Rimborsi facili la tomba dei partiti

di Alessandro Campi, da “Il Mattino”,  26/03/12

I partiti – dicono i sondaggi – sono al minimo storico dal punto di vista del consenso e della credibilità. Gli italiani in maggioranza non li ritengono affidabili. Peggio, li considerano responsabili (tutti, senza esclusioni) della grave situazione, economica e istituzionale, in cui versa il Paese.

Ed è proprio quest’atteggiamento critico nei confronti della politica e dei suoi attori tradizionali che spiega, da un lato, il favore con cui è stato accolto l’esperimento del governo tecnico, e dall’altro la tendenza all’astensionismo o l’incertezza sul voto di molti elettori.

Per uscire da questa difficile condizione, che rischia di marginalizzarli anche nel prossimo futuro o di condannarli ad una crescente ininfluenza, i partiti – spiegano molti osservatori – non hanno che una strada: modificare radicalmente il loro modo di fare. Per restituire alla politica il prestigio perduto occorre insomma che i partiti riscoprano il senso del limite e della morale e dimostrino di avere idee chiare su come affrontare i problemi dell’Italia. E tutto questo dovrebbe avvenire entro la primavera del 2013.

Secondo alcuni, ai partiti si rischia di chiedere l’impossibile. Hanno avuto a disposizione vent’anni, quelli della cosiddetta Seconda Repubblica, per strutturarsi dal punto di vista organizzativo, per selezionare un personale politico capace e per darsi un profilo ideale e programmatico minimamente compiuto e organico.

Avendo fallito questi obiettivi in un tempo così lungo, sino a ridursi a consorterie affaristiche o a comitati elettorali al servizio di questo o quel singolo leader, non si capisce come possano riuscire a conseguire l’obiettivo di un profondo rinnovamento nell’arco di pochi mesi.

Secondo altri il miracolo potrebbe invece riuscire. Sarebbe sufficiente mettere mano a qualche significativa riforma per recuperare, almeno in parte, la fiducia dell’opinione pubblica e per stabilire un rapporto nuovamente virtuoso con gli elettori. Basterebbe, ad esempio, cambiare l’attuale legge elettorale, realizzare una seria riforma istituzionale o varare misure rigorose contro la corruzione.

Esattamente la strada che i partiti, almeno quelli principali, stanno cercando di percorrere. Ma se questa è l’intenzione – recuperare quanto prima possibile la fiducia degli italiani c’ è una cosa che essi, prima d’ogni altra, dovrebbero fare: modificare in modo radicale il meccanismo cosiddetto dei rimborsi elettorali (un eufemismo normativo dietro il quale si nascondono i finanziamenti statali ai partiti).

In questo particolare frangente, causa la crisi dei conti pubblici e i molti sacrifici che sono stati imposti loro per superarla, gli italiani sono sensibili come non mai alle questioni economiche e finanziarie. Assai meno ai temi istituzionali o al tormentone sulla legge elettorale. L’idea che i partiti abbiano le casse piene di soldi (soldi, beninteso, dei contribuenti) mentre i cittadini si vedono imporre nuove tasse e riduzioni nei loro salari, non può che risultare intollerabile e contribuire al risentimento nei loro confronti.

Nel corso degli ultimi due decenni (da quando, per aggirare il referendum abrogativo del finanziamento pubblico voluto dai radicali nel 1993, è stato introdotto il meccanismo dei rimborsi) i partiti hanno incassato cifre stratosferiche, senza alcuna connessione con le spese effettivamente sostenute per la loro attività politica. Senza considerare, accanto ai rimborsi, le altre forme indirette di contribuzione pubblica di cui hanno goduto: ad esempio i soldi dati alla stampa di partito.

Un fiume di denaro che da un lato non è servito a ridurre la corruzione e il malaffare politico-amministrativo e dall’altro ha trasformato i partiti (che nel frattempo hanno assunto una connotazione sempre più personalistica) in veri e propri comitati d’affari, interessati più alla propria autoconservazione che al benessere collettivo.

Certo, non è facile chiedere ai partiti di rinunciare ai flussi di soldi pubblici che in tutti questi anni si sono generosamente – e irresponsabilmente – assegnati. Ma se lo facessero – equiparando i rimborsi alle spese realmente sostenute, accettando di sottoporre a verifica contabile i loro bilanci, dando conto pubblicamente del modo con cui spendono i soldi degli italiani – forse questi ultimi potrebbero tornare a fidarsi di loro e a credere nuovamente nella politica. Ma lo faranno?

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Fonte: http://www.perlagrandenapoli.org/?p=6549&utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=rimborsi-facili-la-tomba-dei-partiti

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