Il Premier dimentica l’Ici sulla Chiesa
di Renzo Parodi, da “Il Secolo XIX”, 06/12/11
Estendere l’Ici (anzi l’Imu) alla Chiesa Cattolica? «E’ una questione che non ci siamo ancora posti» dice il premier Mario Monti incontrando la Stampa estera. Eppure se n’era occupato persino il governo di Silvio Berlusconi, cautissimo nel muoversi sul terreno minato dei rapporti col Vaticano. La prima volta nel 2005, per rafforzare il regime di esenzioni del quale godono gli immobili di proprietà della Chiesa Cattolica. 50 mila, in tutta Italia, secondo i Radicali, 30 mila dei quali adibiti ad attività imprenditoriali lontane dal puro e semplice esercizio del culto. Da quando venne introdotta, nel 1992, l’Ici era stata esclusa per tutti gli immobili considerati “particolarmente meritevoli”. Dicitura ambigua che la Corte di Cassazione, nel 2004, aveva precisato stabilendo che l’esenzione dalla tassa spettava esclusivamente alle unità all’interno delle quali si svolgesse «un’attività effettivamente meritoria e legata al culto».
Sì quindi all’esenzione per scuole, oratori, monasteri e simili. No per un edificio di proprietà del Vaticano adibito ad albergo. Su questo impianto normativo si inserì l’intervento del governo Berlusconi che stabilì l’esenzione indistintamente per tutti gli immobili della Chiesa. Eppure il Concordato del 1984 sul punto è chiarissimo e stabilisce che siano soggetti al regime tributario ordinario le attività svolte da enti ecclesiastici diverse da quelle di religione e di culto.
Ennesima (lieve) correzione di rotta dal governo Prodi, nel 2006, che reintrodusse il regime di esenzione limitatamente agli immobili «non esclusivamente commerciali». Su quell’avverbio, “esclusivamente”, si è giocata la partita. La Chiesa ha agito di fatto in regime di esenzione rispetto a realtà che contenevano una presenza di carattere religioso: un convitto con una cappella votiva, ma anche ospedali, alberghi e persino centri vacanza. A seguito della denuncia dei Radicali, la Commissione Europea avviò una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per sospetti aiuti di Stato alla Chiesa cattolica e violazione delle norme comunitarie. Secondo stime dell’Anci (l’associazione dei comuni italiani) a pagare l’Ici all’epoca sarebbe stato meno de110% di chi avrebbe dovuto farlo, con un danno erariale di 500 milioni di euro l’anno.
Nel 2010 il governo Berlusconi nel decreto sul federalismo fiscale municipale inserì un articolo (il 5) che reintroducendo a partire dal 2014 l’Imposta unica municipale (l’Imu riportata in vita da Monti) cancellava una serie di esenzioni previste in sede di Ici, rispetto a unità immobiliari «destinate esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive». Si annunciava insomma la cancellazione (mai avvenuta, peraltro) della norma che esentava dall’Ici gli enti ecclesiastici impegnati nella sanità (ospedali e cliniche legate alla Chiesa), nell’educazione (scuole cattoliche private), nel turismo (alberghi e resort, persino a 5 stelle) e nei circoli cattolici. La riforma avrebbe fruttato allo Stato, secondo i calcoli dei Radicali, almeno 400 milioni di euro.
L’Uaar (Unione atei agnostici razionalisti) ha compilato un studio che disegna un plastico ritratto dei privilegi dei quali gode il Vaticano, privilegi che si traducono in moneta sonante.
Alla voce Ici (un miliardo di euro l’anno sottratti allo Stato, secondo i calcoli fatti dai Radicali), si legge: «Nei rari casi in cui il mancato pagamento dell’Ici da parte di un ente religioso viene esaminato da una commissione tributaria, l’ente tende a giustificare le proprie ragioni con semplici autocertificazioni e l’esito gli è generalmente favorevole…».
- Login to post comments