La proposta di referendum è valida?
Da più di qualche settimana si moltiplicano sui social network gli inviti ad andare a firmare nei comuni il referendum riguardante il taglio degli stipendi ai parlamentari. La proposta consiste nell’abrogazione dell’art. 2 della legge 1261 del 1965, ovvero l’articolo che riguarda la corrisponsione della diaria ai membri del Parlamento.
Dopo un iniziale disinteresse e sulla spinta di un numero sempre maggiore di firme raccolte, anche i quotidiani tradizionali si stanno interessando della questione, però in maniera alquanto superficiale.
Già da giorni, infatti, circolano, principalmente in rete, dubbi riguardo la validità giuridica della proposta referendaria.
Proviamo a fare chiarezza! A mio parere, due sono le questioni da affrontare: la prima riguarda le tempistiche, la seconda riguarda il contenuto.
Come previsto dall’art.75 della Costituzione, esiste una legge attuativa che stabilisce le tempistiche per la promozione dei referendum. La legge in questione è la 352 del 1970, che all’articolo 31 prevede che non possa “essere depositata richiesta di referendum nell’anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l’elezione di una delle Camere medesime“. In parole semplici, scadendo l’attuale legislatura ad aprile 2013, le firme non possono essere depositate. Se poi leggiamo anche l’art 28, vediamo che le firme possono essere depositate validamente solo entro 3 mesi dalla richiesta dei promotori del referendum, quindi non saranno riutilizzabili!
Come si diceva, dubbi riguardano anche il contenuto della proposta. Ovviamente non riguardo il merito della stessa (la riduzione dei costi della politica dev’essere una delle priorità nell’agenda di governo!), ma riguardo alla sua forma.
In Italia, sempre ex art. 75 della Costituzione, si possono proporre su iniziativa popolare unicamente referendum abrogativi e questa necessità è rispettata. Dubbi, però, a mio parere, riguardano la possibilità di abrogare interamente una norma che prevede la diaria (e non il suo quantitativo monetario!) dei parlamentari. Vero è che l’art 69 della Costituzione tutela le indennità (previste dall’art 1 della stessa legge) e non le diarie, però la normativa di risulta risulterebbe decisamente confusa, e la Corte Costituzionale ci ha abituato ad essere molto esigente su questo fronte (basti, come esempio, il referendum sull’abrogazione dell’attuale legge elettorale, bocciato dalla Consulta).
Le possibilità che, se raccolte le 500.000 firme richieste, il referendum venga indetto sono quindi, a parer mio, ridotte all’osso. L‘unica speranza per i promotori è che la Corte Costituzionale dichiari incostituzionale la legge del 1970, cosa, francamente, improbabile.
Quello che stupisce, aldilà dei tecnicismi giuridici, è la superficialità con cui tutta la questione viene affrontata sia dai giornali (ma questo, in tema di referendum, non è una novità) che dallo stesso comitato promotore (Unione Popolare, costola dell’UDC), che, proponendo una raccolta firme inutile, sta guadagnando un sacco di visibilità.
Insomma: “nuova” politica, ma metodi da prima repubblica!
Giuliano Stasio, Direzione Radicali Verona

Fonte: http://radicaliverona.org/2012/07/19/la-proposta-di-referendum-e-valida/
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