Domande a Fabio Massimo Nicosia
Articolo pubblicato il 31/05/2011 nella sezione Associazioni
A poche settimane dall'uscita dell'ultimo volume di Nicosia Fabio: "Il Dittatore Libertario", Domenico Letizia intervista Fabio Massimo Nicosia.
Domande a Fabio Massimo Nicosia:
1) Come coniugare la teoria del mercato libero con le istanze di giustizia ed eguaglianza?
Inglobando le istanze di giustizia e di eguaglianza all’interno della teoria del mercato. Occorre quindi rinnovare la teoria del mercato, includendovi una critica degli assetti proprietari, movendo da quelli attuali. E’ quindi anche necessaria una nuova teoria della proprietà. C’è una differenza tra la teoria e la pratica. La teoria, quella costruita sui first best, deve partire da zero, immaginando, come Rawls, una situazione originaria, ma distaccandosi dalle conclusioni di Rawls, dato che, in situazione originaria nessuna persona intelligente costituirebbe uno Stato, né riuscirebbe a farlo, dati gl’infiniti costi di transazione. Lla pratica muove da qui, in una situazione nella quale i titoli di proprietà non sono fondati sul consenso, ma sono di gran lunga inquinati dall’intervento statale, il quale, ad esempio, oltre a foraggiarli, fornisce gratis ai grandi proprietari la tutela dei loro titoli, con mezzi molto variegati, dai copyright alla tutela poliziesca. Qui c’è tutto lo spazio per elaborare riforme di second best, come l’iscrizione in bilancio dei beni pubblici e la conseguente previsione di un reddito di cittadinanza.
2) Perché l’antistatalismo dovrebbe massimizzare i pregi del libero scambio?
Perché i pregi del libero scambio, che è una situazione democratica, vengono offuscati dalla presenza di un monopolista della forza e della moneta, che distorce il mercato e crea privilegi e gerarchie innaturali, ossia che non starebbero in piedi spontaneamente, ove lasciati a sé stessi.
3) Come superare l’eterna contraddizione in campo filosofico tra libertari su giusnaturalismo e utilitarismo?
Essendo tutti un po’ meno dogmatici, e riconoscere tanto gli elementi utilitaristi che, suo malgrado, ci sono anche nel giusnaturalista Rothbard, quanto gli elementi a favore dei diritti che ci sono tanto nell’utilitarismo classico (Stuart Mill, ad esempio) quanto in quello contemporaneo (si veda Harsanyi). Per non parlare del precedente di Thomas Jefferson, che parlava di un diritto innato a perseguire la felicità, e quindi era contemporaneamente giusnaturalista e utilitarista.
4) Nel volume si legge di anarco-capitalismo e anarcosindacalismo, come esprimere contemporaneamente due teorie a primo impatto così distanti?
Non si tratta di due teorie contrapposte. Forse gli anarcocapitalisti non gradiscono sentirselo dire, ma l’anarcocapitalismo IMPLICA l’anarcosindacalismo, dato che, se i datori di lavoro perdono la tutela statuale e sono costretti a comprarsi sul mercato la protezione, nulla impedisce ai lavoratori di fare altrettanto. Non solo: in un tale quadro i lavoratori sarebbero favoriti, dato che i datori di lavoro dovrebbero acquistarsi di tasca propria la protezione, e non l’avrebbero come servizio offerto praticamente gratis dallo Stato. E’ tutto da verificare, infatti, se i datori di lavoro pagano imposte adeguate in funzione del servizio di legittimazione e protezione che ricevono dallo Stato “in cambio” di quella tassazione.
5)Nel mondo libertarian si parla spesso di gold-standard, come superarlo? E perché?
Il gold-standard è una fissazione dei rothbardiani, che non capiscono che la moneta è fondata sulla fiducia e non sul lavoro di minatori che estraggono, pericolosamente e costosamente, biondo metallo. L’oro è una merce come tutte le altre, ha le sue quotazioni borsistiche e di mercato, come il potassio e il cadmio. Non c’è nulla di mistico in una moneta aurea, più di quanto non vi sia in un certificato rappresentativo di merce o di prestazione. La moneta aurea è scarsa, ma non sta scritto da nessuna parte che la moneta debba essere scarsa. Come insegna la dottrina del free coinage, ci vuole tanta moneta, e del tipo, quanta e quale ne richiede la domanda e l’offerta nel mercato.
6)Perché la sinistra libertaria e antiautoritaria non dovrebbe temere il mercato?
Occorre distinguere ancora tra teoria e pratica. Nella teoria, il mercato è un’istituzione onnicomprensiva che tutti include, sminuzzando poteri ed evitando che le minoranze siano schiacciate dalle maggioranze. In questo senso, gli anarchici di sinistra sono più indietro degli anarchici di mercato, perché sono ancora legati a meccanismi decisionali maggioritari, assembleari come i municipi e collettivi di vario tipo. Dal punto di vista pratico, tuttavia, il liberismo attuale è un falso liberismo che va a vantaggio dei più forti e dei loro sostenitori politici, che poi spesso sono le stesse persone. In tale contesto, io non mi sorprendo che gli anarchici di sinistra meno preparati siano contro il mercato, confondendo la teoria con la pratica. Ma come si fa a inverare la teoria e farla diventare pratica? Individuando di volta in volta dei second best, che vadano nella direzione giusta e che abbiano sufficiente appeal anche a sinistra. La teoria rothbardiana della proprietà, ad esempio, con le sue rigidità, non ha alcun appeal a sinistra, e la cosa non mi sorprende.
7) Nel volume si accenna all’agorismo, cosa pensi di questo modello politico/filosofico?
Io nel mio libro parlo di tanto in tanto di agorà, intendendo ricorrere a questo termine greco per indicare la piazza dove le persone possano incontrarsi e discutere, non certo per prendere decisioni vincolanti per tutti. Poi ho scoperto che esiste una corrente di pensiero detta agorismo, fautrice dei mercati neri e alternativi, contro i quali non ho nulla, ma che non mi sembra una teoria particolarmente solida, visto che, se ho ben capito, si fonda a sua volta su un giusnaturalismo errato come quello rothbardiano.
8) Come coniugare pensiero libertario e reddito di esistenza?
Anche qui occorre distinguere due livelli di riflessione. Quello di first best e quello di second best. Al livello della pura teoria, infatti, si tratta di ricostruire la proprietà come un istituto che richiede compensazione a favore dei non proprietari, e ciò su basi libertarie, e cioè sul presupposto che, non solo lo Stato, ma anche la proprietà comporta limitazione della libertà negativa altrui (Cohen), e ogni limitazione della libertà negativa, per un libertario, è legittima solo se comporta una compensazione (cfr. anche Nozick). Io chiamo tale compensazione rendita di esistenza, perché è una rendita fondiaria, di cui è titolare ciascun individuo, in quanto comproprietario originario del bene Terra. Al livello pratico dei second best, si può immaginare di prevedere un reddito di cittadinanza ad opera dello Stato, che trovi supporto finanziario nelle straordinarie ricchezze statali, che attualmente non trovano spazio nel bilancio dello Stato e degli altri enti pubblici.
9) Un elettore quando si reca alle urna con quali criteri dovrebbe esprimere la sua preferenza per non tradire i principi libertari?
Premesso che il voto individuale e non organizzato ha poco senso (un voto su quarantamilioni non sposta niente), bisogna votare per forze politiche che sappiano coniugare la proposta del reddito di cittadinanza con il più possibile rigoroso antiproibizionismo.
10) Dove la teoria anarco-capitalista presenta la sua maggiore pecca?
Nella teoria della proprietà di Rothbard.
11) Cosa diresti agli anarchici “classici”?
In realtà esiste un forte pluralismo anche tra gli anarchici classici. Io l’ho potuto apprezzare in numerosi forum e mailing list. Un consiglio che posso dare è di non confondere la teoria del mercato con l’attuale liberismo, che non è liberismo ma quasi sempre keynesismo.
12) Malatesta parlava di gradualismo. Quanto ha influito nelle tue elaborazioni il pensiero di Malatesta?
Più che influire sul mio pensiero, ho trovato quasi sempre sintonia tra le cose che andavo pensando e quanto scriveva Malatesta nei suoi scritti polemici quasi quotidiani. E’ un autore che va divulgato il più possibile, sia per l’intelligenza delle sue prese di posizione, sia per il suo stile di scrittore a un tempo gradevole, piano ed elegante.
13) E’ praticabile e rispecchia i criteri di mercato l’autogestione dei mezzi di produzione?
Io ritengo che la fabbrica coasiana come la conosciamo stia vivendo un lungo declino, attraverso delocalizzazioni, outsourcing e simili. Alla fabbrica classica si sostituiranno crescenti automazioni, che non richiedono mano d’opera, e semmai federazioni di lavoratori autonomi e di professionisti. Come direbbe Marx, il capitalista sta scavando la terra sotto i propri piedi, ma alla fine di questo scavo non troveremo operai e lavoratori in autogestione, ma gente che sta a casa a godersi il reddito di esistenza, oltre, semmai, a fare un lavoro che gli aggradi.
14) Cosa salvare e superare del marxismo analitico?
Del marxismo analitico va salvato il metodo, che è quello di esaminare i concetti marxiani (proprietà, sfruttamento, etc.), come farebbe un filosofo analitico con i concetti classici della filosofia politica e giuridica. Da superare c’è la scarsa attenzione verso il problema dello Stato. Insomma, i marxisti analitici o sono un po’ statalisti, o non hanno provato attrazione per analizzare anche il concetto di Stato, lasciando questo lavoro a Nozick e agli altri filosofi politici libertarian, in questo caso Rothbard compreso.
15) Perché essere libertario è giusto?
Non so se sia giusto, so che è indice di intelligenza.
16) Quali sono le maggiori pecche della teoria anarco-comunista?
Il collettivismo e, in taluni casi, la faziosità e il fanatismo.
17) Perché un operaio dovrebbe “votare” libertario?
Perché l’idea libertaria, come la intendo io, gli consentirebbe di non fare più l’operaio.
18) Qual è il più grave difetto degli attuali liberisti? ( tenendo presente che i veri si contano sulle dita)
Di difendere gli attuali titoli di proprietà come se fossero tutti legittimi. E poi la teoria e la pratica delle privatizzazioni, che non vanno in favore di tutti i cittadini, ma solo degli amici degli amici che spoliano lo Stato in danno di possedimenti che, semmai, essendo statali, sono di tutti noi.
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