Fuori le balle
Viaggio tra i veleni di Napoli Est. l’inchiesta finalista al concorso Eretici Digitali del Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia
Napoli- Il problema è che di fatto non esiste un problema. La situazioni rifiuti è estremamente comoda, per tutti. Per la Regione, le Province ed i Comuni che da quindici anni incassano i compensi da spartirsi all’interno delle società partecipate e delegano le responsabilità al governo. A chi sta seduto a Palazzo Chigi la gestione di un enorme giro di affari e visibilità fa comodo. La sola cosa sicura è che chiunque si sieda al tavolo di questa gigantesca torta ne esce con la pancia piena e la coscienza pulita, come la Impregilo, che dopo la costruzione dell’inceneritore di Acerra e le circa nove milioni di eco-balle che dovevano essere smaltite “per legge”, ha ceduto per la cifra di 355 milioni di euro la gestione dell’inceneritore alla lombarda A2A, senza che nessun membro del Governo si impegnasse a far rispettare la legge che la obbligava a provvedere allo smaltimento dei rifiuti. Sono tante le questioni “oscure” che avvolgono questa vicenda. Alcune condurrebbero ad un accordo tra lo Stato ed il numero uno del clan dei Casalesi Michele Zagaria. Secondo Rosaria Capacchione del Mattino queste verità sarebbero contenute all’interno di due verbali di seduta della Commissione sulle ecomafie in cui si parla di terreni acquistati dai Casalesi e rivenduti allo Stato a prezzi oltre venti volte superiori al loro valore. Ma quelle informazioni sono inaccessibili. Non perché protette da segreto investigativo, ma perché il presidente della Commissione, Gaetano Pecorella, ne ha vietato la diffusione.
I Veleni di Napoli Est
«Ti faccio vedere la situazione dietro lo scasso se hai tempo…» Comincia così il nostro viaggio a Napoli Est, terra di veleni. Domenico Incarnato del comitato civico di Ponticelli “No all’inceneritore”, ci guida attraverso le strade buie di questo luogo di confine: lo scasso. «Quasi tutte le baracche dei rivenditori sono sotto sequestro. Appena arriva la Magistratura, gli danno fuoco, per evitare scoperte scomode». Quintali di rifiuti – anche speciali – lasciate marcire sotto i ponti.
In quest’area sorge il depuratore delle acque di Napoli Est. Sugli stessi terreni nascerà l’inceneritore.
Partiamo da qui per il nostro viaggio nelle discariche a cielo aperto di Napoli Est.
La più grande, sotto il ponte della superstrada, dietro il Palavesuvio. Centinaia di copertoni, di automobili, vasche e frigoriferi, una carcassa d’auto, frutta marcia, materiale di risulta, scarti di lavori di giardinaggio. Se leggiamo il CER (Catalogo Europeo dei Rifiuti), in vigore dal primo gennaio 2002, possiamo capire i confini del disastro.
Le carcasse d’auto abbandonate sono rifiuti pericolosi (CER 16 01 04) e possono contenere al proprio interno ulteriori rifiuti pericolosi: filtri dell’olio, pastiglie per freni contenenti amianto, carburanti e oli combustibili. Si vedono anche sacchetti indicanti la “X” di tossico con all’interno materiale di risulta: leggiamo nel CER che i miscugli o le scorie di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche contenenti sostanze pericolose sono rifiuti pericolosi a tutti gli effetti (CER 17 01 06).
Situazione simile, ma in aperta campagna, nei terreni antistanti la base dei Vigili del fuoco: due veicoli totalmente ossidati, numerosi scarti elettrici, rifiuti bruciati e ormai sotterrati da vegetazione. Vere e proprie montagne di spazzatura, che il tempo e la natura hanno ricoperto.
Questo è solo ciò che colpisce la vista, senza analisi chimiche specifiche.
Tra gli agenti inquinanti che l’ARPA (Agenzia Regionale Protezione Ambientale) Campania individua, esiste la categoria “particolato atmosferico”: micro particelle sospese nell’aria. Pericolose perché possono essere respirate, provocando danni alla salute: «per le loro piccole dimensioni (da 0,0002 micrometri a 10 micrometri), sono in grado di raggiungere gli alveoli polmonari dell’uomo apportandovi anche altre sostanze inquinanti [...]. Esse possono provocare aggravamenti di malattie asmatiche, aumento di tosse e persino convulsioni, oltre agli effetti tossici diretti sui bronchi e sugli alveoli polmonari». L’ARPA dell’Emilia Romagna, citando dati e studi dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), entra nel dettaglio:
«Gli studi epidemiologici hanno evidenziato una relazione lineare fra l´esposizione a particelle ed effetti sulla salute. Vale a dire, che quanto più e´ alta la concentrazione di particelle nell’aria tanto maggiore è l´effetto sulla salute della popolazione». Sono indicati anche gli effetti delle più pericolose (pm10 e pm2,5) che possono essere «di tipo acuto», nei giorni in cui la concentrazione è più elevata – «aggravamento di sintomi respiratori e cardiaci in soggetti predisposti, infezioni respiratorie acute, crisi di asma bronchiale, disturbi circolatori e ischemici» – e di tipo cronico – «sintomi respiratori cronici quale tosse e catarro, diminuzione della capacità polmonare, bronchite cronica, ecc.)».
L’ente emiliano cita il documento “Linee guida sulla qualità dell’aria OMS 2000” , indicando effetti a breve e lungo termine: per un incremento dello 0,7 per cento di pm10 corrisponde un aumento dello 0,6 – 0,9 per cento di mortalità giornaliera totale nel breve periodo. Nel lungo periodo, la mortalità complessiva aumenta tra il 3 e il 18 per cento se nell’aria la quantità di pm10 ha un incremento del 10 per cento.
La situazione non è delle più rosee a Napoli Est. Nell’ultimo intervallo registrato dalle centraline dell’ARPA Campania si registra un aumento esponenziale delle polveri sottili a Ponticelli (ITIS di via Argine) e nei pressi della stazione di piazza Garibaldi. Nel dettaglio, tra gennaio e marzo del 2009 a Ponticelli si sono registrati sforamenti dei livelli consentiti di pm10 per 9 giorni di rilevamento; nello stesso periodo del 2010 i giorni di sforamento sono 38, quasi un giorno ogni due. Per la centralina delle Ferrovie dello Stato, l’incremento è stato da 31 (gennaio/marzo 2009) a 48 (gennaio/marzo 2010), giungendo al 54,5 per cento di giorni di sforamento. I dati relativi alle polveri sottili mancano dal giugno 2010: causa le centraline guaste o funzionanti a singhiozzo. Entro gennaio di quest’anno dovrebbe essere assegnata la gestione a una nuova società. Il bando è stato pubblicato dall’ARPA il 28 luglio scorso. Prevede un importo di 1 milione e 132mila euro per 36 mesi di gestione. L’ultimo appalto, assegnato al Consorzio STA (sviluppo Tecnologie Ambientali), per un identico periodo di gestione (3 anni), prevedeva un importo di 3milioni e 370 mila euro.
In una tale situazione risulta complicato monitorare la qualità della salute dei cittadini e l’incidenza di malattie legate all’inquinamento ambientale. Fatto aggravato dall’assenza di un Registro Tumori. Già nel Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 si promuoveva «la rilevazione della incidenza dei tumori» attraverso tali registri. In Campania il primo è stato istituito nel 1995 dall’ASL Napoli 4 (35 comuni della provincia nord di Napoli) e il secondo per la provincia salernitana nel 1996. L’attività dei registri copre una popolazione di circa un milione e 600mila abitanti (poco meno del 30 per cento del totale). Per il resto, niente è stato fatto. L’ultimo provvedimento regionale in materia risale al luglio 2007: sono stati stanziati due milioni e mezzo di euro per lo sviluppo e la creazione di nuovi Registri e l’implementazione delle attività dell’OER (Osservatorio Epidemiologico Regionale). Nella delibera 1293 si premette: «nella Regione Campania, in relazione anche all’attuazione dei programmi legati alla risoluzione delle problematiche derivate dalla gestione dei rifiuti, è necessario ed improcrastinabile pianificare lo sviluppo di attività di sanità pubblica e sorveglianza epidemiologica dello stato di salute della popolazione». L’obiettivo atteso: «ampliare la quota di popolazione coperta da registri tumori, in particolare estendendo l’osservazione alla provincia di Caserta e all’intera provincia di Napoli».
L’incenerimento dei rifiuti
Nel corso degli anni si è spesso assistito ad un teatro di opinioni e luoghi comuni sulle varie sigle e comitati che hanno lottato con forza contro l’apertura di discariche, inceneritori e in generale hanno espresso il loro dissenso nei confronti della gestione del ciclo integrato dei rifiuti in Campania. Eppure in pochi hanno sottolineato i punti cruciali che sono alla base dei risentimenti della cittadinanza nei confronti di una classe politica incapace di realizzare un vero piano integrato e a cui alla domanda di soluzioni concertate ha sempre risposto con due soli dogmi: inceneritori e discariche.
Dove nascono gli interessi imprenditoriali nei confronti dell’incenerimento dei rifiuti? La risposta risiede in una sigla che alla maggioranza dei cittadini dice poco o niente, ma che gli addetti ai lavori riconoscono come una anomalia del tutto italiana: i CIP6
Il Cip6 è un provvedimento del Comitato Interministeriale Prezzi adottato il 29 aprile 1992, che stabilisce prezzi incentivati per l’energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili e assimilate.
L’aspetto critico principale è l’incentivazione di impianti a fonte assimilata, ovvero a impianti alimentati da fonti di origine fossile: in pratica, una quota superiore al 70 per cento dei contributi è stata indirizzata a questi impianti, anziché a quelli a fonte rinnovabile: Nel 2006 gli inceneritori hanno ricevuto dal GSE 1.135,9 milioni di euro contro i 223,8 del geotermico, i 202,6 dell’idroelettrico, i 195,8 dell’eolico, e gli 0,04 del solare. A questi vanno aggiunti gli incentivi forniti alle fonti “assimilate”: 2179,8 milioni ai rifiuti dei cicli industriali e 2181,7 ai combustibili fossili. In totale su 6119,8 milioni di euro versati dallo Stato come “contributo alle fonti rinnovabili di energia”, solo 622 milioni sono andati a solare, eolico, geotermico e idroelettrico, pari a poco più del 10% (fonte GSE FISE Assoambiente). Secondo quanto riferito nel rapporto annuale dell’Autorità per energia elettrica e gas (5 luglio 2007) la quota delle fonti “assimilate” è in continuo aumento. I maggiori beneficiari sono stati l’ENEL, l’Edison, l’ENI, l’ASM di Brescia (ora A2A dopo la fusione con la AEM), l’ACEA Electrabel, l’EGL Italia, la Sorgenia e la Modula.
La sigla A2A ci porta alla momentanea sospensione di questo viaggio con l’immagine dell’unico inceneritore di fatto realizzato in Campania: quello di Acerra. Tra le questioni più allarmanti che soggiacciono alla progettazione, costruzione e gestione di questo megaimpianto, ne abbiamo scelte due, tralasciando, per dovere di sintesi, gli intricati aspetti economici che hanno consentito alla Impregilo di porre come garanzia finanziaria, per la costruzione dell’inceneritore , le “eco” balle che dovevano essere smaltite e che giacciono ancora al loro posto.
Il primo punto è la questione riguardante il funzionamento dell’inceneritore. Quello che il giorno dell’inaugurazione è stato definito un impianto all’avanguardia si è rivelato essere un impianto già vecchio prima di nascere; il frutto di una progettazione approssimata in cui hanno prevalso logiche affaristico – criminali piuttosto che la volontà di tutelare la salute dei cittadini. Cittadini che ancora aspettano un polo pediatrico.
La seconda questione riguarda le “balle”, quelle certificate a norma di legge. Le numerose inchieste condotte dai magistrati, il dossier di Legambiente e le inchieste giornalistiche, evidenziano una questione fondamentale, che pare sfuggire ai legislatori che in questi giorni revisionano il DL 196: in Campania un vero ciclo integrato dei rifiuti non è mai partito. Le balle in molti casi sono state distrutte e sversate in discarica (come dimostra l’inchiesta della Procura di Napoli denominata “Rompiballe”) ed il compost, la cosiddetta FOS (frazione organica stabilizzata) non era altro che rifiuto “tal quale”. Così si esprime il gip Rosanna Saraceno a proposito dei rifiuti introdotti all’interno della discarica di Villaricca: « La principale modalità di realizzazione di traffico illecito, in relazione al sito in esame è stata individuata nel conferimento, pressoché esclusivo, di ingenti quantitativi di Fo non sottoposta ad alcun trattamento e falsamente classificata con Cer 190501»
Monnezza, semplicemente questo producono gli STIR, ed in molti casi bruceranno gli inceneritori. Viene da sorridere leggendo un piccolo comma, introdotto dalla nuova legge:« Il comma 3 reca alcune novelle all’articolo 6-ter del decreto-legge 90/2008 finalizzate a consentire l’utilizzo della cosiddetta frazione organica stabilizzata (FOS, anche indicata comunemente come «biostabilizzato») prodotta dagli impianti di tritovagliatura ed imballaggio rifiuti (cosiddetti STIR) quale materiale di ricomposizione ambientale per la copertura e risagomatura di cave abbandonate o dismesse, di discariche chiuse ed esaurite ovvero quale materiale di copertura giornaliera delle discariche in esercizio». Stando a questa legge, basterebbe una semplice certificazione, come accaduto sistematicamente nel corso di quindici anni di emergenza, per continuare a sversare rifiuti in discariche ormai sature.
È possibile che lo Stato sia tanto celere quando si tratta di difendere gli interessi dei grandi gruppi industriali e pecchi di approssimatezza nel tutelare la salute dei cittadini?. Perché gli abitanti di Napoli Est devono accettare un inceneritore nel loro territorio già martoriato da una centrale a tubogas, dal porto turistico, dall’ospedale del mare, dal cemento di decine di palazzine senza che il governo abbia fatto una valutazione dei costi e dei benefici di questo progetto (A.I.R) come segnalato dalla commissione ambiente alla Camera? Probabilmente in Campania il “cosiddetto” Stato ha già trovato i suoi interlocutori, ma questo ai campani non è dato sapere.
CondividiFonte: http://www.perlagrandenapoli.org/?p=3913
- Login to post comments