Coi 2 miliardi che arrivano ogni anno Napoli non dovrebbe avere disoccupati

di Simona Brandolini, da “Corriere del Mezzogiorno”, 25-02-2012

NAPOLI — Un solo piano, pochi uffici per otto magistrati, stipati in due in una stanza. E carte, faldoni. Solo in quest’anno in via Piedigrotta 64 sono pervenute 9.122 denunce e sono state aperte 5.544 vertenze. La Corte dei conti sta esplodendo, come quasi tutti gli uffici giudiziari. Il nuovo procuratore regionale, Tommaso Cottone, oggi presenzierà alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. «Posso cominciare raccontando una storia? — attacca subito — Quella dell’inchiesta sulla metropolitana di Napoli, la cosiddetta tangentopoli napoletana». Presidente siamo negli anni ’90, non proprio attualissima. «Invece lo è. In sede di citazione ci fu eccepito che serviva l’autorizzazione a procedere trattandosi di amministratori anche parlamentari. La Corte costituzionale ci impose di chiederla. Qualche tempo fa, finalmente, la Camera ci ha risposto dando parere negativo. Sa perché? Perché gli amministratori avrebbero agito in qualità di parlamentari. Non è finita. Abbiamo sollevato un conflitto d’attribuzione. Dall’85 ad oggi ancora non siamo riusciti ad entrare nel merito della vicenda. Ancora dobbiamo stabilire se possiamo occuparcene oppure no. Ridicolo». Cottone la racconta come vicenda paradigmatica del difficile rapporto tra la magistratura contabile e l’amministrazione dello Stato. Di casi così eclatanti non ce ne sono moltissimi, ma nel corso di un lungo colloquio, il procuratore più volte si soffermerà su questo aspetto.

Procuratore, lei è da pochi mesi a Napoli, quali sono le criticità?
«C’è un discorso generale da fare. Ritengo che con i processi si risolve poco. Se non riusciamo ad arrivare a modifiche dei comportamenti non ne usciamo fuori. Comportamenti che vanno sanzionati dall’opinione pubblica. I cittadini si devono indignare e per primi si devono indignare i media. Dobbiamo spostare l’attenzione dal fatto specifico al fenomeno».

E qual è il fenomeno?
«Grazie alla Banca d’Italia siamo riusciti a fare, per la prima volta, una ricognizione di quante risorse pubbliche, tra fondi comunitari, nazionali e ordinari, piovano in Campania».

Di quanti soldi parliamo?
«Di 2 miliardi di euro l’anno che dovrebbero creare sviluppo e occupazione. Con 2 miliardi di euro a Napoli non ci dovrebbero essere disoccupati, ma un grande benessere. Se fossero spesi bene».

Invece?
«Invece in parte vengono utilizzati per cose inutili, in parte sottratti, in parte vengono spesi per opere non concluse. È il caso dell’ospedale del Mare per esempio».

Lei dice bisogna modificare i comportamenti, in che modo?
«Servono risorse e leggi adeguate altrimenti l’azione di controllo rischia di essere inefficace. Ma occorre anche rafforzare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura dalla politica, serve una legittimazione adeguata. Il rapporto tra autorità giudiziaria e politica resta conflittuale».

Qual è il bilancio di quest’anno?
«Sono state pronunciate condanne per circa 25 milioni di euro. Ma le somme contestate ammontano a circa 137 milioni».

Ma quanto realmente siete riusciti a recuperare?
«Circa 6 milioni di euro».

Be’, pochini.
«Il discorso è complesso. È vero che sono cifre irrisorie rispetto all’aggressione reale del patrimonio pubblico. Il più delle volte accade che ci troviamo dinanzi a soggetti che hanno già speso quelle risorse. Tant’è che abbiamo intensificato i sequestri come nel caso dell’Acms di Caserta, società di trasporto pubblico a cui chiediamo di rispondere per un danno di oltre 12 milioni di euro arrecato alla Provincia di Caserta. Non solo. Abbiamo anche puntato l’attenzione su coloro che devono controllare».

Ma la corruzione, le cattive pratiche, l’inerzia sono aumentate o no?
«Devo essere onesto, questo non lo so dire. Di certo non parlerei di caso Campania o caso Napoli. Diciamo che qui viene amplificata la situazione perché esiste un modo di governare più clientelare che altrove. Ma devo dire, per amore di verità, che c’è collaborazione con gli enti territoriali».

Ci fa qualche esempio «di modo di governare clientelare»?
«A Casal di Principe il clientelismo vuol dire non far pagare le bollette dell’acqua ai cittadini per un danno erariale di 4 milioni di euro».

Ci fa un esempio di cattiva amministrazione?
«La gestione fallimentare del patrimonio immobiliare del Comune di Napoli attraverso la Romeo: parliamo di un danno di 104 milioni di euro. Oppure l’illecita distribuzione di prebende a pioggia di salario accessorio (riguarda il comune di Sarno, ndr). Abbiamo anche invitato a dedurre una prefettura (quella di Napoli, ndr) per un danno di 2 milioni di euro derivante dal mancato esame di 80 mila ricorsi automobilistici».

Un classico campano: i rifiuti.
«Noi giudici della Corte dei conti siamo come affacciati ad un balcone. Abbiamo un osservatorio privilegiato. Ebbene, diciamo, che gli amministratori, soprattutto quando si tratta di rifiuti, diventano più virtuosi quando interviene la magistratura contabile o ordinaria. Si raddrizzano. Detto questo in oltre sessanta comuni, Napoli compresa, la raccolta differenziata, per esempio, è ferma a percentuali minime».

Qual è un punto debole dei Comuni?
«I segretari comunali. Da quando non dipendono più dal ministero dell’Interno e sono chiamati direttamente dalle amministrazioni, sono diventati ostaggio dei sindaci. Parliamo di funzionari di altissimo livello. Li ho incontrati perché non devono sentirsi soli, per dire loro che la Corte dei conti può essere utilizzata come pretesto per dire no al sindaco».

Dalla Regione passano, invece, la maggior parte dei fondi. La sanità resta una delle criticità?
«Certamente. In quindici anni, per esempio, la Regione non è stata in grado di fare l’accreditamento delle strutture private. E poi c’è una questione aperta: la Soresa. L’inchiesta è ancora in corso, quindi posso dire davvero poco. Ma resta il fatto che una società nata per gestire il debito della sanità, non è in grado a tutt’oggi di definirlo. Non solo. Non sono riusciti a chiudere i contenziosi con i creditori. Con un’aggravante: la Regione non conosce cosa fa la Soresa».

È un problema riscontrabile anche per le altre partecipate?
«Non c’è dubbio che difronte a maggiori controlli, la politica tende a difendersi. E lo fa inventando architetture amministrative, come le partecipate, che sfuggono all’osservazione degli organi di controllo. Creando, il più delle volte, carrozzoni dove assumere e far lievitare gli stipendi dei manager».

Procuratore ci sono casi virtuosi?
«Certo e ne cito due. L’Inps che ha proceduto a controlli a tappeto sulle pensioni di invalidità. E l’Asl di Salerno che davvero ha ridotto il deficit senza compromettere i servizi. Se un colonnello dei carabinieri è riuscito a cambiare realmente le cose, possono farlo anche gli altri».


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Fonte: http://www.perlagrandenapoli.org/?p=6196&utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=coi-2-miliardi-che-arrivano-ogni-anno-napoli-non-dovrebbe-avere-disoccupati

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