Fusione Fredda
di Paolo Alberti

Esattamente il contrario accade nella "fusione" dove l'energia è fornita dall'eccesso di neutroni che proviene dal più forte legame cui danno luogo due nuclei leggeri.
La sciagura di Chernobyl, anni di campagne ecologiste, i referendum, e in ultimo il disastro in Giappone ci hanno chiarito a sufficienza i pericoli della fissione, dalla quale provengono un gran numero di isotopi radioattivi dei quali sbarazzarsi senza danno risulta impresa difficilissima.
La fusione fredda non ha questi inconvenienti ma presenta un problema fondamentale, la barriera coulumbiana, che quasi cinquant'anni di fusione calda e una spesa di miliardi di dollari vicina ai cento per la ricerca non sono riusciti a risolvere. La Coulomb Barrier dipende dal fatto che tutti i nuclei sono carichi positivamente e, come scoprì appunto Coulomb alla fine del diciottesimo secolo, due cariche dello stesso segno si respingono con una forza inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Più la distanza è piccola e più la forza coulumbiana diventa forte; due nuclei possono interagire a una distanza che è nell'ordine del loro raggio (10–13 cm. che è centomila volte più piccolo del raggio atomico tipico – 10–8 cm.). Senza dilungarsi nei calcoli – semplici per altro – la barriera energetica che due protoni devono superare per fondersi è di 1 MeV che è l'energia che acquista un protone passando tra due punti la cui differenza di potenziale è un milione di volt. Nessuna difficoltà per la moderna fisica nucleare a giungere ad accelerazioni del genere, ma in natura occorre andare sulle stelle perché le masse di idrogeno di cui sono composte sottoposte a pressioni gravitazionali immense e ad altissime temperature possano superare la barriera coulumbiana e innescare le reazioni di fusione. Durante la seconda guerra mondiale Hans Bethe, fisico teorico tedesco-americano, formulò la raffinata teoria che dà conto di questi fatti. E il sole e le stelle usano questo meccanismo sicuro per produrre la grande quantità di energia che spandono liberamente nel cosmo durante le loro lunghissime vite.
Se si vuole sfruttare questa sorgente di energia non vi è altra strada che superare (o aggirare…)
la barriera coulumbiana. Per la fusione "calda" la via è semplice: imitare il sole sulla terra, tramite macchine di dimensioni sempre crescenti finalizzate allo scopo di confinare con forti campi magnetici i nuclei leggeri come protoni e deutoni, riscaldarli tramite campi elettromagnetici a temperature di centinaia di milioni di gradi, in modo che le alte energie cinetiche corrispondenti a queste temperature permettano di fondersi superando la barriera coulumbiana e producendo energia in eccesso. L'instabilità che caratterizza però i plasmi più densi con i quali si è cercato di risolvere le difficoltà via via incontrate rende la soluzione estremamente difficoltosa, nonostante questi problemi appaiano in linea di principio superabili.Ma il 23 marzo 1989 Fleishman e Pons annunciano una strategia completamente diversa. Le premesse stanno negli esperimenti condotti per oltre cinque anni sull'elettrochimica dei sistemi palladio-idrogeno. È cosa nota da oltre un secolo che l'idrogeno gassoso entra in grande quantità dentro la matrice metallica del Palladio. Il rapporto di caricamento (atomi di idrogeno su atomi di palladio) è di circa 0,65. Fleischmann aveva già verificato che questo valore poteva essere aumentato con metodi elettrolitici (quindi l'idrogeno si presenta alla superficie del palladio come H+ e non in forma gassosa H2). Gli viene quindi in mente di provare a idrolizzare l'acqua pesante (col deuterio al posto dell'idrogeno). Le enormi pressioni che agiscono sul deuterio dentro al palladio potrebbero indurre la fusione di due deuteri producendo energia secondo le reazioni:
DD → protone + 3He (isotopo dell'elio di massa 3)
DD → neutrone + 3H (isotopo dell'idrogeno di massa 3 – trizio)
Fleishmann coinvolge quindi il giovane Pons e conducono insieme anni di esperienze sullo stesso sistema in configurazioni diverse ottenendo il risultato che quando il palladio si carica di atomi di deuterio al di sopra di un certo valore il sistema produce notevoli quantità di energia sotto forma di calore. Che non può essere di origine chimica. Infatti solo in sistema Pd/D produce calore e non quello Pd/H – se la reazione fosse chimica entrambi i sistemi dovrebbero farlo poiché H e D sono chimicamente equivalenti. Inoltre, ancor più importante, il calore in eccesso è troppo per poter essere giustificato da un processo chimico, dal quale le rese energetiche attese sono di un ordine da cento a mille volte minori. Quindi i deuteri si "fondono" secondo i due processi citati sopra. Ma c'è un altro processo possibile, anche se un milione di volte più improbabile:
DD → 4He + γ (fotone)
Non solo i deuteri superano a freddo la barriera coulumbiana, ma una volta superata la fusione non avviene nei modi usuali ma secondo un meccanismo che conduce alla produzione di 4He (elio) senza però l'emissione del raggio gamma di 23,4 MeV.
La scienza "ufficiale" non possiede giustificazione per questi fenomeni; tutti i calcoli compiuti nella primavera estate del 1989 dimostrarono la chiara impossibilità della Fusione fredda influenzando il verdetto del Department of Energy e, di conseguenza della comunità scientifica, che, ancora una volta mostra il suo carattere "aristotelico" incapace, come quasi sempre, di porre i fatti, le osservazioni al di sopra del paradigma dominante che si configura al tempo stesso come idelogia e religione laica attorno al quale costruisce il suo sistema gerarchico e di potere.
Ma i miracoli sono tali solo per il paradigma dominante, mentre in decine di laboratori l'esperienza descritta da Fleishmann e Pons viene riprodotta, nonostante le informazioni fornite dai due elettrochimici siano vaghe e spesso si lavori cercando di comprendere i dettagli di costruzione della cella dalle fotografie dei giornali. In Italia Scaramuzzi dell'ENEA scoprirà deboli emissioni di neutroni da un sistema contenente deuterio gassoso; quest'esperienza sarà definita la via italiana alla fusione fredda.
La reazione rabbiosa della concorrenza (la fusione calda) e i numerosi fallimenti uniti alle dimostrazioni teoriche dell'"impossibilità della fusione fredda" condussero quindi a un'atmosfera da guerra di religione. Pons e Fleishmann si ritrassero limitandosi a rispondere alle critiche che le condizioni della loro esperienza sono diverse. Risposta che si rivelò corretta ma per poterla accettare occorre andar oltre quello che la comunità scientifica è disposta a riconoscere.
Per questo la modellizzazione teorica del fenomeno passa praticamente inosservata. Nel maggio 1989 Preparata, Del Giudice e Bressani pubblicano sul Nuovo Cimento un breve lavoro nel quale iniziano a tratteggiare le idee che conducono alla comprensione teorica della fusione fredda. Il compianto professor Preparata illustrerà queste idee in un seminario a Salt Lake al National Cold Fusion Institute (che ebbe vita breve…) nell'estate del 1989 suscitando l'entusiasmo di Fleischmann. Tappa fondamentale per il consolidamento della teoria è la conferenza di Como del luglio 1991. Non mi nascondo che una parte delle difficoltà nell'acquisire credibilità proviene anche da quella confusa zona grigia di inventori della domenica, di archimedi pitagorici scacciati dal mondo accademico-scientifico che sognano ora l'agognata rivincita. Non mi dilungo nell'analisi della sistematizzazione teorica dell'argomento che ha storia lunga che nasce addirittura negli anni trenta con le osservazioni del chimico tedesco Alfred Cöhn che notò strani comportamenti quando ai capi di un filo di Pd carico di idrogeno si applicava un voltaggio e che lui interpretò come elettromigrazione di protoni, che descrisse e documentò e che prese il nome di "effetto Cöhn" e passa attraverso gli esperimenti di Kervran le cui osservazioni sulle "trasmutazioni a debole energia" verranno sistematizzate nel testo "Transmutationes Biolgiques" (Maloine, Paris 1962 – e in italiano a cura del coraggioso editore siciliano Giannone). L'approccio teorico fornito dal professor Giuliano Preparata insieme a Del Giudice e Bressani ha fornito risultati sperimentali evidenti e perfettamente riproducibili. La quantità di sperimentazioni diverse e riconducibili a un paradigma teorico coerente ed univoco non si contano più. Eventualmente si potrà approfondire in una nota successiva lo sviluppo della Quantum Electro Dynaqmics e della Quantum Electro Dynaqmics "coerente" così come è stata sviluppata dal professor Preparata e che porta a una rivoluzione concettuale sui fondamenti della meccanica quantistica.
Preparata disse: Noi siamo stati boicottati in un modo tenace e insensato dalla scienza ufficiale, dalla finanza internazionale e da tutti i poteri forti.
Oggi la storia si ripete? La produzione dell'apparecchio di Rossi e Focardi con l'annuncio da parte di una azienda greca con sede a Cipro della costruzione di una centrale elettrica da 1 MW basata sul brevetto dei due suddetti, nonché la possibile commercializzazione di un comodo apparecchio installabile in ogni abitazione e ilo silenzio di tomba con il quale tutta la vicenda è stata accolta dai media tradizionali, fa pensare di sì, però… manca per il momento la levata di scudi dell'apparato accademico, lo scherno, le vessazioni inquisitorie. Forse che la "cornice" di cui parla Lakatos si sta infrangendo? Disse Richard Feynman, premio nobel per la fisica, "Fino a che si è solo disposti sfavorevolmente ma non si ha un pregiudizio assoluto, si finirà prima o poi per tener conto degli esperimenti anche se i risultati sono diversi dalle nostre aspettative. Se invece si è assolutamente certi in anticipo di qualche precondizione che la scienza deve soddisfare si arriverà addirittura a trascurare i risultati. Per l'esistenza stessa della scienza è necessario che esistano delle menti che non ammettono che la natura debba soddisfare delle condizioni preconcette".
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