Napoli è laica, al Maschio Angioino nel segno della libertà
di Farizio Ferrante, da www.espressonline.net, 14-10-2011
Oggi, 14 ottobre, si è tenuta la prima giornata del convegno “Napoli è Laica“, organizzato dalla Consulta napoletana per la laicità nelle istituzioni. L’incontro ha visto la presenza al Maschio Angioino, nella Sala dei Baroni, di accademici, politici locali e attivisti impegnati a livello nazionale per la diffusione del principio di autodeterminazione. La professoressa Orefice, il consigliere comunale Carlo Iannello e, soprattutto, Mina Welby, che ha impreziosito l’incontro toccando come sempre le corde dell’anima dei numerosi presenti in platea. Il suo intervento è un inno all’amore e alla libertà.
Fulcro dell’evento, la laicità, intesa a 360 gradi, al punto che la Orefice nel suo intervento ha ricordato la storia laica e anticlericale che da sempre contraddistingue Napoli fin dai tempi di Federico II. Affascinante l’excursus della professoressa, che ha parlato delle lotte per la laicità che a Napoli hanno visto la cacciata dei Gesuiti, l’istituzione nel periodo “murattiano” del matrimonio come rito civile e non più religioso – introduzione dello “stato civile” – fino ai moti risorgimentali e antifascisti.
L’intervento successivo, quello di Carlo Iannello, è introdotto dalla constatazione del moderatore, Giancarlo Nobile, che ha evidenziato la differenza fra la stagione oscurantista che stiamo vivendo con le leggi nazionali in tema di diritti civili, in rapporto all’epopea laica degli anni ’70.
Riscossa laica nel segno della Costituzione, questo il senso dello speech di Iannello, che ha rivendicato con orgoglio la presentazione della delibera – insieme agli altri due consiglieri di Napoli è Tua Esposito e Vazquez – che tende a istituire in seno al Comune un registro per i biotestamenti. Iannello parla di “spazio normativo libero” nel solco del quale si sta muovendo l’amministrazione. I riferimenti del consigliere di sono di spessore assoluto; ricorda le convenzioni internazionali e la Carta di Oviedo – di cui manca la ratifica ufficiale da tre legislature a questa parte – che danno diritto al malato di rifiutare i trattamenti sanitari. L’articolo 32 della Costituzione è alla base del testo presentato da Iannello e dagli altri cofirmatari; “la salute è un diritto individuale e non un dovere verso la collettività, questo fa la differenza fra una democrazia e uno stato totalitario”, osserva il consigliere, che contesta apertamente il Ddl Calabrò, in corso di approvazione, il quale non considera trattamenti sanitari alimentazione e idratazione artificiali, per mezzo di sondino.
“La delibera vuole aiutare i napoletani a esercitare i propri diritti, oltre a rappresentare un atto politico che il terzo comune italiano mette in campo contro il Ddl Calabrò. Il Governo non potrà non tenerne conto”. Urge ricordare che tale norma considera non vincolanti i testamenti biologici, con ciò compromettendo sul nascere il lavoro che si può svolgere in questo senso a livello locale.
Al convegno era attesa anche la partecipazione di Luigi de Magistris, il quale per impegni sopraggiunti non ha potuto presenziare. Tuttavia in sua vece ha parlato l’assessore Tommaselli, che ha illustrato i provvedimenti che vanno in direzione di una laicizzazione della città; ha citato i registri per biotestamenti e unioni di fatto, oltre che il forum per le pari opportunità e i diritti, l’assessorato alla partecipazione e la ripubblicizzazione al 100% di Arin.
Mina Welby – accolta anche dall’associazione radicale Per la grande Napoli e la locale “Cellula Coscioni” – ha parlato alla platea, composta in gran parte da studenti di scuole e università, è riuscita in pochi minuti a strappare un silenzio tombale durante il suo intervento, oltre che un prolungato applauso alla fine. Ha parlato da cattolica, Mina Welby, ma che mai imporrebbe il suo pensiero a chi cattolico non è.
Si rivolge ai giovani dicendo loro: “vi sento tutti figli miei, vi prego di essere e di rimanere laici”. E ancora:” La libertà di credere o non credere, la coscienza libera, sono la nostra vita. Il Ddl Calabrò dice che la vita è indisponibile, cosa che va contro lo stesso codice deontologico medico, e mi risulta che Calabrò sia proprio un medico…”. A proposito di medici, Mina parla di quando, all’epoca della vicenda che coinvolse Piero, suo marito, i medici obiettori – quelli che si rifiutavano di staccare il sondino – le raccomandavano di ridurre le dosi di cibo in modo da procurare la morte in modo “naturale”. Questa forma di eutanasia, clandestina come gli aborti fatti col cucchiaino prima della legge 194, è prassi comune in tanti ospedali e case italiane.
“Piero non è morto perchè gli hanno staccato il sondino, è morto per la distrofia che gli impediva di respirare, vittima di nove anni di accanimento terapeutico, non certo del medico che ha tolto il sondino esaudendo la sua volontà“.
Chiude il suo discorso parlando di quanto male faccia alla vita sociale e quanto dolore provochi, “l’ideologia religiosa“, che negli anni dopo la dissoluzione della Dc, ha reso clericali tutti i partiti da destra a sinistra, eccetto i Radicali. “Il Ddl Calabrò è una legge contro il testamento biologico, attenti agli “atei devoti”, nemici della religiosità” e richiama il Parlamento a guardare con attenzione tutti i pareri illustri che nelle varie audizioni stanno evidenziando i mali di questa norma.
La maggioranza proseguirà come un rullo compressore, non resta che sperare, come dichiarato nel corso del convegno da Iannello, che “Il Ddl Calabrò faccia la stessa fine della legge 40, smontata dalla Consulta”.
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