Vel-ENI - Gazzetta del Mezzogiorno, 7 aprile 2011
di MASSIMO BRANCATI
Cos’è accaduto a Viggiano? Cosa ha provocato il malore di 21 operai della Elbe Sud Italia? L’Eni si è affrettata a gettare acqua sul fuoco, smentendo il rilascio di idrogeno solforato in atmosfera. Si tratta di un gas incolore, estremamente velenoso, contraddistinto dal caratteristico odore di uova marce. Insomma, chi vive nei paraggi del centro oli, secondo la società petrolifera, è in vena di miraggi olfattivi. Lavoratori e cittadini, però, giurano di avvertire l’odore nauseabondo. E certe percezioni sono avvalorate dalle prime analisi fornite dalla commissione d’indagine sull’accaduto, istituita dal governatore Vito De Filippo, che ha raccolto quanto registrato dai cosiddetti «analizzatori passivi» dell’Arpab, strumenti capaci di captare quel tipo di gas fino a 10 giorni precedenti l’«ora X»: martedì scorso, quando si è verificato il caso, il livello di idrogeno solforato ha oscillato tra i 2,2 e i 2,7 microgrammi per metro cubo a fronte di una media giornaliera che in passato non ha mai sforato lo 0,5.
Il dato, fanno sapere alla Regione, ha raggiunto livelli di circa un terzo rispetto alla soglia di concentrazione classificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come «odori molesti» (7 microgrammi per metro cubo). Tecnici, periti e ingegneri dell’Arpab hanno lavorato con grande impegno e costanza per raccogliere dati significativi, in grado di fare luce sulla vicenda. E continueranno ad operare anche nei prossimi giorni per acquisire tutte le statistiche connesse al monitoraggio del centro oli, incluse le matrici interne allo stesso stabilimento.
«A partire da oggi - sottolinea l’amministratore dell’Arpab, Raffaele Vita - sarà sul posto un nostro mezzo mobile per approfondire le analisi». La Elbe Sud Italia, teatro dell’intossicazione, è un’azienda situata a circa 200 metri dal centro oli di Viggiano. Gli operai dicono di aver avvertito un forte odore di zolfo: «Ciò - sottolinea Maurizio Bolognetti della Direzione nazionale Radicali Italiani - avvalora l’ipotesi di un avvelenamento determinato da emissioni di idrogeno solforato. Che l’Eni dichiari che non ci sia stato un superamento dei limiti di legge - aggiunge Bolognetti - di certo non scagiona l’azienda, visto che i limiti previsti dalla normativa italiana per l’industria petrolifera consentono emissioni di H2S seimila volte superiori a quelle consigliate dall’Org anizzazione mondiale della sanità».
Oltre ad istituire una commissione d’inchiesta sulla vicenda, secondo Bolognetti, il governatore dovrebbe riflettere sull’impatto che le attività estrattive producono sulla salute dei residenti della Val d’Agri e sull’ambiente. «Il recente convegno propagandistico, organizzato dall’Eni e dalla Regione, dal titolo «Petrolio e Ambiente» - tuona il rappresentante dei Radicali - anche alla luce dei fatti verificatisi alla Elbe, suona come una presa per i fondelli. Occorre una moratoria che blocchi ulteriori permessi, concessioni e raddoppi. Gli interessi dell’Eni, della Total e della Shell mal si conciliano con la tutela della salute, dell’ambiente e delle preziose risorse idriche lucane. La commissione d’inchiesta - conclude Bolognetti - la si faccia per indagare a fondo sui danni prodotti dal centro Oli. Le popolazioni della Val d’Agri - conclude Bolognetti - non possono continuare ad essere merce di scambio per qualche milione in più di royalty».
Secondo Carlo Petrone, segretario regionale della Sel, «accanto alla commissione è necessario attivare l’osservatorio ambientale regionale, mentre Italo Di Sabato, segretario regionale di Rifondazione comunista, chiede alla Regione di inserire nel dibattito sulla «ricontrattazione» delle estrazioni petrolifere elementi a tutela della natura e della salute dei cittadini.
Fonte: http://lucania.ilcannocchiale.it/post/2625975.html
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