Viaggio nella città che crolla. Slalom tra 150 palazzi a rischio.
di Paolo Barbuto, da www.ilmattino.it, 15-10-2011
Gli operai al lavoro sulla facciata pericolante del palazzo di via San Gregorio Armeno smettono in tutta fretta di lavorare e vanno a proteggersi. Le quattro gocce del primo mattino si sono trasformate in secchiate d’acqua che lava le strade dal pattume della lunghissima estate e fa scomparire anche le persone: tutti nascosti nei portoni immensi del centro storico, dentro bar e negozi, ad aspettare che finisca. Ma la pioggia non finisce e la gente non esce.
«Questi sono i momenti in cui tremo – sospira l’architetto Riccardo Rosi, erede di una stirpe di uomini di cultura e architetti napoletani – conosco uno per uno i problemi statici dei palazzi della città, alcuni sono in condizioni tali che basta un soffio di vento per provocare il disastro».
Rosi ha accettato di fare da cicerone fra i palazzi malmessi del centro storico. Il tour parte da piazzetta Montesanto con l’area alla destra della stazione, prosegue con una breve puntata verso salita Olivella dove i palazzi bombardati in guerra hanno lasciato vuoti e pietre ammassate; poi si punta su Salita Sant’Antonio ai Monti con i resti dei palazzi antichi abbattuti e lo scheletro della chiesa omonima.
A Napoli sono censiti ufficialmente centoquarantanove ruderi ma il conto comprende anche le aree vuote dove un tempo c’erano palazzi che sono crollati nei bombardamenti della seconda guerra mondiale o sono stati buttati giù dopo il terremoto perché i danni erano insanabili. Ci sono progetti di rilancio ma nessuno li segue: il Comune chiede supporto ai privati, ma i privati non hanno nessuna voglia di investire al fianco di palazzo San Giacomo.
Il viaggio fra i ruderi ha una meta: i decumani. Gli ombrelli non bastano a salvarsi dalla furia inzuppatrice della pioggia che diventa violenta su via Pallonetto a Santa Chiara: tra i resti archeologici e i muri mezzi crollati c’era un parcheggio, ora non c’è più perché, forse, si realizzerà un progetto di recupero. Ma nel frattempo i ruderi sono lì. Si risale verso via Tribunali dove ogni vicolo nasconde un palazzo a rischio: dall’edificio semidistrutto di vico Giganti al complesso della Scorziata su vico Cinquesanti ai resti degli stabili su vico dei Panettieri.
Il tour de force sotto l’acqua davanti ai resti delle antiche case di Napoli diventa arduo quando l’acqua allaga le strade e le scarpe. Ripararsi sotto gli archi dell’Anticaglia è un’eresia: «Presentano lesioni troppo evidenti – dice l’architetto Rosi – io non ci rimarrei sotto più del necessario».
Anche lungo la strada che porta agli Incurabili c’è il segno dell’abbandono: vaste aree semivuote perché le pietre che sostenevano gli edifici sono venute giù cinquant’anni fa e nessuno ha pensato di intervenire: «È un vero peccato – sospira Rosi durante una sosta all’asciutto nell’aula studio degli studenti di medicina – basterebbero interventi mirati e coordinati per recuperare tutto e trasformare il problema in un volàno di sviluppo».
Il Comune, per essere onesti, ha cercato di progettare una trasformazione. Nel 2004 una variante al piano regolatore individuò 40 dei 149 ruderi e spiegò ai proprietari: in alternativa all’esproprio vi proponiamo di trasformarli in elementi utili alla comunità (palestre, biblioteche, ma anche parcheggi: roba che in linguaggio tecnico viene chiamata «attrezzature»), avete cinque anni di tempo, fateci sapere cosa intendete fare. Tra gli edifici che dovevano subire la trasformazione c’è anche quello in cima a via San Gregorio Armeno che ora è a definitivo rischio crollo. Agli altri 109 proprietari il Comune spiegò che potevano ricostruire i palazzi, ma solo rispettando al centimetro le antiche strutture, sia all’esterno che all’interno: dunque facciate d’epoca ma anche appartamenti alti quattro metri (rigorosamente non soppalcabili) e nessun vano ascensore o roba simile.
I cinque anni, a partire dal 2004, sono trascorsi e non è avvenuto nulla. I proprietari non hanno mosso una pietra e il Comune non ha espropriato i palazzi, anche perché non avrebbe i soldi né per il restyling né per l’abbattimento. Così quando s’è trattato di rinnovare il provvedimento tutti i 149 ruderi sono stati inseriti nel gruppo di quelli da trasformare in «attrezzature».
Qualcosina s’è mosso: in via Pallonetto a Santa Chiara c’è un progetto per una piscina al posto del palazzo con vista sui ritrovamenti archeologici; in via Arenaccia è sorto un centro commerciale sopra un edificio abbandonato; in via Aniello Falcone nascerà un giardino pubblico sotto al quale sarà nascosto un ampio parcheggio.
Ma è poca roba. Il resto dei ruderi giace abbandonato, in attesa di un evento straordinario, un piccolo cedimento, uno stucco che finisce in strada e diventa detonatore di interesse per sperare che qualcuno intervenga.
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