Appunti di uno sciopero della fame e della sete per l'amnistia

da Notizie Radicali

Componente del Comitato nazionale di Radicali italiani.

20-06-2012
Queste note sono una sorta di piccolo diario che ho tenuto quando, un anno fa oggi, Marco Pannella cominciò un altro sciopero totale della fame e della sete con l'amnistia per obiettivo. Accettò il ricovero fin dall’inizio dell’iniziativa nonviolenta presso la clinica della “Nostra Signora della Mercede”, per essere tenuto sotto controllo costante come suggerito dal dottor Claudio Santini. In clinica ci passò quattro giorni, senza cibo e senz'acqua. Questo è il racconto del primo, il 20 giugno 2011. Si tratta dello sciopero che attirò l'attenzione dei vari leaders politici italiani e che culminò con la proposta del Presidente del Senato, Renato Schifani, di organizzare il convegno "Giustizia! In nome della legge e del popolo sovrano", che si sarebbe tenuto il mese successivo e in cui il Presidente Giorgio Napolitano parlò della ormai nota, e tuttora inevasa, “prepotente urgenza”.
20 giugno 2011, lunedì
Due mesi di sciopero della fame iniziato il 20 aprile (2011) non sono serviti per convincere i “potenti” ad occuparsi del problema delle carceri sovraffollate e del malfunzionamento della giustizia in Italia. E così ci risiamo: oggi Marco inizia u nuovo sciopero della sete.
Sono le 18. Ci sentiamo per telefono, io sono in sede al Partito a Roma, lui è tornato da poco da Ancona dove ha visitato l’ennesimo carcere, quello di Montacuto, con Sergio (D’Elia) e Rita (Bernardini). Sono loro che lo accompagnano alla clinica della Nostra Signora della Mercede in Via Tagliamento 25. Marco ha concordato con il suo medico Claudio Santini di farsi ricoverare per tutta la durata dello sciopero della sete. Lo raggiungo poco dopo le 19, gli porto le email e i lanci di agenzia stampati dalla segreteria. E’ un discreto pacchetto di fogli. Arrivato in ospedale mi annuncio alla suora alla reception. Sorridente, mi dice che la stanza è la numero 415, al quarto piano.

Componente del Comitato nazionale di Radicali italiani.

La stanza è ampia, essenziale, con un davanzale spazioso che dà sul cortile e parcheggio all’entrata dell’ospedale, ed è la stessa dove fu ricoverato negli ultimi giorni di dicembre del 2006, quando per un pelo non andò in dialisi a seguito dello sciopero della sete intrapreso allora nel tentativo di sventare la messa a morte di Saddam Hussein. Lui è seduto sul letto mentre aggeggia col cellulare. Sta mandando un sms a qualcuno. La televisione è accesa. Sgomento per la quantità di roba da leggere, prende i fogli e si dà alla lettura. Mentre legge dò una perlustrata alla camera. Poco dopo, anche se visibilmente stanco, decide di uscire un po’ e di accompagnarmi ad un ristorante nella zona. Non essendo in sciopero della fame ed essendo le 20 passate, mi è venuta fame e per lui è un’occasione per uscire a fare due passi all’aria. Le infermiere non la pensano proprio allo stesso modo, ma Marco è lieto di uscire (anche se non a lungo) perché dice che è importante fare cose “normali”, soprattutto per evitare possibili drammatizzazioni.
Gli chiedo se veramente se la sente di sortire, se non sia il caso invece di risparmiare le energie, ma non ne vuol sapere. Così, appena fuori dalla clinica attraversiamo la strada e ci prendiamo a destra dove la strada è leggermente in discesa e dunque meno faticosa. Chiediamo indicazioni ad una coppia che passa in quel momento di un posto dove mangiare. Riconoscono Marco, lo fissano piuttosto sbalorditi per la sua magrezza, ci danno l’indicazione che cercavamo e ci salutiamo. Dopo 200 metri arriviamo al ristorante il Tavolinetto e ci sediamo fuori.
Ordino una bistecca e mentre mangio si fermano due ragazzi sui 16-17 anni che sono al ristorante ad una cena di classe per festeggiare la fine della scuola. Sono curiosi, hanno voglia di conversare, si congratulano con Marco e quando sentono parlare di sciopero della fame e della sete chiedono spiegazioni sul funzionamento e sul perché di un’azione così dura. Uno dei due è piuttosto spigliato e spiritoso, addirittura tira fuori la puntata di “Porta a Porta” di circa due anni fa ormai in cui Marco chiuse chiedendo a monsignor Rino Fisichella se non si vergognasse di aver detto che lui non aveva bisogno di fare scioperi della fame per andare in tv: “Quando je dicesti così io e mi’ zio siamo zompati per aria per esurtà!”, dice. Marco rivolge loro un po’ di domande, e a un certo punto esce fuori l’argomento Silvio Berlusconi, e lo spigliato dice: “quello lo dovevano arrestare a 16 anni!” e poco dopo, sempre lui: “c’ha i tetti d’oro!”
E’ passata un’ora abbondante quando ci alziamo per tornare in ospedale. Si va in taxi perché ora la strada è leggermente in salita. Arriviamo nel parcheggio di fronte alla clinica e chiedo al tassista di attendere un momento, perché per stasera io ritorno a casa. Marco è tranquillo, non crede sia necessaria la mia presenza in stanza per la notte. Salgo velocemente per prendere le mie cose e assistere a Marco che si pesa: 81 kg esatti.
21 giugno 2011, martedì
Arrivo in clinica poco prima delle 16, quando dovrebbe arrivare anche Claudio Santini per visitare il paziente. Gli porto i messaggi e i lanci di agenzia accumulatisi durante la giornata. Marco dice che sta pensando di partecipare a “Radio Carcere” in diretta dallo studio, stasera alle 21. Dice che per ora è solo un’idea. “Non puoi partecipare telefonicamente?”, chiedo, “No, perché l’audio è migliore se vado in studio e poi c’è la web tv, e le immagini si possono usare anche altrove”. Non dico altro.
Ogni tanto si affacciano gli infermieri e le infermiere, sempre molto cortesi, per controllare la pressione e sentire se c’è bisogno di qualcosa. Ce n’è uno, indiano, che tutto allegro mi chiama “Daniele” perché gli ricordo Capezzone, specie quando indosso gli occhiali. Gli rispondo che più tardi lo porterò a prendere un caffè, senz’occhiali. Arrivano le 19, l’idea di recarsi in radio si è consolidata, ma Claudio ancora non si vede. Allora gli mando un sms dal mio cellulare per chiedergli a nome di Marco il “permesso” per uscire. Marco è un po’ teso. La giornata è quasi finita, e non si è mossa foglia. A volte sembra che l’unico modo per aiutarlo sia intercettare i suoi pensieri e le sue richieste ancor prima che le abbia espresse. In effetti, dopo due mesi di sciopero della fame e due di sete avvolti nel silenzio quasi totale non è facile starsene tranquilli e sereni in attesa che succeda qualcosa, qualcosa di non preciso, ma di politicamente rilevante.
Alle 19,30 arriva Claudio che subito lo visita. Per oggi Marco ha fatto 130 cc di pipì, la pressione 125/75 da sdraiato. A parte la minzione scarsa i valori anche delle analisi fatte il giorno prima sono ancora buoni. E’ incredibile come il suo corpo si sia abituato anche allo sciopero della sete. Marco conferma di voler andare in radio. Incassa il parere contrario di Claudio e va. Non prima però di firmare la cartella clinica in cui dichiara di uscire nonostante i medici lo sconsiglino.

Sono le 22,35 e siamo ancora in radio, al programma condotto da Riccardo Arena che è iniziato alle 21. Marco sta parlando e non ha ancora terminato. Credo che abbiano sforato un po’ coi tempi.. Io seguo la trasmissione un po’ dalla regia e un po’ da uno studio accanto a quello centrale, dove ho chattato per quasi mezz’ora con Roberto Giachetti. Anche Roberto sta ascoltando. Abbiamo anche parlato do un’altra iniziativa che si svolge in concomitanza con “Radio Carcere”. Irene Testa infatti (in sciopero della fame con Rita Bernardini dal 6 giugno) ha avuto l’idea di proiettare sulle pareti esterne della Rai un appello video di Marco Pannella in cui parla delle ragioni di questo provvedimento di amnistia. Visto che la TV non va da Marco, Marco va alla TV.
Intorno le 21,40 era arrivata la notizia in studio che il bus doppio che trasporta proiettore, parlamentari e militanti radicali è arrivato davanti alla sede Rai di Via Teulada dove era in corso “Ballarò” e ha iniziato a trasmettere il filmato di otto minuti di Marco. Pare sia stato un successo: i dipendenti della Rai presenti sono usciti per vedere, i passanti si fermavano, fotografavano e ascoltavano. Io ho ricevuto sms entusiasti da Irene, da Mario Staderini e da Paola Cossu (quest’ultima sempre generosa nello spargere punti esclamativi!!!). Chiedono d’intervenire in radio durante la trasmissione, ma Marco è troppo preso dalla spiegazione della lotta. Preferisce parlare ai detenuti che sa essere in ascolto e quindi il collegamento non si fa. Tutte le agenzie comunque parlano dell’azione davanti alla Rai, il tam-tam passa su facebook dove da subito cominciano a circolare foto e video.
Sono le 22,55 quando usciamo dalla radio, ma non per far ritorno in ospedale. Ci fermiamo al ristorante “Il Tavolinetto” in via Rosmini 3. Come la sera precedente, io devo rifocillarmi e su questo Marco non transige. Mi immagino che data la stanchezza ora sia veramente esausto e voglia godersi un meritato “riposo” anche se seduto ad un ristorante. Invece, al tavolo accanto al nostro ci sono tre libici che vivono in Italia e con cui, date le rivolte nel mondo arabo, non mancano gli argomenti di discussione. E’ da poco passata la mezzanotte quando facciamo ritorno alla clinica della Mercede, grazie al passaggio che ci ha offerto uno dei tre libici. Arriviamo in clinica e subito viene un’infermiera polacca a prendere pressione e peso: 120/70 sdraiato e 80,1 kg. Prima di dormire gli porgo i medicinali della sera, quattro pillole che inghiottisce una ad una senza accompagnarle nemmeno con un goccio d’acqua. La giornata è stata intensa. Lui è soddisfatto dell’iniziativa e di aver potuto parlare ai detenuti tramite la radio in un momento così delicato. Ma non c’è altro: i politici ancora tacciono.
Da stanotte mi fermo a dormire in ospedale, apro il divano-letto per gli ospiti, situato davanti a quello del paziente e dopo qualche pagina del “Caffè di Sindona” che mi ha prestato Maurizio Turco mi addormento.

Segue...




Fonte: http://www.detenutoignoto.com/2012/06/appunti-di-uno-sciopero-della-fame-e.html

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