Intervista a Jack Cole: “Proibizionismo sulle droghe problema etico”
Jack Cole conosce la guerra alla droga sotto diverse prospettive. Ha trascorso 26 anni nella Polizia di Stato del New Jersey, per dodici dei quali ha lavorato alla narcotici sotto copertura. Nelle sue indagini ha avuto a che fare con tutti i casi possibili: da consumatori di droga di strada a spacciatori di medio livello, dai trafficanti locali alle organizzazioni internazionali dai traffici miliardari. Dopo il ritiro, Jack ha dovuto affrontare i residui emotivi lasciati dalla sua partecipazione ad un’assurda guerra alla droga e ha deciso di farlo progredendo negli studi e lavorando per riformare l’attuale politica sulla droga. Conseguito un diploma in giustizia penale e un master in politiche pubbliche, oggi Jack è il direttore esecutivo dell’organizzazione “Law Enforcement Against Prohibition”, composta da membri delle forze dell’ordine effettivi o in pensione e da una comunità che intende far conoscere i fallimenti delle politiche proibizioniste sulle droghe. Ecco l’intervista esclusiva che ci ha concesso.
Lei ha lavorato sotto copertura per 12 anni: ci sono aspetti del proibizionismo graditi ai fautori del narcotraffico?
Partiamo da un presupposto: ai narcotrafficanti piace l’idea che ci sia proibizione! In fin dei conti stiamo parlando di erbacce: dalla pianta della cannabis, all’arbusto della cocaina, fino all’eroina ricavata dal papavero da oppio. Erbacce che possono crescere in qualsiasi parte del mondo, così prolifiche che coloro tra noi che hanno l’incarico di distruggerle che le strappino alle radici, che le taglino, che le cospargano con il veleno mentre le sorvolano con l’aeroplano (veleno che ovviamente contamina anche chi le coltiva, cosa che non importa a nessuno dato che si tratta di gente del terzo mondo) presto o tardi si ritroveranno a dover rifare tutto daccapo, perché questa roba rispunta di nuovo!
Proprio perché sono così prolifiche e crescono dappertutto, di per sé queste erbacce hanno valore pari a zero. Eppure non appena iniziamo a dire che sono proibite, il loro valore cresce in maniera folle. Solo il fatto che queste siano coltivate soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, come ad esempio la Colombia, e poi vendute in Europa o negli Stati Uniti, significa aumentarne il valore addirittura del 17.000%! Pensate a che profitti osceni si fanno! La legalizzazione delle droghe è sicuramente l’ultima cosa che vogliono i narcotrafficanti. In questo caso particolare i principali soggetti che continuano a desiderare il proibizionismo sono una strana combinazione, che però di fatto è diventata simbiotica: i governi statunitensi a partire da Nixon, i poliziotti e i narcotrafficanti.
Pensateci un attimo: i narcotrafficanti hanno bisogno della proibizione per mantenere alti i prezzi; i poliziotti hanno bisogno dei narcotrafficanti per poter dire “è un lavoro pericoloso: abbiamo bisogno di stipendi più alti, ci servono più strumenti, più ‘giocattoli’ con cui difendervi”. Quando la polizia commette uno sbaglio e ci scappa il morto perché i poliziotti hanno sparato troppo in fretta, o massacrato qualcuno di botte, la gente si deve ricordare che si tratta di una situazione difficile, in cui la polizia è costretta a prendere decisioni in una frazione di secondo… La legalizzazione danneggerebbe criminali e guardiani…
In base alla sua esperienza, qual è il ruolo delle droghe in una vita stressante e iper-prestativa come quella di oggi? Come cambierebbe questo ruolo senza proibizionismo?
Sarebbe meglio in ogni senso possibile. Se legalizzassimo alcune sostanze stupefacenti potremmo ridurre morti, malattie, crimine e dipendenza.
Lo sappiamo perché abbiamo l’esempio dell’alcool: a partire dal 1920 il proibizionismo aveva reso illegale il consumo e la vendita di alcolici e quando il proibizionismo è finito 13 anni dopo, nel 1933, Al Capone e soci si sono trovati senza lavoro.
Non si uccidevano più tra loro per controllare quel mercato così lucrativo, non venivamo più uccisi noi poliziotti, che avevamo l’inutile incarico di combattere quel commercio e non venivano più uccisi i nostri figli, a causa di sparatorie e tutto ciò di cui stiamo facendo esperienza anche oggi. Sappiamo dunque che se legalizziamo le droghe possiamo porre completamente fine alla violenza che ne deriva.
Poi, se ne regoliamo il mercato possiamo fare altre cose incredibili: come porre fine alle morti per overdose. Ho studiato questi casi per 14 anni e posso attestare che nessuno muore di overdose perché si inietta sempre più droga: la gente muore perché non sa quanta di quella polverina sia droga e quanto sia tagliata. Troppa droga uccide, lo sanno tutti, ma in un mercato illegale e non regolato i tossicodipendenti non sapranno mai quanta droga c’è.
Secondo i nostri osservatori sulle malattie se le droghe fossero regolarizzate e trattate come un problema sanitario potremmo impedire almeno il 50% dei decessi, perché metà delle morti possono essere attribuite allo scambio degli aghi tra tossici.
Affrontare l’abuso di droghe come problema sanitario può salvare molte vite: di giovani distrutti dal proibizionismo, dalla reclusione in carcere, si riuscirebbe a riportarli nella società, aiutarli a riprendersi la loro vita.
Molti giovani vanno in prigione solo per consumo di droga…
Sì, i giovani vanno in prigione per la droga. Questo è un problema in tutte le società del mondo. Alcune società lo rendono un problema maggiore che altre. Gli Stati Uniti sono i peggiori parlando delle carcerazioni: si tratta di un Paese dalle norme molto “punitive”. I Paesi europei imprigionano complessivamente circa 500 mila persone credo, ma negli Stati Uniti è di più di 2 milioni e 300mila! È facile capire che negli Stati Uniti sono in carcere più persone che in qualsiasi altra parte del mondo. E questi dati diventano ancora più tristi se si va a guardare chi è in prigione e perché.
Negli Stati Uniti per scoprire chi usa e chi vende la droga, basta consultare un’indagine Federale annuale: dice che il 72% della gente che ha a che fare con le sostanze stupefacenti è come me e voi. Sul piano razziale diventa sconcertante: solo 13,5% tra consumatori e spacciatori sono di colore. Ma chi viene arrestato? Il 37% delle persone arrestate per reati legati alla droga sono neri, il 60% dei detenuti per reati di droga sono neri, che diventano l’81% nelle prigioni Federali.
I neri sono condannati a 6 anni di prigione esattamente per gli stessi reati per i quali i bianchi sono condannati a 4 anni. E per droga vengono condannati al carcere il 33% dei bianchi, contro il 51% dei neri.
C’è anche un altro modo di considerare la questione, esaminare quante persone sono in carcere a seconda della loro razza e genere: su 400 mila abitanti imprigioniamo 943 bianchi. Prima di dirvi quanti sono i neri, lasciatemi dire che uno dei regimi governativi più razzisti della storia, quello dell’apartheid in Sudafrica, nel 1993, l’ultimo anno prima di cadere, aveva imprigionato 851 neri su una popolazione di 8000. Nel 2000 negli Stati Uniti su 400 mila abitanti abbiamo incarcerato 943 bianchi e 6.667 neri. Non so come si possa guardare a queste statistiche senza pensare a razzismo istituzionalizzato. È terribile. Ci sono moltissime ragioni per le quali dovremmo cessare la guerra alle droghe, ma per me questa è una delle più importanti. Non c’è niente di più ingiusto.
Pensa che il proibizionismo sulle droghe rappresenti una questione etica o economica?
Penso che sia più un problema etico. Stiamo distruggendo delle vite e stiamo spendendo un sacco di soldi per farlo. Dopo 40 anni di lotta al mondo delle droghe negli Stati Uniti abbiamo speso più di 1.500 miliardi di dollari del nostro patrimonio di tasse e ogni anno continuiamo a spenderne altri 70 miliardi, ma tutto quello che abbiamo da mostrare è che nel corso di questi 40 anni abbiamo effettuato più di 41 milioni di arresti. Pensateci! 41 milioni di arresti… quasi 2 terzi della popolazione italiana: è pazzesco! La maggior parte di queste persone erano giovani e di colore. Tutte le statistiche mostrano che i neri hanno leggermente meno probabilità di usare droghe che i bianchi, eppure continuiamo ad arrestarli e distruggere le loro vite. Si tratta di una scusa per essere razzisti, per mantenere la gente sottomessa, una pessima idea e un sacco di denaro viene sprecato!
Pensiamo a cosa ci si potrebbe fare con 1.500 miliardi di dollari. Immaginate che il nostro mondo, decidesse, piuttosto che spendere l’anno prossimo 70 miliardi di dollari per realizzare condanne legate alla droga, se legalizzassimo la droga oggi e spendessimo questo denaro per creare un sistema sufficiente di istruzione, per avere un sistema minimo di assistenza sanitaria (come quello che avete voi in Europa), per avere un minimo di sistema di alloggio disponibile per tutti, in modo da non avere più la gente per le strade, se si spendesse per dare alla gente una speranza per il futuro invece di strappargliela via arrestandola, vi immaginate quante meno persone farebbero uso di droga?
Quindi è soprattutto una questione etica. E per me è soprattutto un problema di coscienza. Migliaia di giovani sono andati in prigione in conseguenza del mio lavoro sotto copertura. Ci ho dormito male la notte e ho iniziato a lavorare per cambiare le cose.
Questo succede alla maggior parte dei poliziotti. Certo, ho sentito tante volte “stavamo solo facendo il nostro lavoro!”, ma avremmo dovuto sapere cosa significasse.
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