Prima di parlare di riforma elettorale
da Agenzia radicale
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di ZENO GOBETTI
A seguito della decisione di inammissibilità sui quesiti referendari da parte della Corte costituzionale, si è aperto un concreto spazio di trattativa per mettere mano alla riforma del sistema elettorale. Infatti, si moltiplicano le proposte di legge presentate su questo argomento e gli appelli del Capo dello Stato affinché il Parlamento si occupi di questo problema.
Sarebbe opportuno ricordare che il Capo dello Stato ha la possibilità di inviare in maniera ufficiale un messaggio alle camere invitandole a rispondere a questa esigenza. Solo per inciso, mi farebbe piacere che il Presidente Napolitano facesse uso delle sue prerogative costituzionali limitando il discutibile potere di esternazione.
A questo punto tocca ai parlamentari assumersi questa responsabilità, una parola che non serve solo per sostenere il Governo Monti, ma anche per riconoscere la propria funzione in questo particolare momento di crisi. Se bisogna essere responsabili, è necessario ricordare ai parlamentari che è stato affidato a loro il compito di riformare la legge elettorale su invito del Capo dello Stato e su una manifesta insoddisfazione popolare per il sistema vigente.
Tuttavia, come al solito, è già partita la giostra delle proposte senza che si sia svolta una riflessione preliminare su ciò che vogliamo ottenere con il nuovo sistema elettorale. Alcuni propongono di imitare altri sistemi elettorali, chi lo vuole alla “tedesca”, altri alla “spagnola” , chi lo vuole alla “francese”, chi misto tra questi ecc…
Altri si sono arrovellati alla ricerca di sistemi complessi e, spesso, troppo complessi.
Per quanto abbia delle mie opinioni in merito sui sistemi elettorali, ritengo sia utile porre alcuni interrogativi proprio per capire quali effetti primari desideriamo si realizzino con queste proposte. Altrimenti è chiaro che la semplice opposizione di differenti proposte tecniche rischia di restare del tutto incomprensibile a chi non ha una competenza specifica.
Parlando di sistemi elettorali, si dice sempre che essi si debbano ispirare a due finalità principali: la rappresentanza e la governabilità. Mi piacerebbe che su questi temi si discutesse prima di passare ad offrire proposte di sistemi elettorali. Come mi è già capitato di dire in altri articoli, non penso che la legge elettorale sia l’unico strumento per determinare differenti modelli di rappresentanza e governabilità. Sarebbe necessario andare oltre la legge elettorale ed aprire una riflessione complessiva sulla forma di Governo del nostro Paese. Detto ciò, la legge elettorale rappresenta senza dubbio un tassello fondamentale in un assetto Costituzionale democratico. Tuttavia, il problema che dobbiamo porci è quale rappresentanza e quale governabilità abbiamo in mente quando affrontiamo il problema della legge elettorale.
Partiamo dal concetto di rappresentanza. Senza entrare in complesse analisi di teoria politica, che comunque ogni tanto mi piacerebbe sentire, possiamo semplicemente identificare alcuni caratteri fondamentali della rappresentanza democratica. Penso sia utile presentarli, a costo di essere noioso, perché mi sembra che proprio su questo tema siano entrati in crisi i sistemi democratici.
In primo luogo, la rappresentanza democratica è sempre una rappresentanza politica. Il parlamentare rappresenta soltanto l’insieme delle opinioni politiche e degli interessi (legittimi) presenti nell’elettorato. Il deputato non può rappresentare altro che questo. Per questo motivo nella Costituzione è scritto che il parlamentare rappresenta la nazione, e non interessi di categoria, di classe, di corpo o di genere. Quando siamo chiamati ad eleggere i parlamentari tra i candidati dobbiamo osservare la loro offerta politica generale, non solo le loro promesse specifiche.
Voglio sottolineare che tale funzione di rappresentanza politica è riconosciuta al singolo parlamentare e non al suo partito. Infatti, un secondo elemento che è necessario tenere sempre presente, è che i partiti non svolgono alcuna funzione di rappresentanza politica nell’ordinamento costituzionale. Questo va sottolineato, perché mi sembra l’aspetto più trascurato nelle riflessioni sulla riforma elettorale. I partiti, per Costituzione, rappresentano solo libere forme di associazione di cittadini che si organizzano per concorre con metodo democratico a determinane la politica nazionale (art. 49). Quando si parla della “rappresentanza dei partiti” nelle istituzioni si fa una affermazione di dubbio significato costituzionale.
Per quando riguarda il concetto di governabilità, in generale, con tale espressione, si intende identificare la capacità dell’esecutivo di determinare, almeno in parte, le decisioni politiche. Si deve sottolineare che tale effetto dipende molto dalla forma di governo. Vorrei ricordare che al Governo, nel nostro ordinamento, non è riconosciuta alcuna funzione di rappresentanza politica. Il Governo non è espressione della voto popolare ma della fiducia del Parlamento. Tutte le distorsioni che si sono prodotte per rafforzare il ruolo del Governo rispetto al disegno originario della Costituzione hanno determinato uno squilibrio di funzioni e di poteri che può essere sistemato soltanto con una riforma generale dell’assetto istituzionale.
Tornando alla legge elettorale, è chiaro che in un sistema parlamentare la governabilità può essere garantita solo dalla formazione di gruppi parlamentari coesi e stabili. In presenza di un sistema dei partiti frammentato, come è quello italiano, si sono inventati mille modi per garantire maggioranze stabili, sempre con scarsi risultati. L’unico che è riuscito a farlo è stato Berlusconi ma per via extra-costituzionale. Solo grazie al suo potere personale e al suo carisma politico ha mantenuto maggioranze politiche, non per i suoi poteri costituzionali. Per questo è maturata nel paese l’idea del bipolarismo o bipartitismo come strumento per garantire governabilità. Il problema sta nel fatto che tutti i meccanismi per produrre bipolarismo e bipartitismo, (premi di maggioranza, sbarramenti…) determinano un effetto gravemente discorsivo della rappresentanza politica. Si è quindi deciso di sacrificare la rappresentanza per la governabilità. Una strada questa che, personalmente, ritengo molto pericolosa.
Il problema di fondo risiede nel fatto che i partiti sono diventati il vero centro della decisione politica a scapito delle istituzioni, tra i quali i singoli parlamentari. Se si vuole fare una riflessione sulla legge elettorale e sulle riforme in generale, sono questi i nodi da discutere. Mi si potrà obiettare che ciò che ho argomentato rappresenta solo un aspetto teorico e che la politica delle democrazie “reali” funziona in modo diverso. La mia personale risposta è che facendo questo gioco si finisce per essere più realisti della realtà. Esistono meccanismi istituzionali per correggere, almeno in parte, gli effetti negativi dell’eccesso di potere dei partiti in Italia. La legge elettorale può essere uno di questi. Ne vogliamo parlare? Io sì, temo che altri abbiano meno interesse a farlo.
Fonte: http://www.radicalimasi.bo.it/blog/2012/02/01/prima-di-parlare-di-riforma-elettorale/
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