Detenuto s’impicca nel carcere di Secondigliano: 64.mo caso del 2011
NAPOLI – Ancora un suicidio in carcere: un detenuto straniero, con fine pena nel 2015, è morto per impiccamento ieri sera nel carcere di Secondigliano , a Napoli. A renderlo noto è Donato Capece, segretario generale del Sappe, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. «La situazione penitenziaria è ogni giorno sempre di più triste e drammatica – dice in una nota Capece – l’ennesimo suicidio lo conferma. E la Polizia penitenziaria è lasciata sola a fronteggiare tutte le emergenze quotidiane, come anche la mega rissa tra detenuti a Marassi».
«L’unico appello che ormai ci sentiamo di fare è al Capo dello Stato, sempre sensibile alle criticità delle carceri: solo la sua autorevolezza può contrastare l’indifferenza della politica alle problematiche del sistema», conclude Capece.
Sul suicidio in cella di uno straniero di origine tunisina è intervenuto sul sito radiocarcere anche Riccardo Arena che cura la trasmissione Radiocarcere in onda su Radio Radicale. «Si tratta – precisa Arena – del terzo suicidio nel giro di pochi giorni. Un suicidio che, dopo quello avvenuto nel carcere di Civitavecchia, fa salire a 64 il numero delle persone detenute che hanno rinunciato a vivere nel 2011, per un totale di 181 morti».
«Cifre che, oltre alle ingiuste sofferenze, – precisa – certificano un’emergenza. Un’emergenza che deve essere affrontata con strumenti idonei prima che sia troppo tardi e prima che la situazione sfugga a qualsiasi controllo». Quanto alle riforme che il ministro Severino si accinge a presentare domani Arena ritiene che «Le modifiche che si intendono introdurre sono certamente da condividere, perchè tendono a migliorare il sistema, ma di certo non appaiono idonee ad affrontare l’emergenza».
«Infatti – rimarca Arena – è necessario intervenire su due piani: quello dell’emergenza e quello del sistema. Due piani di intervento strettamente collegati tra loro e dipendenti tra loro. Non serve un atto di clemenza senza riforme sistematiche, come non servono riforme di sistema senza un atto di clemenza. Occorre, e con urgenza, sia affrontare l’emergenza con un indulto sia migliorare il sistema con riforme efficaci». «In gioco – conclude Arena sul web – non ci sono solo vite umane, ma c’è l’esistenza del nostro Stato di diritto».
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