Un’etica oltre la “natura”?

Da “Il Foglio”, di Angiolo Bandinelli

Secondo agenzie di stampa, la Commissione nazionale valutazione film della Conferenza episcopale italiana (Cei) ha “promosso, con prudenza”, il film presentato a Venezia da Marco Bellocchio – “La bella addormentata” – ispirato al dramma di Eluana Englaro. Nel giudicare, la Commissione sembra aver tenuto conto anche della vicenda in sé: il film “è complesso, problematico” e “può essere utilizzato in programmazione ordinaria, tenendo ben presenti le ampie sfaccettature dei temi trattati, che chiamano in causa sensibilità civili e spirituali, sfere pubbliche e private, istanze politiche difficili e dolorose”. E’ anche “opportuno per dibattiti”, che chiedono a tutti “uno sforzo in termini di dialogo e di reciproco rispetto per superare contrasti ruvidi, aspri, scostanti che spesso non portano a niente”, in quanto “il pro e il contro rispetto all’applicazione dell’eutanasia svariano dalla politica alla militanza religiosa, da una opposizione radicale agli eccessi di un’accettazione sorda e fuori misura”. Non è direttamente la Cei ad esprimersi ma il giudizio proviene da un suo organismo interno. Non privo, dunque, di ufficialità, si tiene però le mille miglia lontano dal clima infuocato che circondò la morte della infelice ragazza, quando un senatore del PdL – forse ossessionato dal suo passato di militante e dirigente radicale – urlò, in piena aula, un “assassini” indirizzato al padre di Eluana e a quanti lo sostennero nel difficile momento. Il nome della Englaro è stato sempre appaiato, dalla polemica clericale, a quello di Welby: due modelli da condannare, senza se e senza ma.

La moderazione della Commissione non può non dare la sensazione che il mondo cattolico sta complessivamente assumendo un atteggiamento “prudente” – appunto – rispetto alla gestione dei temi “etici”. La stessa Commissione nulla ha detto (a meno che non mi sia sfuggito) a proposito di un altro film veneziano sicuramente più scandaloso, se non addirittura blasfemo, di quello di Bellocchio, “Paradise: faith”, dell’austriaco Ulrich Seidl. Che i tempi stiano cambiando? Che gli irrigidimenti dell’epoca del referendum sulla legge 40 appaiano oggi controindicati negli stessi ambienti che lo promossero e che oggi, anche tralasciando la recente sentenza di Strasburgo che l’ha giudicata “incoerente”, devono constatare che la loro legge è stata resa un colabrodo inapplicabile dalle sentenze della magistratura?

E’ vero che la morte del cardinale Martini ha suscitato qualche sussulto, persino un po’ scomposto: era giusto respingere le posizioni estremiste che hanno visto nella decisione del cardinale – di non voler più sottoporsi a forme di accanimento terapeutico – una adesione alle tesi eutanasiche, ma non si può nemmeno ignorare che gli interventi rifiutati dal cardinale consistevano essenzialmente nell’impiego di quel sondino gastrico che ha tenuto in vita Eluana al di là di ogni ragionevole esigenza e speranza. Nonostante le caute messe a punto del Cardinale Scola, per certi ambienti l’impiego del sondino rappresenta una forma di “accudimento” (vedi l’”Avvenire del 7 settembre) necessario e valido. Va comunque difeso strenuamente per scongiurare quel che si teme (a mio avviso, spropositatamente): la cosiddetta “deriva eutanasica”.

Anche la vicenda dei bambini le cui famiglie insistono per avere una terapia a base di staminali non sufficientemente collaudata, e quindi rischiosa, è indicativa di un clima che sta mutando. Dal testamento biologico alle unioni gay, tutti i fronti relativi ai temi “etici” sono in qualche modo tornati ad essere mobili, con segnali di una irrequietezza che sale dal corpo stesso del paese e non più solo da gruppi, ambienti, associazioni magari di stampo radicale. Se la società è sempre più alla ricerca di riformulazioni del concetto di individuo, di persona, questo non è effetto di una degenerazione o decadenza etica, ma di una sorta di ineluttabile modificazione antropologica: c’è chi in questi giorni, anche in chiave giornalistica, ha sostenuto che la nostra è epoca di “transizione”, richiamandosi ad un celebre concetto storiografico formulato da Huizinga a proposito del passaggio del gotico al rinascimento. Fuori d’Italia, autorevoli figure di governo si impegnano per il riconoscimento di diritti fino a ieri non solo rifiutati ma addirittura negati come inesistenti.

Ma si può, come sostiene la chiesa, continuare a sostenere che l’omosessualità è una deviazione etica dalla quale ci si deve redimere? Si può capire che, sostenendo il contrario, e cioè che l’omosessualità è una specifica condizione umana, si dovrebbe poi concludere che anche il gay è un prodotto della volontà divina, della provvidenza. Ma, nella storia, la chiesa ha dovuto riformulare una quantità di concetti ritenuti immodificabili, anzi “assoluti”, “non negoziabili”. Bisogna che tutti ci rendiamo conto che probabilmente occorre riformulare in primo luogo il concetto di “natura”, perno su cui si fonda l’irremovibilità dei concetti sull’antropologia difesi dalla Chiesa. Sì, il mondo si sta facendo sempre più artificiale, ma è davvero così inaccettabile pensare di edificare una etica che parta dalla sua accettazione?

 

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Fonte: http://www.perlagrandenapoli.org/?p=8068&utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=un%25e2%2580%2599etica-oltre-la-%25e2%2580%259cnatura%25e2%2580%259d

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