Intercettazioni illegali e interrogatori fantasma
di Annalisa Chirico, da www.thefrontpage.it, 15-02-2012
E’ stato audito oggi il deputato del Pdl Alfonso Papa nella Giunta per le autorizzazioni in ordine alla richiesta avanzata dai pm di Napoli Henry J. Woodcock e Francesco Curcio relativa all’utilizzo dei tabulati delle utenze telefoniche intestate ed in uso a Papa. Per chi non se lo ricordasse, Papa, dopo 101 giorni nel carcere di Poggioreale e alcune settimane ai domiciliari, è tornato in libertà lo scorso 23 dicembre. L’inchiesta, che per la prima volta nella storia repubblicana ha spedito dietro le sbarre un parlamentare per reati non di sangue, riguardava l’esistenza di una fantomatica P4, un’associazione per delinquere di cui Papa sarebbe stato il principale ganglio istituzionale insieme a Luigi Bisignani (che ha patteggiato una pena di un anno e sette mesi) e al maresciallo Enrico La Monica (ad oggi latitante). Della sfilza di reati contestati a Papa – dalla violazione della legge Anselmi fino alle accuse di favoreggiamento e corruzione – oggi egli risponde a processo di tre episodi di concussione.
In realtà, le ombre che si affastellano su questo processo sono molte, e oggi Papa ne ha svelate alcune. Innanzitutto c’è il capitolo delle intercettazioni telefoniche, che i pm vorrebbero utilizzare, sebbene il Tribunale di Napoli il 27 dicembre scorso le abbia già dichiarate inutilizzabili in quanto illegittime. In violazione della legge n.140/2003 sulle guarentigie parlamentari i pm napoletani hanno registrato le conversazioni telefoniche di un parlamentare (sia quelle dirette che indirette) senza richiedere alcuna autorizzazione né preventiva né successiva.
Come se non bastasse, per contrastare la richiesta di arresti domiciliari presentata dai difensori al Tribunale di Napoli, il pm Woodcock non ha esitato a disporre perquisizione e sequestro nell’abitazione dell’assistente di Papa, acquisendo l’iPad di appartenenza del parlamentare. La caccia dissennata non ha prodotto un bel niente, se non la patente violazione di quella legge che i magistrati, in teoria, dovrebbero applicare.
Ma i pm di Napoli, lo avrete capito, non si fermano di fronte a nulla. Di mezzo c’è Alfonso Papa, l’uomo nero fresco di espulsione dall’Anm per il “discredito” gettato sul sindacato delle toghe, che in base allo statuto avrebbe dovuto dargli la possibilità di essere audito. Le regole qui contano poco.
Riepilogando: il gip, il Riesame, la Corte di Cassazione e il Tribunale di Napoli escludono l’utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, ma l’ufficio della Procura partenopea va avanti ostinatamente e cerca di introdurre nel processo tabulati e intercettazioni acquisite abusivamente. Ci sono poi i colloqui tra il detenuto Papa e i compagni di cella, tra il detenuto Papa e i suoi stretti familiari, tra il detenuto Papa e i suoi avvocati, che vengono abusivamente registrati per mesi. Se a Garzon tale condotta è costata in Spagna una sospensione di undici anni, in Italia nessuno si scompone.
C’è poi Maria Elena Valanzano, assistente di Papa e sorella di Benedetta (un tempo molto vicina al Cavaliere). Lei con Papa ha un rapporto cordiale, diremmo “complice”. Dopo il secondo interrogatorio in Procura, il suo atteggiamento cambia bruscamente. L’11 marzo 2011 il pm Woodcock richiede di intercettarla urgentemente perché, a suo avviso, risulterebbe “auspicabile sotto il profilo investigativo che la stessa contatti familiari e amici con i quali potrà commentare le vicende oggetto del presente procedimento”. Woodcock è preveggente. Il 21 marzo la Valanzano parla al telefono col padre e accusa Papa di averle procurato una consulenza gratuita con tale Chiorazzo. Di lì a qualche giorno, il 24 marzo, queste dichiarazioni formano oggetto del terzo interrogatorio in Procura. C’è di più, però. Dagli atti emerge che le celle telefoniche di padre e figlia coincidono, Parco Enpam a Caserta. I due parlano al telefono, vicini vicini.
La Valanzano, naturalmente, viene intercettata pur non essendo formalmente iscritta nel registro degli indagati. Così come il proprietario della casa in uso a Papa è soggetto a perquisizioni e controlli bancari (fino all’apertura delle cassette di sicurezza) da non indagato. Avrete capito che per i pm partenopei queste sono quisquilie. E noi siamo pedanti legulei del diritto.
Per concludere questa puntata della “saga Papista” – cui, c’è da giurarlo, ne seguiranno delle altre - ci sono gli interrogatori fantasma, ovvero le dichiarazioni rilasciate dai testimoni ma mai verbalizzate. E’ il caso di Lorenzo Borgogni, il teste che il 7 febbraio scorso ha ritrattato in udienza le accuse contro Papa: egli, dopo un primo interrogatorio poco interessante, viene ascoltato una seconda volta; i verbali di questo secondo e più succulento interrogatorio non contengono la data, il gip invece la data la sa e la indica nell’ordinanza di custodia cautelare.
Anomalia che si ripete in qualche modo con Roberta Darsena: la donna viene ascoltata il 12 aprile 2011, racconta della sua relazione con Papa e dell’impiego alle Poste che lui le avrebbe procurato. L’ordinanza firmata dal gip però si arricchisce di ulteriori elementi: una cena con Vietti, un contratto di consulenza con un imprenditore, Rolex a gogo… negli atti depositati di queste informazioni non vi è traccia. Il gip le estrae forse dal cilindro? Chissà. Tutto può accadere a Napoli, città di superstizione e magia.
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