MILANO 1992 NAPOLI 2011
di Paolo Macry dal “Corriere del Mezzogiorno”, 24-07-2011
La prima Repubblica finì a Milano, con le inchieste del pool di Antonio Di Pietro e lo scioglimento degli storici partiti italiani. La seconda Repubblica sembra morire a Napoli, con l’inchiesta di John Woodcock, che promette di affossare i nuovi partiti emersi vent’anni fa. E a Napoli prende forma un magma politico tuttora indistinto. La terza Repubblica, forse. Già nei metodi adottati da Francesco Saverio Borrelli e da Giandomenico Lepore, le differenze tra 1992 e 2011 appaiono nette. Se Mani Pulite fu costruita pezzo dopo pezzo, a partire dal caso Chiesa, mettendo assieme induttivamente singoli episodi di reato, i pm di Napoli sembrano preferire al mosaico empirico delle responsabilità il teorema della Spektre: svelano una ragnatela occulta e minacciosa che, fin dal nome, allude alle trame del Venerabile Gelli. Alla gogna finiscono non più le macchine organizzative dei partiti, ma presunte associazioni a delinquere di mediatori d’affari, appaltatori, notabili politici. Lobby. E non solo. Se la procura di Borrelli poté fregiarsi della geometrica potenza dei suoi pm e ostentò distanza dalla politica e coesione interna, negli anni scorsi la procura napoletana ha tenuto comportamenti non proprio omogenei nei confronti degli amministratori di sinistra e di destra, ha registrato brucianti insuccessi (caso Romeo), ha avuto vicende altamente conflittuali, come fu la faida su Agostino Cordova. Ma tutto questo conta poco, perché nel frattempo il rapporto tra politica e giustizia sta cambiando natura. «Oggi i magistrati, preposti al controllo sulla pubblica amministrazione, passano poi a gestirla direttamente», ha denunciato ieri Claudio Botti, ricordando come a Palazzo San Giacomo siedano un ex pm come sindaco, un pm in aspettativa come assessore e un ex ufficiale di polizia giudiziaria come capo di gabinetto. L’intreccio fra giurisdizione e politica è vistoso. Rispetto a vent’anni fa, i magistrati non si limitano a colpire i vizi presunti della cosa pubblica, ma vanno essi stessi ad amministrare la cosa pubblica, avendo di fronte non più uno schieramento per quanto malmesso di partiti, ma un arcipelago parlamentare e locale di esponenti politici, la cui capacità di governo e la cui legittimazione popolare appaiono ai minimi termini. Non è un caso che, questa volta, la spallata giudiziaria venga dalla città dei rifiuti e della camorra, di un centrosinistra fallimentare e di un centrodestra debole e diviso. E a Napoli sembra prefigurarsi quella che potrebbe essere la terza Repubblica. Luigi de Magistris ha tutte le caratteristiche di una stagione di anti-politica. È libero da ogni tutela e vincolo di coalizione. La moneta di cui dispone — legalità, decisionismo, rivolta antipartitocratica, partecipazione — sembra singolarmente adatta ai tempi. Ed essendone ben consapevole, de Magistris si comporta da sceriffo vendicatore, mette in riga la cronica trasgressione urbana, incontra associazioni volontarie e non segretari di partito, usa a piene mani i social network, spettacolarizza il corpo del re preparandosi a recitare un vero e proprio show politico sul palco di piazza Plebiscito. L’ex comunista Bassolino, rispecchiando la seconda Repubblica, cercò di costruire un partito personale. L’ex pm, apripista di una terza Repubblica ben più leaderistica, sembra non avere bisogno neanche di questo.
CondividiFonte: http://www.perlagrandenapoli.org/?p=4030
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