La macelleria delle Istituzioni

Articolo da: Agenzia Radicale

http://www.agenziaradicale.com/index.php?option=com_content&task=view&id...

di Zeno Gobetti

Quando si è persa la bussola non resta altro che proporre mille direzioni diverse da seguire per restare esattamente dove si è. Oppure, se si vuole usare un’altra nota frase, è necessario che tutto cambi affinché tutto resti come prima.

Questi concetti mi sembra possano descrivere le proposte di riforme istituzionali che stanno maturando da più parti nelle ultime settimane. In preda al panico della crisi economica e finanziaria che ha colpito il Paese, la parola d’ordine è fare cassa, non importa come, non importano gli effetti che si avranno purché non siano toccati i nodi strutturali dei problemi. Così maturano proposte di riforme istituzionali, a mio parere, prive di criteri o con criteri estranei alla Costituzione.

Così tutti i partiti di opposizione si lanciano in proposte di riforme costituzionali che senza dubbio rispondono (a mio avviso malamente) alle esigenze di contrazione dei costi della politica. Riduzione del numero dei parlamentari, abolizione delle Province, accorpamento dei Comuni sotto i mille abitanti, ecc…

Tutte proposte che così presentate mi sembrano solo parlare “alla pancia” degli elettori alla ricerca di un consenso e di una fiducia che la classe dirigente politica ha perso a causa della sua incapacità di affrontare i veri problemi strutturali economici ed istituzionali del Paese.

Chiarisco cosa intendo, altrimenti  so di ricevere subito l’accusa di essere un difensore dello spreco partitocratrico.

I costi della politica sono indubbiamente alti in Italia e una loro riduzione è auspicabile. Obiettivo che si può raggiungere attraverso un’opera di trasparenza dei bilanci delle istituzioni, dei partiti, dei politici cercando di far emergere chiaramente le spese che costituiscono un inutile privilegio, uno spreco o un vero e proprio furto, da quelle che sono necessarie alla funzionalità di quella istituzione.

Se si vuole tagliare sarà necessario prima identificare gli sprechi e i privilegi prima di proporre soluzioni. Ma su questo punto appare sempre una forte resistenza. Perché questa accanita riservatezza sulle spese che molte istituzioni continuano a reclamare? Per una ragione molto semplice. Perché chi ha in mano le “forbici”, potrà tagliare a propria discrezione salvando ciò che riterrà opportuno per sé senza essere scoperto.

Grazie alle battaglie radicali, molti bilanci di istituzioni sono ora pubblici (ad esempio quello della Camera dei Deputati) con dettagli che hanno suscitato polemiche ma non hanno maturato soluzioni. Ma restano ancora molti ambiti del tesoro pubblico che non sono affatto resi pubblici e che restano nell’ombra fuori dall’osservazione dei cittadini.

Quindi si metta a nudo il bilancio delle istituzioni e poi si vedranno emergere i veri scandali e i veri furti che rendono povero questo Paese.

Non potendo, anzi non volendo fare questo, si preferisce usare l’arma della riforma Costituzionale promettendo rivoluzioni “a basso costo” dell’asseto istituzionale.  Un modo di fare che, personalmente, considero “macelleria istituzionale”, riforme di quantità e non di qualità.

Ad esempio, la riduzione della metà dei Parlamentari che negli ultimi giorni è stata proposta, a quale criterio si ispira? Che i quasi mille parlamentari siano troppi possiamo anche essere d’accordo. Ma perché ridurli della metà? Perché non del 75% o del 90 %? Con quale criterio si sparano cifre a caso? Immagino che la metà possa essere una bella cifra ad effetto per parlare agli elettori, ma mi sembra che qui si stia guardando il dito mentre sfugge ancora la Luna.

Con questo sistema elettorale il taglio del numero dei parlamentari è solo una manovra per ridurre ancora la rappresentatività del Parlamento rispetto alle preferenze dell’elettorato.

Ciò che conta non è il numero dei Parlamentari, ma le loro capacità e la loro effettiva possibilità di rappresentare interessi (nel senso alto del termine) e di indirizzare e controllare la politica dell’esecutivo. Quindi la domanda principale da porsi non è “quanti” parlamentari, ma “che” parlamentari vogliamo.

L’attenzione deve spostarsi sui criteri di selezioni della classe politica, ovvero sull’insieme delle leggi elettorali. Se si introducesse un sistema maggioritario il problema del numero dei parlamentari sarebbe di facile soluzione. Stabilito un numero minimo ( ragionevole) di elettori per collegio, si potrebbero formare e contare i collegi.

Ecco risolto l’annoso problema del numero. Si potrebbe persino stabilire che il Senato ( che a me piacerebbe veramente federale) sia formato attraverso il criterio di un Senatore per Provincia creando un criterio di legittimità differente rispetto ai deputati eletti per collegi simili. Ma questo non si vuole fare perché comporta una selezione vera della classe politica. Questo spaventa molto di più che ridurre il numero della metà.

Aggiungerei in conclusione, una mia osservazione sulla fattibilità di una riforma di questo tipo. Una riforma costituzionale, per quanto banale possa essere, deve seguire un procedimento aggravato che, in genere, porta via più di un anno di tempo nel caso non ci siano particolari opposizioni.

Chiaramente ne emergeranno non poche di opposizioni sia alla Camera che al Senato, il che significa che una riforma di questo tipo potrebbe richiedere più tempo della vita stessa della legislatura, sempre che la legislatura non termini prima. Cosa serve dunque fare queste proposte ad effetto se poi si ignorano i problemi centrali del mal funzionamento delle istituzioni?

Servono a dare in pasto ad un elettorato, giustamente scontento, soluzioni a buon mercato senza ragionare sulle cause e sulle possibili e difficili soluzioni da affrontare veramente. Un po’ di fumo negli occhi nella speranza che non maturino proposte molto più serie e molto più radicali.

Fonte: http://www.radicalimasi.bo.it/blog/2011/08/22/la-macelleria-delle-istituzioni/

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