Quei fantasmi nell’urna

di Paolo Macry, da il Corriere del Mezzogiorno, 29-05-2011

Al di là della nuova retorica sul rinascimento (che dovrebbe consigliare prudenza a chiunque abbia più degli anni di Cristo), i napoletani vanno a votare con sentimenti contraddittori, riserve mentali «alla Montanelli». Devono scegliere tra Lettieri e de Magistris e però appaiono motivati anche dalle forti emozioni che circolano in una città cosparsa di rifiuti solidi e di macerie politiche. Nella cabina elettorale, trovano due nomi e cognomi, ma anche i fantasmi di una condizione urbana infelice. E magari finiranno per votare contro quei fantasmi, più che per un candidato. Il fantasma della sinistra è Bassolino. Dopo anni di ferrea egemonia sul territorio, l’ex governatore è scomparso, muto, corrucciato. Dicono che queste elezioni ne sanciscano la fine politica. Certo è che un’intera macchina di potere appare sbriciolata, mentre i suoi uomini più rappresentativi si accodano al presunto vincitore in ordine sparso. E tutti umilmente a piedi, perché l’ex pm non li fa ancora salire sul carro. Sembra l’Italia di piazzale Loreto. Dopo avere celebrato il rito parricida preteso dagli umori popolari, i bassoliniani diventano impunemente postbassoliniani o perfino antibassoliniani. Ma, come nel ’45, uccidere il capo non significa riflettere sulle ragioni del crollo di una stagione politica, assumendosene le responsabilità. Significa, al contrario, rimuovere la memoria e vestire in fretta e furia panni immacolati. Quel rito ha mondato ogni colpa, cancellato ogni deferenza, sublimato la vergogna.

Oggi, contribuendo a rendere opaco il voto, saranno molti i bassoliniani doc che voteranno contro Bassolino e molti i «riformisti» (antibassoliniani d’antan) costretti a far causa comune con i fulminei transfughi del bassolinismo.
Ma anche la destra ha il suo fantasma e si chiama Nicola Cosentino. Del quale, dopo che la magistratura ha indagato sulle sue vicende, si sono dette cose terribili, sebbene al momento non vi siano condanne. E naturalmente Lettieri è diventato, per definizione, «l’uomo di Cosentino». Va detto però che, se oggi Cosentino è una categoria del Male, questo va addebitato per lo più al Pdl e alla sua pilatesca gestione del caso. Il Pdl non ha avuto il coraggio di chiedergli un passo indietro in Campania, ben sapendo che solo grazie a lui (e alla sua intelligenza politica) il partito era riuscito ad accaparrarsi una regione tradizionalmente di sinistra. Ma neppure ha avuto il coraggio di farne un martire, difendendolo dalle accuse e rivendicando la presunzione d’innocenza. Né il nodo è stato risolto quando Berlusconi ha personalmente scelto come candidato sindaco un esponente della società civile, scontentando Cosentino e l’intero Pdl napoletano. Sicché il partito ha sostenuto tiepidamente Lettieri e Lettieri, a sua volta, poco ha potuto per scrollarsi di dosso l’epiteto di «cosentiniano».
È così che si è dipanata la campagna elettorale: tra camaleontismi e fango. Incuranti di una città che meriterebbe proposte concrete e credibili per sciogliere i nodi che la strozzano, molti hanno preferito cavalcare la psiche del parricidio, le ombre dei casalesi o una comprensibile — ma assai generica e viscerale — sete di novità. Messaggi emotivi. Un incipit che, chiunque vinca, non sembra dei più promettenti.

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Fonte: http://www.perlagrandenapoli.org/?p=3475

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