Dinanzi alla tragedia umanitaria dei migranti ammassati in Grecia non vi è alternativa ad un immediato accoglimento nell’UE
Quello appena trascorso sull’isola greca di Chios è stato un fine settimana denso di sbarchi; sono giunte dalla vicina costa turca di Çeşme diciotto imbarcazioni stracolme di rifugiati.
Su una di esse vi era una donna incinta in avanzato stato di gravidanza. Per moltissimi rifugiati solo shock e tanta paura.
C’era molto vento e alcuni migranti manifestavano segni di ipotermia.
Venerdì, al tramonto, nella baia di Karfas, un gruppo di volontari, per lo più norvegesi, si era riunito in raccoglimento; essi, mano nella mano, hanno commemorato due bambini afgani di circa quattro anni morti la settimana scorsa durante la loro traversata su gommone, rimasti soffocati dalla massa di persone stipate nell’imbarcazione che, in preda al panico, ne temevano il capovolgimento.
I volontari, accorsi nelle isole greche dell’Egeo, da molti paesi del mondo, svolgono un lavoro preziosissimo, in perfetta coordinazione. Sono in contatto tra di loro e con i rifugiati tramite Website, Facebook e WhatsApp.
I migranti, una volta in mare, comunicano tramite Google map la loro posizione e da quel momento scatta l’operazione di soccorso. Le partenze per Atene da Chios stanno diminuendo e si teme che le grandi navi in attesa nel porto possano diventare dei campi di prigione per i profughi. Se il confine con la Macedonia riamarrà chiuso, gran parte dei rifugiati sarà trattenuta nelle isole e nei campi non vi sarà più posto e si dovranno quindi utilizzare anche gli alberghi e ciò, con l’avvicinarsi della stagione turistica, finirebbe col danneggiare l’economia del paese, che già è molto fragile.
È necessario che L’UE attivi subito un programma di riallocazione dei migranti con l’introduzione delle quote. Le speranze per una via d’uscita vengono riposte nel cruciale vertice tra Turchia e UE del prossimo 7 marzo.
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