Dopo il successo della battitura della speranza, nuovo impulso nella lotta per l’amnistia
di Fabrizio Ferrante, da www.epressonline.net, 08-09-2012
Lo scorso 30 agosto le carceri italiane sono state un unico grande teatro ideale di rivolta non violenta, contro un regime che cancella i diritti umani e quelli costituzionalmente garantiti una volta varcato il portone d’ingresso di un istituto di pena. Sono 89 i penitenziari in cui i detenuti hanno aderito all’invito di Marco Pannella, di organizzare una mezz’ora di battitura delle sbarre per chiedere l’amnistia, una detenzione che rispetti le norme vigenti e ascolti i continui richiami che giungono dall’Europa.
In 89 penitenziari italiani si è dunque svolta la “battitura della speranza”, con code anche di diversi giorni che hanno coinvolto anche realtà della zona Flegrea, come il carcere femminile di Pozzuoli (clicca qui). In contemporanea, dunque, per 30 minuti da 89 istituti di pena si è levato un unico coro di sbarre percosse con qualunque oggetto in grado di essere efficace allo scopo. “Suoneremo così le nostre campane” aveva dichiarato Marco Pannella alla vigilia dell’appuntamento, aggiungendo che “dalle catacombe della civiltà che sono le carceri italiane i fedeli alla religiosità della libertà umana faranno suonare le loro campane di dolore ma soprattutto di speranza”. Catania, Cosenza, Roma Rebibbia e Regina Coeli, Napoli Poggioreale e Secondigliano, Lecce, Cagliari Buoncammino, Trento, Milano San Vittore, Genova Marassi, Venezia, Bologna e, come detto,Pozzuoli, sono solo alcune delle località in cui i detenuti hanno aderito.
Una volta di più si conferma la simbiosi fra la comunità penitenziaria – che intanto registra un nuovo suicidio avvenuto a Rebibbia, quello del 71enne Luigi Del Signore – e l’anziano leader radicale in una lotta che vede impegnati i Radicali non su mere questioni umanitarie ma nel tentativo di ripristinare la legalità. Il massiccio numero di adesioni non meraviglia più di tanto, dato che spesso le visite ispettive dei parlamentari radicali finiscono per riservare vere e proprie ovazioni per Marco Pannella, sempre destinatario di cori o saluti a dir poco affettuosi da parte dei detenuti. Detenuti che, nel frattempo, sono tornati a ridosso di quota 67 mila, a fronte di una capienza legale complessiva che non supera le 45 mila unità. Del resto, già allo stato attuale in molte carceri ci si arrangia in vari modi, come ad esempio a Secondigliano dove “soggiornano” due detenuti in ogni cella, all’interno di una struttura concepita unicamente per celle da una persona sola. Oppure, per restare alla realtà napoletana, come a Poggioreale dove l’antica quanto funzionale falegnameria non viene più utilizzata per dare lavoro ai detenuti – mancano i fondi – e in molte aree un tempo adibite alla socialità si è provveduto a installare ulteriori celle.
Tutto ciò non impedisce di assistere a spettacoli degradanti per la dignità umana, come dodici detenuti stipati in celle in grado di contenerne cinque o sei, quando va bene. Ad aggravare ulteriormente la situazione, il dato statistico sull’impatto della carcerazione preventiva nel numero di reclusi. La metà dei detenuti “non definitivi” – che a loro volta rappresentano circa la metà della popolazione complessiva – infatti, è destinata a ricevere l’assoluzione in giudizio con annessi risarcimenti per il periodo di detenzione indebitamente scontato. Disfunzioni che vanno a impattare sulle casse dello Stato assieme alle continue sanzioni che l’Europa ci infligge da anni per violazioni dei diritti umani nelle carceri. Proprio dalla Corte di Strasburgo potrebbe essere emessa a breve una sentenza pilota contro il nostro paese, nel tentativo di indurre il Governo a emettere misure risolutive della questione. Secondo i Radicali, solo l’amnistia e una riforma della Giustizia che preveda depenalizzazioni dei reati minori e limitazioni nell’uso della carcerazione preventiva – come proposto anche da Alfonso Papa, Pdl – può rappresentare la soluzione strutturale a un problema affrontato sempre con i cosiddetti “pannicelli caldi”.
Dopo l’indulto “monco” del 2006 per la mancanza di un’amnistia in grado di sgomberare i tavoli dei magistrati – con l’effetto di quasi 200.000 prescrizioni all’anno e di dieci milioni di processi pendenti, inclusi quelli civili – e lo “svuota-carceri” che non ha svuotato nulla se non se stesso, è ora di dare risposte coraggiose e definitive. Nonostante le evidenze, dal Governo si continua a parlare di costruire nuove carceri, senza che si parli di nuove assunzioni in seno alla Polizia Penitenziaria, cronicamente in carenza d’organico. Forse all’interno dell’esecutivo si ignora – o si vuole ignorare – che molti padiglioni nuovi e funzionali già esistono in diverse realtà ma mancando i fondi per i trasferimenti dei detenuti o per assumere agenti, essi restano inutilizzati. Alla luce dei numeri e di una battitura della speranza che pochi giorni fa ha visto la partecipazione dei detenuti anche da penitenziari storicamente “controllati” dalla criminalità organizzata, non resta che prendere atto dell’ineluttabilità di un’amnistia in grado di sanare diritti umani e costituzionali, violati ormai da troppi anni nell’indifferenza delle istituzioni nazionali.
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