Fenice, una lunga soria di silenzi e violazioni(Gazzetta del Mezzogiorno, 2 ottobre 2011)

da Gazzetta del Mezzogiorno, 2 ottobre 2011

Fenice e “Il Principio di Precauzione”
 
Otto domande a Regione e Provincia
 
Di Maurizio Bolognetti, Direzione Nazionale Radicali Italiani
 
Il 7 febbraio del 1992 veniva ratificato, in quel di Maastricht, il Trattato sull’Unione Europea(TUE). Il Titolo XVI di questo importante documento è dedicato all’Ambiente, e con l’art. 130 viene introdotto l’importante concetto del “Principio di Precauzione”. Nel trattato, infatti, si afferma che “la politica della Comunità in materia ambientale è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio chi inquina paga”. Il citato “Principio di precauzione” viene ripreso dall’art. 174 comma 2 della versione consolidata del Trattato e viene recepito “ufficialmente” dal legislatore italiano con l’approvazione del “Codice dell’Ambiente”(D.LGS 152/2006) e precisamente attraverso l’art. 301 che recita: “In applicazione del principio di precauzione del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente, deve essere  assicurato un alto livello di protezione.” Il concetto viene ulteriormente ribadito e sviscerato attraverso l’art. 3-ter del Decreto Legislativo 4/2008(integrativo del D.LGS 152/2006): “La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva…”
Il citato principio di precauzione, come è fin troppo ovvio, andrebbe applicato anche alla gestione dei rifiuti. E infatti, con il Decreto Legislativo 205/2010(disposizione di attuazione della Direttiva 2008/98/CE e integrativo del D.LGS 152/2006) si afferma che “La gestione dei rifiuti e' effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione…” Nel sopra citato decreto, inoltre, si afferma “che la gestione dei rifiuti e' effettuata nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali” e che i rifiuti devono essere gestiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente. Il legislatore  si premura di codificare anche una gerarchia nella gestione dei rifiuti, mettendo ai primi tre posti prevenzione, preparazione per il riutilizzo e riciclaggio. Insomma, quanto l’Europa va predicando da tempo in materia di gestione della monnezza.
 
Alla luce di quanto esposto, ritengo urgente porre al Consiglio Regionale di Basilicata, al Consiglio Provinciale di Potenza, al Governatore De Filippo, al Presidente Lacorazza e agli assessori all’ambiente di Regione e Provincia alcune domande.
 
  1. Nella vicenda Fenice è stato applicato il principio di precauzione sancito da trattati e direttive dell’Unione e recepito dal nostro legislatore?
  2. Il fatto che Fenice Spa, oggi opportunamente trasformata in Srl, operi in assenza di una Autorizzazione Integrata Ambientale rispetta il “Principio di Precauzione”?
  3. Il fatto di non aver comunicato ad Enti e cittadini per quasi dieci anni che era in corso un inquinamento delle matrici ambientali del vulture-melfese, non è una palese violazione dell’art.5 comma c della Convenzione di Aarhus?
  4. Nella vicenda Fenice non è riscontrabile la violazione degli articoli 244, 301 e 304 del D.LGS 152/2006?
  5. L’Italia e la Regione Basilicata, il 31 marzo del 2011, sono state condannate dalla Corte di Giustizia Europea per la violazione della direttiva 2008/1/CE che impone il rilascio di un’autorizzazione per tutte le attività industriali e agricole che presentano un notevole impatto inquinante. L’autorizzazione “provvisoria” all’esercizio rilasciata dalla Provincia di Potenza alla Edf, nelle more del rilascio dell’AIA(autorizzazione integrata ambientale), non va a configurarsi come violazione della sopra citata direttiva?
  6. E’ accettabile che un ex Commissario Arpab affermi di non essere stato informato di una grave contaminazione in atto delle falde acquifere del fiume Ofanto, sia nella veste di Commissario dell’Agenzia per l’Ambiente che nella veste di Capo del Dipartimento Ambiente della Regione, e che altrettanto faccia un assessore regionale?
  7. Nella vicenda Fenice è stato applicato quell’alto livello di protezione di cui parla l’art. 301 del D.LGS 152/2006?
  8. La gestione dei rifiuti da parte di Fenice è avvenuta nel rispetto di quanto previsto dalla Direttiva 2008/98/CE, cioè senza creare pericoli per la salute umana e senza recare pregiudizio all’ambiente?
 
Alle domande poste ho personalmente più volte dato una risposta, ma sono davvero interessato a conoscere l’opinione di tutti coloro che, a vario titolo, sono coinvolti nel “Caso Fenice”. In base al “Principio di precauzione”, l’inceneritore prima Fiat e poi Edf andava chiuso già nel 2002; invece, per quasi otto anni si è taciuto e un intreccio perverso, che ha reso indistinguibile controllore e controllato,  ha consentito l’avvelenamento delle falde con ogni sorta di veleni tossico-nocivi e cancerogeni.
 
Difficile non ravvisare la malafede nelle parole di chi afferma che non ci sono prove dell’impatto sulla salute umana prodotto da Fenice, solo perché nessun cittadino, nel rivolgersi alla sanità pubblica, ha dichiarato ufficialmente di essersi ammalato a causa dell’inceneritore. A costoro gioverà ricordare la vasta letteratura scientifica, che documenta i danni alla salute umana prodotti da un “normale” funzionamento di questi impianti industriali. I Dirigenti dell’ASP di Venosa farebbero bene ad intraprendere seri studi epidemiologici, ad aggiornare il registro tumori e, perché no, a varare Mappe epidemiologiche geografiche. Strumento, quest’ultimo, che consentirebbe di rilevare anomali tassi di incidenza di malattie in prossimità di impianti industriali.
 
Qualcuno sembra aver dimenticato che gli impianti di incenerimento rientrano fra le industrie insalubri di classe I in base all’art. 216 del testo unico sulle leggi sanitarie e che già il normale, e non “anomalo” funzionamento come nel caso di Fenice, fa sì che questi impianti riversino sulle matrici ambientali sostanze estremamente tossiche, persistenti e bioaccumulabili, quali ad esempio Cadmio, Nickel, Mercurio, oltre alle polveri grossolane(PM10), fini(Pm2,5), ultrafini e a diossine, furani, PCB e IPA.
 
L’art. 4 della direttiva CE 2006/12(sostituita dalla direttiva 2008/98/CE) recita: “Gli stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare che i rifiuti siano recuperati e smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo.
 
L’Arpab, la Regione Basilicata e la Provincia di Potenza nel caso Fenice hanno palesemente violato anche l’art. 4 della sopra citata direttiva.
 
Così come sono stati violati gli obblighi sulle percentuali di spazzatura da riciclare, imposti prima dal Decreto Ronchi e poi dal D.LGS 152/2006. E questo per non dire di quanto enunciato  dalla UE, in assoluta continuità con precedenti direttive, attraverso la 2008/98/CE, nella quale si afferma che gli Stati membri non dovrebbero promuovere, laddove possibile, lo smaltimento in discarica o l’incenerimento, ma operare in linea con la gerarchia dei rifiuti e con l’obiettivo di realizzare una società del riciclaggio.
 
Chissà perché in Basilicata si preferisce, invece, continuare a puntare sul binomio discarica-inceneritori.
 
A tutti i protagonisti più o meno volontari, più o meno involontari, agli smemorati e ai signori della Asp di Venosa, ai Freschi e ai Sigillito, ai Santochirico e ai Mancusi, noi imputiamo la responsabilità di aver operato contro l’interesse della comunità lucana e in aperta violazione delle direttive UE e delle leggi della Repubblica e della stessa Costituzione, in piena sintonia con i devastanti effetti di un sessantennio partitocratico, che ci fa assurgere al ruolo di “stato canaglia” pluricondannato dall’Europa in materia ambientale, così come sul fronte dell’amministrazione della Giustizia.  

Fonte: http://lucania.ilcannocchiale.it/post/2683020.html

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