Carceri lucane: i casi Sacco e Naw assurgono ad emblema di quanto denunciato dai Radicali
Latronico, 6 luglio 2011
Di Maurizio Bolognetti, Direzione Nazionale Radicali Italiani
Quante volte con Marco Pannella abbiamo ripetuto che da decenni in Italia si stanno realizzando “forme di detenzione che non sono previste e tollerate dalla legge italiana e internazionale”. Mentre lo sciopero della fame del leader Radicale va avanti da 77 giorni, nella mozione generale approvata dall’ultimo Comitato nazionale di Radicali Italiani abbiamo nuovamente sottolineato lo stato di illegalità antidemocratica in cui versa l’intera Repubblica Italiana, con il pianeta giustizia e il pianeta carceri che di questa illegalità assurgono ad emblema. L’azione nonviolenta dei Radicali, di Pannella, di Rita Bernardini, di Irene Testa, “ha visto impegnati e coinvolti insieme ai militanti radicali e associazioni come Antigone e Ristretti Orizzonti, oltre 15 mila detenuti, 4 mila loro familiari e decine di agenti, psicologi penitenziari, educatori, direttori di carcere, avvocati dell’Unione camere penali, esponenti di sindacati di polizia e volontari”. Questa mattina, per la prima volta nella loro storia, i direttori delle carceri e quelli degli uffici dell’esecuzione penale esterna scenderanno in piazza per “protestare” - hanno scritto – “sullo stato penoso del sistema carcerario italiano”. Il segretario nazionale del Si.Di.PE, Enrico Sbriglia, ha tra l’altro dichiarato di non essere contrario ad una proposta di amnistia, “soprattutto se servirà a riportare dentro una cornice di legalità il sistema penitenziario”.
E proprio ad ulteriore testimonianza di quanto drammatica sia la situazione che da tempo andiamo denunciando, emerge in queste ore in Basilicata il caso di due detenuti: Rosa Amato e Camara Naw. Entrambi i casi sono emblematici di una detenzione che rischia di tramutarsi in tortura.
Rosa Sacco, da 7 mesi ospite della sezione femminile del carcere di Potenza, fa parte di quel 40 per cento di detenuti in attesa di giudizio. Rosa, 11 anni fa ha subito un trapianto di rene. Ed è proprio a Potenza che inizia la sua via crucis. In base a quanto appreso, i sanitari del carcere di Potenza, incomprensibilmente, non avrebbero somministrato alla ventinovenne calabrese un indispensabile farmaco antirigetto. Inoltre, sembrerebbe che quando la Sacco ha protestato, anziché rendersi conto che stavano mettendo a repentaglio la sua vita e la sua salute, i sanitari potentini avrebbero somministrato alla detenuta, anziché il farmaco salvavita di cui ha bisogno, degli ansiolitici. Risultato finale di questa situazione - che se dovesse trovare conferma sarebbe un incredibile caso di malasanità - Rosa Sacco è attualmente ricoverata in gravi condizioni presso l’ospedale di Matera.
E veniamo al secondo caso, che ha per protagonista un detenuto extracomunitario: Camara Naw.
Il 27 giugno 2011, Naw che, particolare non irrilevante, tra 19 giorni dovrà uscire per fine pena, si ustiona gravemente nel carcere di Matera. Dopo il ricovero in ospedale, il detenuto viene nuovamente tradotto in carcere il 2 luglio. Ad accompagnarlo le prescrizioni dei sanitari che prevedono una medicazione da farsi in carcere il 4 luglio e una seconda medicazione da effettuarsi in ospedale il 6 luglio. In base a quanto apprendiamo, sembrerebbe che in un primo momento i sanitari del carcere di Matera avrebbero disposto che il detenuto venisse medicato direttamente nella cella, in un ambiente tutt’altro che sterile. Sembrerebbe anche che solo a seguito del rifiuto opposto dall’infermiere incaricato, lo stesso sia stato medicato nell’infermeria del carcere, ambiente anche questo tutt’altro che idoneo.
Perché a una detenuta trapiantata non è stata fornita un’adeguata assistenza sanitaria? Perché i sanitari del carcere di Potenza non sapevano che la Sacco aveva bisogno di assumere quotidianamente un farmaco antirigetto? E soprattutto vorremmo chiedere a chi di dovere, a chi ha facoltà di decidere: le condizioni di Rosa, detenuta in attesa di giudizio, sono compatibili con la detenzione?
E ancora, in riferimento al caso di Camara Naw ci chiediamo: E’ stato opportuno disporre nuovamente la traduzione in carcere di un detenuto gravemente ustionato? Chi ha disposto che le medicazioni prescritte venissero effettuate in cella e non in infermeria? Non sarebbe stato opportuno, considerando le condizioni del detenuto, trattenerlo in ospedale? Le condizioni di salute di Camara Naw sono compatibili con la detenzione? L’infermeria della struttura carceraria materana è in grado di garantire un’adeguata assistenza?
Di tutta evidenza, in questi due casi, troviamo una conferma a quanto andiamo da tempo denunciando sulle condizioni di detenzione e su carceri che sono diventate autentici luoghi di tortura per detenuti e agenti di Polizia penitenziaria.
Approfondimenti

Fonte: http://lucania.ilcannocchiale.it/post/2664792.html
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