I Radicali Plgn dialogano con associazioni, istituzioni e cittadini: obiettivo amnistia
di Fabrizio Ferrante, da www.espressonline.net, 01-12-2011
Ad agosto questa rubrica ha trattato in più occasionila tematica delle carceri. Quattro mesi dopo il convegno al Senato del 28 luglio – laddove Napolitano parlò di “prepotente urgenza” – nulla è realmente cambiato. Se non il numero dei suicidi in costante crescita, anche di agenti penitenziari. I Radicali si stanno preparando a un mese di dicembre di lotta, affinché l’amnistia possa arrivare quanto meno a essere discussa in Parlamento.
Urge ricordare che il Parlamento è ancora autoconvocabile e dopo la deludente sessione straordinaria tenutasi in autunno al Senato, non è da escludersi un ritorno di fiamma del tema carceri e giustizia a Montecitorio. Ad agosto i Radicali hanno raccolto le firme tra i parlamentari in numero sufficiente per chiedere ai presidenti dei due rami del Parlamento di calendarizzare un dibattito tutto incentrato su questo tema. Schifani ha provveduto a convocare una deludente seduta, ma alla Camera potrebbe trovare cittadinanza il contenuto di una legge – l’unica che chiede esplicitamente l’amnistia – presentata al Senato da Luigi Compagna, Pdl. Marco Pannella ha annunciato la ripresa dello sciopero della fame e anche sul territorio si moltiplicano le iniziative radicali presenti nelle varie realtà italiane.
A Napoli, l’associazione radicale Per la grande Napoli ha in programma un doppio appuntamento, subito dopo la partecipazione al congresso Radicale Transnazionale (Roma 8-11 dicembre). Si comincia la mattina del 17 dicembre presso l’hotel Terminus di Napoli con un dibattito pubblico che vedrà la presenza di associazioni impegnate nella lotta per la legalità nelle carceri. Non sarà un evento autoreferenziale, dato che hanno manifestato il proprio interesse a partecipare associazioni di tutte le ispirazioni politiche o ideali, come Uomo Nuovo, Antigone e la componente napoletana della Coalizione contro la pena di morte, impegnata anche sul fronte dei diritti dietro le sbarre. La presenza di tutte queste importanti associazioni, dimostra quanto la lotta per l’amnistia o per la dignità dei detenuti sia trasversale. Le associazioni, laiche e cattoliche, o gli esponenti istituzionali interessati a partecipare, possono contattare direttamente l’associazione presieduta da Rodolfo Viviani. Lo stesso vale per tutti i privati cittadini che volessero condividere le loro storie di ex detenuti o di parenti di chi oggi sconta una pena.
Il 24 dicembre, le iniziative a sostegno della battaglia per il ripristino della legalità nelle carceri, vedrà lo svolgersi di una veglia – probabilmente a Poggioreale – natalizia, che servirà anche a far sentire meno soli i detenuti stipati nelle sovraffollate e sporche celle. Il recente pronunciamento del ministro della Giustizia, che ha escluso il proprio ruolo primario nell’iter che porterebbe a un’amnistia, appare come un ennesimo scaricabarile tra Via Arenula e il Parlamento, privo di forze politiche in grado di assumersi la responsabilità di un provvedimento necessario. Così come necessaria è la riforma del processo penale, della detenzione preventiva e dei reati punibili con la detenzione. Non è un caso che le nostre celle pullulino di detenuti in attesa di giudizio, spesso incarcerati per aver commesso reati senza vittime – come i consumatori di sostanze illegali – o di non avere i documenti in ordine – immigrati -. Casuale non è neppure che il 50% dei detenuti in Italia sconta una pena in assenza di condanna, che spesso non arriva mai, dal momento che anche dopo anni almeno un quarto dei nostri carcerati torna libero per non aver commesso il fatto.
La responsabilità civile dei giudici e il superamento dell’obbligatorietà dell’azione penale sarebbero altri due cardini su cui rifondare un sistema che conta 4 milioni di procedimenti pendenti e 200 mila prescrizioni – i famosi colletti bianchi che non vanno mai dentro – all’anno, questa si un’amnistia illegale e di classe. Quattro mesi fa, Napolitano parlava di “prepotente urgenza”. Proprio a Napoli non serve meravigliarsi che un napoletano parli di emergenza anche se dopo quattro mesi sembra essersene dimenticato. In fondo questa è pur sempre la città che per 20 anni ha chiamato emergenza un qualcosa che faceva parte quasi dell’arredo urbano, almeno fino all’insediamento dell’ultima Giunta de Magistris.
Spesso si dice che le carceri sono delle discariche sociali, stiamo attenti a non trattare oltremodo degli esseri umani alla stregua dei sacchetti, che è proprio ciò che fa ogni giorno uno Stato “delinquente abituale e criminale in senso tecnico” citando Marco Pannella
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