Frequenze, un'idea per Monti: si all'innovazione, no ai lobbisti

di Luca Nicotra, articolo pubblicato su Wired, del mese di Aprile.

Il 20 Aprile scade la pausa di riflessione che il governo si è preso. Sull'ex "beauty contest" e sulla rotta da seguire. Modesta proposta: lasciamo perdere radio e tv e utilizziamo gli "white spaces", come fanno inglesi e americani.

Licenze. Tutta colpa del Titanic. In seguito al naufragio si disse che una regolamentazione più rigida delle frequenze avrebbe permesso di comunicare con più efficacia messaggi di soccorso. Ora devi avere una licenza, assegnata dal governo, per poter trasmettere informazioni nell’etere. Ma mentre un tempo le frequenze erano occupate solo dalla radio (e poi dalla TV) o da comunicazioni navali e apparecchiature militari da qualche decennio sono diventate un bene scarso, al centro dello scontro politico. Le frequenze sono ormai il nuovo petrolio dell'innovazione.


Bellezza. Se n’è accorto il Governo Monti che ha sospeso l'assegnazione gratuita di sei frequenze alle TV (con il cosiddetto beauty contest) in seguito ad una mobilitazione di cittadini, imprenditori e media. Il ministro per lo sviluppo economico Corrado Passera in TV ha dichiarato "Pensare che un bene raro e prezioso possa essere dato gratuitamente è probabilmente non tollerabile e quindi verosimilmente non lo tollereremo". Dove i probabilmente e i  verosimilmente contano. Ma ha anche aggiunto "Dovremmo trovare assieme il modo. Non è detto che siano frequenze da usare per la televisione. Possono essere per nuove tecnologie. Può darsi che non servano adesso ma nel futuro". Siamo ormai nell'epoca in cui gran parte della tecnologia che utilizziamo nella vita quotidiana funziona grazie alle frequenze radio. Dai GPS ai cellulari.


Pluralismo. L’assegnazione delle frequenze alle TV nasceva da una ragione: la procedura d’infrazione con cui l’Unione Europea chiedeva all’Italia maggiore pluralismo informativo. Non è facile spiegare come da questo si sia arrivati a giustificare una probabile assegnazione a Mediaset o Rai. Inoltre è tutt’altro che scontato che la concorrenza e, di conseguenza il pluralismo, si svilupperanno all’interno del sistema TV, piuttosto che su piattaforme alternative.


Status quo. Ma esiste un problema intrinseco delle licenze che neppure l’asta risolverebbe. Ogni volta che si introduce un nuovo regolatore (in questo caso il Governo) si crea anche un obiettivo per lobby e poteri forti. Se un innovatore deve prima chiedere il permesso del governo allora sarà meno propenso a sperimentare.
Lo abbiamo visto con il WiMax. Una nuova tecnologia che, dicevamo, avrebbe dato una copertura diffusa ad Internet. Progetto fallito per l’ostracismo tra gli altri del Ministero della Difesa. Alcune storie sono incredibili. Un imprenditore del nord-est dopo aver installato le antenne sul territorio si accorge che qualcosa non sta funzionando. Verifica il segnale e si accorge che sulle frequenze di cui aveva la licenza trasmette nientemeno che il radar della base militare di Aviano.


Beni comuni. Il governo Monti ha tempo di decidere fino al 20 aprile. Innanzitutto sulle sei frequenze in standby. Si parla generalmente di “cognitive radio” per indicare quelle tecnologie che permettono di condividere le frequenze sulla base di meccanismi simili a quelli usati dalla rete Internet per garantire a chiunque di utilizzarla, anche per innovare, senza dover chiedere permesso. Il governo americano e l’Inghilterra hanno già lanciato dei progetti pilota che utilizzano i cosidetti white spaces. Anche l’Italia può fare lo stesso. Aprendo all’innovazione e liberandosi da dannose pressioni lobbistiche, in un colpo solo.

Dall'edizione di Wired, del mese di Aprile, che potete trovare in edicola. Compratelo.

Fonte: http://www.agoradigitale.org/frequenze-unidea-monti-si-allinnovazione-no-ai-lobbisti

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