La “svuota carceri” che non svuoterà le carceri – Intervista a Irene Testa
di Paolo Izzo
9 feb 2012 www.cronachelaiche.it
Ieri la Camera dei Deputati è stata infiammata dall’ennesima bagarre della Lega. Al grido di “vergogna, vergogna!” i cosiddetti onorevoli del Carroccio si sono scagliati contro il governo Monti quando, per voce del ministro Piero Giarda (Rapporti con il Parlamento), ha posto la fiducia sul decreto “svuota carceri” presentato (e già approvato al Senato) dal ministro della Giustizia Paola Severino. Quello della Lega, in realtà, è un fuoco di paglia, come ci spiega Irene Testa, presidente della Associazione radicale “Il Detenuto Ignoto”.
Intanto, questo voto di fiducia andava chiesto?
Il Governo ha fatto benissimo. Perché i 500 e passa emendamenti della Lega avrebbero svilito un decreto legge che è già svilito di per sé. Ma anche così finirà in un massacro. Perché in realtà si deve trovare un’altra chiave per risolvere la disumana condizione delle carceri e allo stesso tempo contrastare l’onda giustizialista e demagogica, spiegando meglio anche alla gente di cosa stiamo parlando.
Perché dice che il decreto è già svilito?
Anche la legge Alfano approvata a fine 2011 fu chiamata… “sfolla carceri”: uscirono circa 3.000 detenuti, mentre in realtà era previsto che ne uscissero 8.000. Questo a causa del fatto che non c’era nessun automatismo e che la procedura era farraginosa: l’autorizzazione doveva essere sempre data dal magistrato di sorveglianza e in più occorreva che gli assistenti sociali giudicassero l’idoneità del luogo dove dovevano essere scontati gli arresti domiciliari. Una procedura che durava mesi e mesi, tanto che coloro che avrebbero potuto usufruire della legge finivano per uscire perché ormai avevano scontato la loro pena.
Con la “svuota carceri” di oggi non c’è differenza?
Ci sono gli stessi paletti e non molte differenze. Tranne per il fattore tempo. Si è aumentata da 12 a 18 mesi la parte finale della pena da poter scontare agli arresti domiciliari. E si è ridotto da 96 a 48 ore il tempo che un presunto reo deve attendere prima che un giudice decida se in carcere deve andarci oppure no, in attesa del processo. Ma si è scelto un’altra volta di portare avanti un provvedimento che non si può neppure definire un “pannicello caldo”, perché non servirà quasi a nulla.
Voi chiedete l’amnistia…
Il problema è questo: tranne i più “manettari” e giustizialisti, si scandalizzano ormai quasi tutti della situazione carceraria. Il presidente Napolitano ha ammonito sulla “prepotente urgenza”, il ministro Severino ha parlato di “tortura”, il presidente del Senato Schifani ha invocato la “improcrastinabile urgenza”… Però non forniscono soluzioni. Girano attorno al problema, senza provare a indicare la strada giusta. Mentre la situazione carceraria è estremamente grave. Anche se in tanti dicono che esagera, Marco Pannella ha assolutamente ragione quando parla di lager, fascismo, nazismo: basterebbe andare a visitare le galere rimanendoci dentro sette otto ore, come fanno i Radicali, per rendersene conto. Parlando quasi con ogni singolo detenuto delle condizioni di vita all’interno dell’istituto, come facciamo noi. Buona parte dei detenuti sono tossicodipendenti, per esempio, ma non solo: sono anche anoressici, malati, psichiatrizzati, per di più ingabbiati e ammassati insieme a tutti gli altri, che quando li vedi pensi “ecco il prossimo che si suicida”.
Poi ci sono gli immigrati, che sono dentro per un reato di “clandestinità” che abbiamo inventato noi…
E sono sempre quelli che pagano di più. Sui domiciliari, per esempio, c’è un aspetto molto rilevante: gli immigrati, un domicilio dove andare, non ce l’hanno nemmeno! E quindi non usciranno, legge o non legge. Questo è successo anche con la legge Alfano. Per non parlare della mole di fascicoli che prima il magistrato di sorveglianza e poi gli assistenti sociali devono esaminare.
E così, al posto di snellire gli iter giudiziari, se ne aggiungono degli altri…
Esatto. Diciamo che la giustizia è intasata e adesso per mesi e mesi si dovranno bloccare tutti gli altri provvedimenti: perché le carceri sono sì sovraffollate, ma nessuno vuole mettere un automatismo per svuotarle. O dire, chessò, che i detenuti che devono scontare una pena inferiore ai tre anni devono uscire, punto e basta!
Contate ancora in un intervento più diretto del Presidente della Repubblica?
Di appelli a Napolitano ne abbiamo fatti più d’uno, in questi mesi. Ma il problema è che tutte le dichiarazioni di intenti, non si traducono in fatti. Tutti si rigirano la famosa frase di Voltaire sul fatto che il grado di civiltà di una nazione si vedrebbe dalle condizioni delle sue carceri, ma poi non si va ad analizzare veramente quali siano queste condizioni.
Voi insistete molto anche sul nodo della carcerazione preventiva.
Certo. Intanto il 42% della popolazione carceraria è in attesa di giudizio, per poi accorgersi che il 30% è pure innocente… Inoltre non c’è alcuna distinzione tra quelli in attesa di giudizio e quelli già condannati; i cosiddetti “nuovi giunti”, dovrebbero essere messi in reparti diversi e accolti con uno staff di educatori e di psicologi, ma ciò non sempre avviene. O, al contrario, in quei reparti al posto di una settimana ci stanno per un anno. Questo per dire che livello di schizofrenia vige nelle carceri. Senza contare che è stata fatta una stima secondo cui la maggior parte dei suicidi avviene proprio durante la prima settimana di detenzione. L’anno scorso i suicidi sono stati più di settanta, dall’inizio di quest’anno già quattro si sono tolti la vita.
Cosa pensa, per concludere, dell’altra questione dibattuta in questi giorni in tema di giustizia: la responsabilità civile dei magistrati?
Condivido assolutamente l’emendamento Pini. In realtà non sarebbe dovuto nemmeno servire, un emendamento come quello, visto che gli italiani avevano già votato a favore di un nostro referendum del lontano 1987, che poi – come sempre – era stato stravolto, e a soli dodici mesi dalla morte di Enzo Tortora, dall’introduzione della legge Vassalli. Ed è scandaloso che in questi giorni si siano sentite voci di tutti i tipi contro questa idea della responsabilità civile dei magistrati, da Gomez e Travaglio a Di Pietro, fino alla Finocchiaro stessa. Spero proprio che in Senato non si facciano “carte false” per respingere l’emendamento.
Che, come diceva, sarebbe soltanto il naturale prolungamento di una volontà popolare già espressa anni fa…
C’è anche di più: il Corriere della Sera, nei giorni scorsi, ha pubblicato un sondaggio in cui l’82% dei cittadini si dice favorevole a una norma sulla responsabilità civile dei magistrati, mentre è contrario solo il 18%. Sono quasi le stesse percentuali con cui il referendum “Tortora” vinse. Questo per dire anche che questa sarà una delle prime volte in cui le battaglie populiste e giustizialiste di Di Pietro e compagni non avranno seguito, non saranno applaudite.
Un cittadino che oggi voglia chiedere allo Stato un risarcimento per una ingiusta condanna, cosa può fare?
Nella situazione attuale, per far condannare lo Stato, si devono affrontare ben nove gradi di giudizio. Tre per l’ammissibilità del procedimento, tre per individuare la responsabilità e altri tre per l’eventuale rivalsa del ministero della Giustizia. Volete altri numeri? In 24 anni le cause avviate sono state 406, quelle ritenute ammissibili 34 e le condanne sono state soltanto 4! Ma penso che finalmente l’opinione pubblica sia arrivata alla visione che anche il giudice che sbaglia deve pagare, come pagano tutti i cittadini che sbagliano: perché qui stiamo parlando di errori dietro ai quali ci sono vite umane, intere famiglie che vengono distrutte, anche economicamente. Con traumi che ci vorranno anni per superare. Senza contare che molte persone non avranno nemmeno la forza e i soldi per mandare avanti le richieste di risarcimento.
Fonte: http://www.detenutoignoto.com/2012/02/la-svuota-carceri-che-non-svuotera-le.html
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