Aversa, il manicomio dei nonni

di Enzo Ciaccio, da www.lettera43.it, 13-05-2012

È rinchiuso nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa perché colpevole di non aver rispettato alcuni obblighi di legge mentre era in libertà vigilata per un’accusa di presunte molestie. E poco importa se il temibile detenuto ha 84 anni, non si regge in piedi, balbetta e accusarlo di «pericolosità sociale» appare a molti un paradosso, oltre che una sfida al buon senso.

IL LAGER PIÙ ANTICO D’ITALIA. È in una cella con altri tre, se ne sta sempre in disparte, solitario e sognante come un bambino messo in castigo: nessuno lo vuole né lo cerca, è un sepolto vivo nel lager più antico d’Italia (il Filippo Saporito di Aversa ingoia stracci di esistenza dal 1876), mescolato a centinaia di altri derelitti, nel silenzio stravolto della comunità e dei familiari che vivono sull’isola di Procida e non appaiono in grado di sollevare obiezioni.
Triglie, alici e gamberi, giù dal letto quando è ancora buio, con i denti battono per il freddo: Michele Schiano di Zenise, classe 1928, ha fatto il pescatore per tutta la vita.
IN MANICOMIO A 84 ANNI. Un mestiere che impone sacrifici, pelle da tartaruga, ritmi biologici da sballo. E spesso manda fuori di testa. Il caso di Michele Schiano, trattenuto in manicomio a 84 anni, è stato rilevato dai dirigenti di Psichiatria democratica, la società fondata da Franco Basaglia, che hanno iniziato un tour di ispezioni ai sei ospedali psichiatrici giudiziari italiani che dal marzo 2013 saranno smantellati per legge dopo decenni di angherie e battaglie civili.
Il segretario nazionale di Psichiatria democratica (Pd), Emilio Lupo, assieme ai dirigenti Salvatore Di Fede, Antonio Morlicchio e Giuseppe Ortano, hanno rilevato «carenze igienico sanitarie nelle disadorne stanze dei degenti» nonché l’assenza «di progetti personalizzati per ciascun utente che preparino il trasferimento in strutture convenzionate» e che «il tremendo regime da ergastolo bianco, cioè di degenti costretti a subire continue proroghe di detenzionesine die, sebbene sia stata completata l’espiazione della pena inflitta, riguarda perfino cittadini ultra70enni», sulla cui pericolosità sociale «c’è da esprimere seri dubbi».

Lupo: «I detenuti ultra-70enni di Aversa sono un obbrobrio giuridico»

Il caso di Michele Schiano di Zenise non è unico nei manicomi criminali italiani: «Ad Aversa», racconta a Lettera43.it Anna Gioia, insegnante, che da anni opera al fianco dei degenti, «sono attualmente detenuti ospiti molto anziani che non vengono dimessi solo perché all’esterno non c’è nessuno disposto ad accoglierli. È un’ingiustizia, irrisolvibile finché non verrà rivista la legge sulla pericolosità sociale: chiunque commetta un reato ha diritto al processo e non a essere sepolto vivo con la scusa dell’incapacità a intendere».
Il segretario Pd Emilio Lupo, psichiatra, spiega a Lettera43.it: «Ci battiamo perché, una volta chiusi gli ospedali psichiatrici giudiziari, gli ospiti non più socialmente pericolosi vengano accolti dai Dipartimenti di salute mentale in piccole comunità di accoglienza. Stiamo all’erta, perché già si segnalano trasferimenti in blocco di pazienti verso strutture detentive private».
IN ATTESA DI MARINO. Il 26 maggio 2012, ad Aversa, è prevista la visita del senatore del Pd Ignazio Marino, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale: «Speriamo che sappia prendere atto che fra le tante brutture c’è anche quella dei cosiddetti nonnini da manicomio, i detenuti ultra-70enni che – qualsiasi reato abbiano commesso – rappresentano un imperdonabile obbrobrio giuridico».
E Domenico Ciruzzi, avvocato e presidente della Camera penale di Napoli, aggiunge: «Spesso noi penalisti ci chiediamo inquieti se sia opportuno o no proporre per il nostro assistito l’ipotesi dell’ospedale psichiatrico in alternativa al carcere. Il rischio è di immergersi in un buco nero senza fine che, di proroga in proroga, lo terrà segregato a vita senza motivo se non l’assenza di strutture di accoglienza».

Ferraro: «Non c’è motivo per tenerli rinchiusi, l’85% potrebbe uscire subito»

Racconta Egisto R., paramedico, con amarezza: «Come Michele Schiano di Zenise, vegetano negli ospedali-prigione italiani decine di cittadini vittime di una giustizia che in troppi casi non contempla il diritto al reinserimento e si adagia nel barbaro concetto del fine pena mai». E aggiunge, citando nomi e date: «A volte, succede che le famiglie accettino di riprendersi in casa il matto, ma solo per derubarlo della pensione, svuotargli il conto corrente e ri-seppellirlo nel lager autorizzato».
LA GRAZIA A DE ROSA. C’è chi ricorda la storia di Vito De Rosa, un detenuto ormai anziano che era rimasto per 54 anni, un lasso di tempo inconcepibile, rinchiuso in una cella al Sant’Eframo di Napoli, manicomio giudiziario da brividi, dimenticato dal mondo. L’uomo, che da ragazzo aveva ammazzato il padre che lo picchiava, fu graziato dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi grazie a qualche cronista che per mesi ne aveva denunciato l’ingiusta detenzione.
Una storia diversa ma simile, la sua, a quella di Michele Schiano di Zenise, l’84enne segregato al Filippo Saporito di Aversa dove negli anni si sono uccisi due direttori, accusati di nefandezze e post mortem riconosciuti innocenti. Su un muro c’è scritto: «Se vuoi costruire una nave, insegna la nostalgia del mare aperto».
In giardino hanno messo le papere da allevare, un tentativo di umanizzare l’orrore. I dirigenti non parlano. Sui prigionieri Adolfo Ferraro, ex direttore del manicomio giudiziario di Aversa, ha detto: «Non c’è motivo per tenerli rinchiusi, l’85% potrebbe uscire subito. Invece, ci comportiamo come il branco fa con il lupo malato: se lo portano dietro, ma solo per scaricare su di lui rabbia, rancori e frustrazione».

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Fonte: http://www.perlagrandenapoli.org/?p=7029&utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=aversa-il-manicomio-dei-nonni

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