Quando gli uomini di Chiesa, per le loro posizioni “radicali”, vengono silenziati
di Valentina Ascione, da “Gli Altri”, 12-10-2012
È davvero sorprendente osservare come in alcune circostanze la nostra politica baciapile, invece di rivolgere il consueto inchino alle gerarchie cattoliche, si volti dall’altra parte. E drizzi la schiena, improvvisamente sorda alle parole di porporati dalle cui labbra è solita pendere.
Attenti, quando non proni, a ogni richiamo all’ordine sull’indissolubilità del matrimonio o sulla difesa della famiglia tradizionale: entrambi da intendere, e rigorosamente, tra un uomo e una donna. Scattanti di fronte ai ripetuti moniti sulla sacralità della vita, che va tutelata dal concepimento fino al suo naturale traguardo, e agli avvertimenti che dai pulpiti domenicali mettono in guardia i fedeli dalle derive eugenetiche delle scienza e da quelle eutanasiche dai laicisti cultori della morte. E perfino pronti, molto spesso, a tradurre i desideri clericali in ordini, peccati in reati, omelie in testi di legge. Ministri, parlamentari e leader di partito sembrano però abbandonare i propri scrupoli e quelle attenzioni da devoti, quando le istanze sollevate da vescovi e alti prelati non toccano i temi eticamente sensibili, o i privilegi fiscali ed economici del Vaticano. Bensì questioni sociali e di legalità, che stonano in un dibattito politico governato dalla demagogia e rischiano di interferire con la ricerca del consenso.
È uno strano riflesso quello della politica italiana e di una certa informazione che, quando si parla di carceri e in special modo di amnistia, usano due Chiese e due misure.
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