Expo senza Bourlag e Strampelli
Expo senza Bourlag e Strampelli
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Expo 2015 è stata un notevole successo organizzativo, anche per la sicurezza dei tantissimi visitatori: di questo l'Italia può andare fiera. Ma se cerchiamo di ricordare quale sia stato il contenuto, il messaggio, il progetto proposto al pianeta, allora qualche nebbia comincia a calare su Rho. Incentrare Expo sul cibo era una delle poche cose ragionevoli o possibili da fare, ma si doveva dare da Expo una visione sul futuro del pianeta. Partiamo da un alimento simbolo come il pollo di Trilussa, ossia che alcuni ne mangiano due, altri niente. Siamo divisi tra oltre un miliardo di obesi e ottocento milioni di denutriti, ma i vasi comunicanti nel mondo non esistono. Inutile chiudere il rubinetto dell'acqua di casa illudendosi che arrivi una goccia d'acqua in più in Mali.
Il cibo deve essere quasi tutto coltivato e consumato localmente e come diceva Norman Bourlag, agronomo e premio Nobel per la pace 1970: se vuoi la pace coltiva la giustizia, ma coltiva anche il campo per produrre grano, senza pane non ci sarà pace. Esodi di disperati, carestie per i cambiamenti climatici, guerre per l'acqua, inquinamento, sterilità o salinità dei suoli mal utilizzati, accaparramento delle terre, perdita di biodiversità causata da deforestazione e pesca eccessiva, sono aspetti correlati a cui dare una risposta che segua la traccia indicata da Bourlag. Anche lui era figlio di profughi, migranti norvegesi scappati dai fiordi dopo la devastante carestia causata da un fungo che distrusse la coltivazione delle patate a metà dell'Ottocento provocando oltre un milione di morti per fame in Irlanda.
Cresciuto in una sperduta fattoria dell'lowa, va all'Università del Minnesota e finisce come agronomo in Messico nel 1944 a fronteggiare quasi da solo la locale produzionedi grano di appena 75o chili per ettaro. Il Messico importava il 55% del grano, senza averne i mezzi: nel 1956 grazie a lui il Messico diventa autosufficiente per la produzione di grano che oggi si raccoglie a 4 tonnellate per ettaro. Bourlag non si ferma e porta i suoi grani migliorati in India, afflitta da continue carestie. Impiegherà solo nove anni per rendere, prima il Pakistan e poi, l'india autosufficiente nel 1974, triplicando la resa per ettaro del grano. Tutti gli altri governi, adottarono i suoi grani e Bourlag divenne membro di tutte le più prestigiose accademie del mondo incluse quelle di Cina ed URSS.
Quest'uomo sapeva di aver salvato dalla sicura morte per inedia più vite umane di chiunque altro, ma sapeva anche di aver salvato più di qualunque organizzazione ambientalista foreste vergini come l'Amazzonia aumentando le rese per ettaro invece di aumentare i terreni coltivati. Come era riuscito nell'impresa il "breeder" statunitense? Incrociando tra loro grani provenienti da vari angoli del pianeta. Come i suoi avi, anche lui doveva combattere un fungo, la ruggine del grano che devastava i raccolti. Ma lui era un agronomo, un genetista, non un semplice contadino.
Per millenni i contadini sono stati dei "selezionatori inconsci", per mutuare una felice espressione di Charles Darwin. Avevano selezionato la pianta più bella, forte o più produttiva ed usavano i suoi semi per dar vita alla generazione successiva. Hanno avuto molti successi, ma fatto altrettanti errori. Borlaug capisce che se vuole produrre grani resistenti alla ruggine deve incrociare le varietà ben adattate ai luoghi con altre varietà resistenti alla ruggine. Ma se vuole farle produrre di più deve diminuire la taglia delle piante, incrociandole con varietà nane giapponesi, nutrendole con buoni fertilizzanti.
Borlaug era un "ibridista", ossia progettava il futuro e se oggi ci sono un terzo degli affamati nel mondo rispetto alle percentuali del dopoguerra è anche per suo merito. Un genio? No. Solo uno scienziato ostinato che voleva migliorare la vita dei suoi simili. Una eccezione? No. Prima di lui un altro agronomo aveva compiuto la transizione da selezionatore a ibridista: un italiano, Nazareno Strampelli. Prima aveva selezionato da grani tunisini un eccellente grano duro, il Cappelli. Poi aveva incrociato grani teneri alti europei e nani giapponesi per ottenere varietà, come Ardito e Mentana, resistenti alla ruggine e capaci di mitigare gli effetti della siccità anticipando la maturazione.
Expo avrebbe potuto celebrare i 150 anni dalla nascita della genetica con le leggi di Mendel del 1865, i cento anni dalla nascita del grano Cappelli (1915) ed i cinquanta dallo sbarco di Bourlag in India (1965) per salvare centinaia di migliaia di vite umane dalle carestie. Poteva indicare la strada di una vera solidarietà tra popoli, di una innovazione scientifica legata al cibo, alla tutela dell'ambiente in cui la genetica viene usata per evitare di spargere i soliti fungicidi (l'ossido di rame) che dal tempo dei romani inquinano prima i terreni e poi la nostra salute.
Poteva essere il luogo dove rispettare i diversi climi ed ecosistemi (così come vengono custoditi al meraviglioso Orto Botanico di Padova) consentendo di produrre cibo buono per tutti. Borlaug spende gli ultimi anni della sua vita per chiedere di usare gli Ogm per aumentare e tutelare la biodiversità e proteggere i raccolti. Non si può dire cosa avrebbe pensato Strampelli degli Ogm, ma, ricorda il suo biografo Sergio Salvi, anche lui fu avversato per aver aperto la strada alla coltivazione di grani innovativi a scapito dei grani della tradizione. L'Italia, ergendosi su Strampelli, poteva riscrivere la storia dell'alimentazione mondiale ad Expo e disegnarne un futuro dove essere protagonisti con le innovazioni tecnologiche che ci consentono oggi di proteggere i raccolti diminuendo l'uso di agrofarmaci. Poteva indicare una via per combattere i cambiamenti climatici e rallentare gli esodi di disperati. Poteva rivendicare di essere la patria della Scienza Galileiana.
Si è ritagliata un ruolo minore, forse quello che più rispecchia la fiducia nella Scienza e nell'avvenire di parte della classe dirigente del Paese.
(Nella foto Norman Bourlag)
Fonte: http://www.associazionelucacoscioni.it/rassegnastampa/expo-senza-bourlag-e-strampelli
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