LINTERVISTATTORE
L'INTERVISTA
Renzi, comedy dell'ambiguo
Enrico Ghezzi sulla retorica del rottamatore.
di Paola Alagia
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Dalle primarie per la città di Firenze a quelle per la leadership del centrosinistra. Dalla Leopolda al tour in camper in giro per le piazze italiane. La corsa di Matteo Renzi, sotto la bandiera della rottamazione, non si è più arrestata. E ora punta dritto a Palazzo Chigi.
IL TARLO DELLA POLITICA. Dileggiato con sufficienza come il «nulla che avanza», oggi però l'enfant terrible del Pd desta preoccupazione sia a destra sia a sinistra.
Ma cosa c’è realmente dietro i video di Barack Obama e gli spezzoni di Maurizio Crozza che accompagnano il suo tour elettorale? Qual è, al netto di un repertorio condito di battute, ironia e sarcasmo, la cifra del renzismo?
STILE «SCARNO E DISOSSATO». A sentire Enrico Ghezzi, critico e 'ri-autore' di cinema e altro, quella di Renzi è una retorica «diversa, scarna, o forse disossata». Che non ha «nulla a che vedere», ha detto a Lettera43.it l’autore televisivo, «col Blobbone culturale veltroniano di miti, emblemi, nomi centrifugati e sloganati».
IL TARLO DELLA POLITICA. Dileggiato con sufficienza come il «nulla che avanza», oggi però l'enfant terrible del Pd desta preoccupazione sia a destra sia a sinistra.
Ma cosa c’è realmente dietro i video di Barack Obama e gli spezzoni di Maurizio Crozza che accompagnano il suo tour elettorale? Qual è, al netto di un repertorio condito di battute, ironia e sarcasmo, la cifra del renzismo?
STILE «SCARNO E DISOSSATO». A sentire Enrico Ghezzi, critico e 'ri-autore' di cinema e altro, quella di Renzi è una retorica «diversa, scarna, o forse disossata». Che non ha «nulla a che vedere», ha detto a Lettera43.it l’autore televisivo, «col Blobbone culturale veltroniano di miti, emblemi, nomi centrifugati e sloganati».

DOMANDA. Che retorica è allora?
RISPOSTA. Preciso che per me la retorica è ciò che manca nella politica italiana. L'ultimo geniale retore politico fu Enrico Berlinguer. Da decenni mancano le parole. In questo Renzi è onesto. Non indossa esempi sublimi, non ne ricordo sentenze, aforismi, parole d'ordine entusiasmanti.
D. Ha optato quindi per un basso profilo...
R. La sua è una retorica della piccolezza delle cose da fare, anzi fattibili, del rimboccarsi boyscoutisticamente le maniche, del quasi nulla, di un voler(ci) essere. Meno culturalmente separato e di Casta.
D. All’atto pratico, però, poi Renzi non rinuncia al video di Obama, mentre sorvola sulla crisi della Fiat.
R. Veramente l'intera Casta politica da più di mezzo secolo sorvola sul potere reale della Fiat di (de)formare il Paese con una sorta di «governo ombra». Renzi ha un gusto della praticità e della concretezza spinta fino all'astrazione.
D. Talmente ambiguo che molti dubitano che sia di sinistra.
R. Quello che non mi spiace di Renzi è proprio il fatto che non finga di essere di sinistra. Da sindaco di Firenze potrebbe magari interrogarsi su un'Italia dei Comuni o di grandi e piccoli ducati.
D. Renzi quindi non incarna l’homo novus.
R. Non siamo di fronte al rappresentante di un modo alternativo di stare a sinistra. Anche se Renzi è meno lontano da questo rispetto a tutti gli altri politici dell'area da cui proviene.
D. A parte Vendola...
R. Che deve però generosamente confrontarsi con le varie tradizioni delle sinistre alternative.
D. Se il sindaco di Firenze non è l'alternativa è da rottamare a sua volta?
R. Più che il nuovo, Renzi incarna l’incertezza. Si sta cimentando, con una buona dose di responsabilità irresponsabile, in una sfida difficile che certo potrebbe portarlo in una discarica. O a rendersi conto di esser lì, rottame come tutti noi.
D. Quindi non è ottimista circa la sua corsa...
R. Non è detto. Chissà, potremmo avvertire una certa qual terribile gloria nel destino del «rottame», nei suoi usi possibili ulteriori.
D. Sarebbe questo il suo elemento di forza?
R. Almeno dimostra di avere coraggio. Misto, però, a una certa irrisolutezza. Non a caso non affronta mai le questioni in modo acceso, alla Grillo. C’è un altro elemento da considerare, tuttavia.
D. Quale?
R. Rispetto ai tentativi avvilenti di Veltroni e D'Alema di smarcarsi da un passato comunista, Renzi ha talmente poca storia alle spalle che fa bene a giocare su una certa ambiguità.
D. Ma questo non potrebbe essere un'arma a doppio taglio?
R. Credo che Renzi giochi bene su ciò che non sa e non vuole sapere. O non vuole far sapere...
D. Qual è l'immaginario culturale di riferimento del sindaco di Firenze?
R. Sarà colpa mia, non lo conosco abbastanza, ma non è ancora una rete affiorata. Non ne avverto il disegno o la traccia.
D. E lei crede che sia un pregio?
R. Non so se lo sia. Tuttavia, ritengo sia meglio un repertorio scarno che l’inganno ideologico mediante il brillio di vecchi miti culturali mai davvero messi alla prova.
D. Renzi, però, evoca la parola «sogno» e guarda con entusiasmo gli States.
R. Sì, ma per me è più come un boyscout lodevolmente lontano dal coacervo di miti tipici dei tentativi di rinnovamento della sinistra cui abbiamo assistito fino a ora. È vero, anche lui mostra una certa attenzione agli Usa, come già Veltroni, ma è un piccolo kennedismo, piccolo piccolo.
D. Cosa vuole dire?
R. È semplice: Renzi non è ancora abbastanza indeciso per essere un kennediano.
D. Vede somiglianze tra l’immaginario veltroniano e quello renziano?
R. No. E questo è positivo.
D. Per quale motivo?
R. Perché, a differenza dell’ex segretario del Pd, il sindaco di Firenze non cerca di abbagliare e, soprattutto, non è abbagliato. Ideologicamente abbagliato, intendo.
D. La battuta pronta, l’ironia e il presenzialismo tivù. Forse Renzi ricorda più il Berlusconi del 94?
R. Non direi. In Renzi non c’è nulla di quell'orridosublime impasto di trucco e verità personali che furono la cifra della discesa in campo del Cav. Anzi, il sindaco rottamatore cerca di tenersi coperto il più possibile.
D. Secondo lei è una tattica?
R. Potrebbe essere. Renzi si espone poco sia dal punto di vista ideologico sia culturale. Ed è proprio questo suo non essere del tutto convinto che lo rende più credibile. Forse un giorno scopriremo che dietro questa strategia c’è il vuoto. Per ora possiamo solo dire che il sindaco di Firenze ha l'incertezza accesa della giovinezza.
D. E se alla fine scoprissimo il vuoto?
R. Sarebbe un vuoto che in fin dei conti non mi pare nocivo né per noi né per lui stesso. Ciò che è davvero preoccupante, infatti, è il falso pieno.
D. Il messaggio del giovane democratico, allora, e un po’ in stile Notte prima degli esami? Del resto Fausto Brizzi collabora alla sua campagna elettorale...
R. Non so. Sono invece ahimè abbastanza sicuro di una cosa...
D. Quale?
R. È difficile, oggi, non risultare personaggi del «muc-cinismo» cinematografico che è la cifra terribile dell'Italia del 2000.
D. Insomma, Renzi è figlio del suo tempo?
R. Sì, di un’epoca in cui alla crisi si risponde con le risatine, le «tragedine» e i bacetti; e alle tragedie con crisi e crisine. Da questo punto di vista, lo sfidante di Bersani non mi sembra affatto un alieno.
D. Il background culturale del sindaco toscano a cosa rimanda allora?
R. Ad Armageddon. Alla paura della catastrofe.
D. Quale regista potrebbe trarre ispirazione da Renzi?
R. Più che a un regista in particolare, penso a un genere.
D. Cioè?
R. Una comedy leggera e feroce alla Lubitsch. Il boyscoutismo, nel cinema, è spesso preso in giro. Ma vedo anche un terribile Hollywood Party globale pieno di bolle di sapone mortali, le bombe atomiche retroattive del capitalismo.
D. Il chiodo fisso della rottamazione la convince?
R. Come slogan è infelice, soprattutto se riferito alle persone. Forse non è più nuovo. Meglio rottamarlo.
D. In che senso?
R. L’originale è il gattopardismo. Solo che la catastrofe è già avvenuta, e la farsa ossessivamente ripetuta si è già mutata in tragedia irriconoscibile.
Martedì, 02 Ottobre 2012
Fonte: http://liberamenteprato.blogspot.com/2012/10/lintervistattore.html
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