La città fuori dal tempo

di Paolo Macry, da “il Corriere del Mezzogiorno”, 12-12-2011

E’ grottesca la corsa contro il tempo che Napoli ha ingaggiato per i preliminari di Coppa America. Questione di settimane, anzi di giorni, si legge sulla stampa. Come se il problema di Bagnoli non fosse questione di anni, anzi di decenni. II punto è che, al di là dell’imprevidenza degli attuali amministratori, quei trecento ettari affacciati su Nisida sono nelle condizioni in cui erano all’indomani della chiusura dell’acciaieria. Correva il 1994, a Bagnoli, quando Bassolino promise «turismo e lavoro per tutti» e Vezio De Lucia «una riviera più bella di via Caracciolo». Non è accaduto nulla, neppure la bonifica. Sicché l’odierna corsa contro il tempo assomiglia a quella del maratoneta che, dalle ultime posizioni, volesse recuperare nei cento metri finali, con uno sprint da velocista, il ritardo accumulato. Napoli è una città fuori dal tempo. Dopo la Tangenziale, non esiste una sola ristrutturazione urbana che sia stata ultimata. Iniziò nel lontano 1980 la cantierizzazione della metropolitana: trent’anni dopo, conta pochi chilometri e molti cantieri. L’idea di una sotterranea da Fuorigrotta al Plebiscito nacque nel 1990: vent’anni dopo, non va oltre Mergellina. E la zona orientale? Nel 1998 fu fondato un consorzio che l’avrebbe dovuta trasformare in una piccola Irlanda: non se n’è fatto niente. Qui, perfino il rifacimento dei marciapiedi dura anni e anni. Per non dire dell’eterna emergenza rifiuti. E non si tratta di lentezze burocratiche, visto che altrove si sono realizzate grandi opere con le stesse norme. Né di risorse scarse, visto che a Napoli il problema non sono mai i soldi, come dimostra la passata dilapidazione dei molti miliardi europei. Ma neppure si può accampare il destino. II fatto che, a costo di smentire Eraclito, la città resti immobile, sembra piuttosto la conseguenza di un circuito vizioso tra politica e popolo. Da una parte, negli ultimi tre decenni, la politica ha progressivamente spostato le proprie strategie dalla produzione di beni pubblici alla redistribuzione clientelare delle risorse. Dall’altra, l’opinione pubblica ha finito per introiettare l’inettitudine degli amministratori, rinunciando a chiedere loro il conto. Si è abituata al governo del non-fare (e dei favori). Cloroformizzata dall’evidenza che nulla mai si realizza, ha abbassato le aspettative e ha accettato situazioni altrove impensabili. Oggi, mentre a Milano le associazioni civiche pretendono una migliore manutenzione stradale, a Napoli la gente finita in ospedale per le buche di via Marina neppure fa notizia. E il nodo è di rilevanza straordinaria, perché qualunque delega della società alla politica si fonda sull’attesa — in tempi ragionevoli — dei risultati promessi. Dunque, se si dà per scontato che i risultati non verranno, è lo stesso controllo democratico sui governanti che naufraga. Non a caso, questa città ha votato in massa il centrosinistra della Prima Repubblica ancora in piena Tangentopoli. Ha portato in trionfo Bassolino per quasi vent’anni. Ha eletto Rosa Iervolino non una, ma due volte. Solo chi non si aspetti nulla, può perseverare nell’errore. E solo una politica cinicamente consapevole di questa collettiva rinuncia al giudizio può continuare il gioco dei progetti fittizi e dei fallimenti impuniti. C’è da sperare che il sindaco arancione e il governatore riformista non ripercorrano simili disastrosi sentieri e che l’opinione pubblica li voglia incalzare da vicino.

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Fonte: http://www.perlagrandenapoli.org/?p=5299&utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=la-citta-fuori-dal-tempo

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