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=test-antidroga-prevenzione-o-repressione

Sostieni i Radicali Italiani con almeno 1 € - Inserisci l'importo » €