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Giuseppe CANDIDO
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L’ex insediamento industriale di Crotone è una striscia di terreno di forma rettangolare che, a nord della Città di Pitagora, si estende per circa 5 km per una larghezza di 1,5 km circa e che, in passato, ospitò le fabbriche della Pertusola Sud, della Montedison e, dagli anni ’60, la Cellulosa Calabra spa che produceva pasta di cellulosa. La Pertusola sud, operante con 1000 operai sin dagli anni ’30, trattava il minerale orneblenda (solfuro di zinco) per ricavarne lo zinco metallico generando, come principali prodotti di rifiuto, ferriti di zinco, piombo, cadmio e rame. La Montedison (poi Enimont) fu operante sin dagli anni ’20 occupandosi di trattare fertilizzanti azotati e composti del fosforo fino al 1993 quando, a causa della messa al bando di tali prodotti, passò ad occuparsi della sintesi di zeoliti per il settore dei detergenti con il nome di Sasol Italy spa.

 Fino al 1976, prima dell’entrata in vigore della c.d. Legge Merli, tutte le fabbriche potevano scaricare le loro acque reflue dai cicli di lavorazione nei fiumi o nel mare e potevano “tombare” le scorie solide nel sottosuolo aziendale. Ovviamente anche l’area di Crotone fu interessata da quella dissennata procedura. Per 50 anni legalmente, senza cioè che nessuna legge lo vietasse, v’è stata una contaminazione del suolo e del sottosuolo con conseguente compromissione delle acque di falda.

 Dal settembre del 2001 l’area, oggetto d’indagini della procura di Crotone per le vicende dello smaltimento illegale dei rifiuti avvenute successivamente all’entrata in vigore della legge merli, risulta inserita nei 57 siti d’interesse nazionale (SIN) da sottoporre a risanamento ambientale.

 Sono i 500 ettari dello stabilimento della Pertusola Sud, i 300 ettari dell’ex stabilimento Montedison, le discariche sulla costa per ulteriori 9 ettari e il fondale marino antistante le fabbriche per una lunghezza di circa 5 km. Ma le cose stanno anche peggio. Ma, dal 2001, di questi siti d'interesse non si è interessato granché nessuno e i rifiuti sono ancora là. È stata avviata la mise (messa in sicurezza d'emergenza) ma di bonifica ancora non se ne parla.

«La situazione ambientale in assoluto più difficile e complicata dell’intera Calabria», ha avuto modo di definirla l’ex assessore regionale all’Ambiente Silvio Greco. A differenza delle navi dei veleni che vanno cercate, le scorie tossiche di Crotone si sa dove sono. La questione dei rifiuti tossici a Crotone, una sorta di pentola che, l’indagine Black Mountains di recente conclusa dalla procura di Crotone, svela una realtà peggiore di un incubo.

I dati in possesso del pm Pierpaolo Bruni, titolare dell’inchiesta, parlano chiaro: 290 studenti, a Crotone, hanno nel sangue, nei capelli e nelle urine una concentrazione superiore di 3-4 volte ai livelli normali di metalli pesanti come zinco, nichel piombo, cadmio e uranio. Lo dimostrano i risultati di alcuni test epidemiologici effettuati sotto la supervisione di Sebastiano Andò, consulente della procura e preside della facoltà di Farmacia dell’Università della Calabria. Per anni gli studenti avrebbero assorbito tra le mura scolastiche veleni che possono colpire stomaco, reni e centri nervosi altamente cancerogeni.

Per capire da dove provengono i veleni bisogna fare un passo indietro nel tempo, tornando a quando venne dismesso lo stabilimento industriale della Pertusola Sud appartenente a Enichem (oggi Syndial) un’azienda controllata da Eni dove precedentemente veniva lavorato il salgemma ed oggi incaricata per la bonifica del sito.

Quando, alla fine degli anni 90, si decise di chiudere la Pertusola Sud rimanevano da smaltire 350mila tonnellate di rifiuti tossici (meglio note come cubilot, una miscela altamente tossica di zinco ed altri veleni) disposti in montagne nere e che la gente ricorda benissimo. A un certo punto le montagne nere spariscono.

Per risparmiare sui costi di smaltimento Enichem decise, secondo la ricostruzione fatta dalla procura, di sotterrare il cubilot in 18 zone diverse della città destinate alla costruzione di scuole, edifici pubblici, ville, strade e anche banchine portuali.

È il caso delle “scuole tossiche” e della “passeggiata degli innamorati”, una villa comunale che sarebbe dovuta diventare fiore all’occhiello della città di Pitagora e che invece, oggi, si trova sotto sequestro giudiziario perché stracolma di veleni.

Questo sarebbe stato possibile soprattutto grazie alle pressioni esercitate dai vertici dell’azienda sul governo all’epoca guidato da Romano Prodi che, alla fine, con un decreto del ministro dell’Ambiente Edo Ronchi (siamo nel 1998), classificò il cubilot come materiale non pericoloso se stabilizzato. 
Fu allora che le scorie finirono, insieme ai residui (loppa) d’alto forno provenienti dall’Ilva di Taranto, in una miscela chiamata “conglomerato idraulico catalizzato” (l’ormai famigerato Cic) con il quale, a partire dal 1999, sono stati riempiti, tra gli altri, i piazzali della scuola elementare San Francesco in via Cutro, dell’Istituto tecnico commerciale di via Acquabona, ma anche di centri commerciali, alloggi popolari e villette private, strade e persino la Questura e la banchina del porto di Crotone.

“Quel materiale è utile” - scrive l’ingegner Francia all’Amministratore delegato della TAV - “per il cantiere della tratta Napoli Roma del treno super veloce, noi siamo pronti a proporre condizioni assolutamente competitive accollandoci l’onere del trasporto”.

Un metodo di smaltimento redditizio e sicuro. Secondo il pm Bruni non meno di 83 milioni di chili di materiale tossico sono stati spalmati nei cantieri della città. Altri 127 milioni sono finiti in discariche illegali. Tutto veniva “certificato”.


Che la Calabria fosse in grave situazione di emergenza ambientale, un’emergenza che ormai dura da oltre 14 anni, era noto. Ma che si dovesse arrivare a chiudere le scuole perché avvelenate dai rifiuti tossici e nocivi che la "Pertusola Sud" ed altre aziende hanno vomitato su Crotone, non lo si poteva immaginare.


Montagne (nere)

L’indagine Black Mountains si è chiusa a settembre del 2009 con 45 avvisi di garanzia e la questione dei rifiuti tossici dell’ex Pertusola Sud è stata affrontata in alcune riunioni al ministero dell’Ambiente, durante le quali il sindaco Vallone e la senatrice del Pd eletta a Crotone, Dorina Bianchi, hanno chiesto a gran voce di ampliare la zona del Sin, il sito inquinato di interesse nazionale, in cui parte della città è già inclusa. 
Nel frattempo nella città pitagorica l’emergenza ambientale non accenna a fermarsi: fa la notizia che la procura ha incriminato otto dirigenti della Montedison per la morte di sette operai che nello stabilimento di Crotone avrebbero respirato per oltre vent’anni amianto. Insieme a loro sarebbero morte anche le mogli, che lavavano le loro tute blu, intrise di polveri del materiale tossico.

Dopo che erano stati resi noti i risultati delle analisi del professor Sebastiano Andò, consulente del pm Pierpaolo Bruni che da anni indaga sullo scandalo dello smaltimento dei rifiuti tossici nella città che fu di Pitagora, l’allarme è corso sui media. Il focus della cronaca per qualche giorno. Poi le elezioni e quindi niente più riflettori. Ma i dati epidemiologici non lasciano dubbi: lo screening effettuato su 290 studenti coinvolti parlano di bambini e di ragazzi che hanno assorbito, per anni di esposizione, concentrazioni elevatissime di zinco, nichel, cadmio, uranio e piombo. Metalli pesanti: veleni che colpiscono organi come lo stomaco, i reni e i centri nervosi, e che “fanno da detonatore all’insorgere di tumori”. “Il cadmio – spiegano i consulenti scientifici della procura - è uno dei metalli più tossici a cui l’uomo può essere esposto”. Per capire quali e quanti saranno i danni alla salute di quei ragazzi saranno necessari anni. “Si dovrà valutare periodicamente la funzionalità di organi e apparati target dell’azione dei metalli pesanti”.

Montagne nere che hanno avvelenato una città. Montagne di rifiuti tossici che la “Pertusola Sud” ha scaricato su Crotone e che imprenditori senza scrupoli (o inconsapevolmente) hanno usato per costruire strade, piazze, scuole, ville. Centinaia di tonnellate di cubilot sparse sul territorio. Un composto figlio della fusione dello zinco, che viene usato per produrre conglomerato idraulico. Monnezza pericolosa che si ammassava per essere smaltita. 200mila metri cubi, 400mila tonnellate, di veleni erano stoccati nei depositi dell’industria a dicembre del 1996. Una vera bomba ecologica.

 Successivamente la chiusura delle indagini, il 12 luglio 2010, c'è stata la prima udienza del processo durante cui è stato dato il via libera all'incidente probatorio richiesto dalla pubblica accusa. Poi si dovrà decidere sulla competenza del Tribunale di Crotone nel procedimento visto che, essendo indagato inizialmente anche l'ex ministro dell'Ambiente Edo Ronchi la cui posizione, però, è stata successivamente starlciata, il processo potrebbe passare sotto la competenza del Tribunale dei Ministri. Il 20 settembre si procederà all'affidamento formale dell'incarico al perito individuato dal Tribunale per l'incidente probatorio richiesto dalla pubblica accusa con lo scopo di “cristallizzare” mediante contraddittorio, come elemento di prova, la tipologia e il grado di nocività delle sostanze rinvenute nel sottosuolo dei 24 siti sottoposti a sequestro.

Una volta assunti tutti i dati relativi a questa parte del processo, si potrà infatti procedere alla bonifica dei luoghi.

Oltre cinquanta le richieste di costituzione come parte civile dei genitori dei bambini che hanno frequentato le scuole sotto le quali sono state rinvenute le scorie tossiche (tra loro anche i genitori di una bimba morta di leucemia). Tra le parti civili anche il Comune, la Provincia, l'associazione Fabbrikando l'avvenire, Legambiente, Fare Verde, Enel distribuzione, la cooperativa di pescatori "L'orizzonte" e tante persone singole, che in un modo o in un altro ritengono di essere state danneggiate dallo smaltimento illecito delle scorie industriali.

Quarantacinque le persone per le quali la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio, accusandole a vario titolo di aver realizzato discariche abusive di rifiuti tossici e pericolosi, ma anche di disastro ambientale e avvelenamento delle acque. Secondo gli inquirenti le scorie sarebbero state interrate nel sottosuolo di scuole pubbliche, centri commerciali, alloggi popolari e villette private, strade e persino della Questura e della banchina di riva del porto di Crotone; 24 siti posti sotto sequestro su richiesta della Procura.

 

La giustizia ha i suoi tempi ma i cittadini di Crotone non possono vivere in questa incertezza.


Strade lastricate di veleno

 

A Crotone, il suolo ed il sottosuolo di 24 aree dove si trovano scorie di rifiuti pericolosi, sono state sequestrate nell’ambito dell’inchiesta Black Mountains relativa all’utilizzo del conglomerato idraulico catalizzato (cic) fatto con scorie provenienti dagli stabilimenti Pertusola Sud e dall’Ilva di Taranto.

Il sottosuolo di 18 aree, la gran parte delle quali vicino a scuole ed abitazioni, era stato già sequestrato nel settembre del 2008 ed ora la Procura ha poi provveduto anche al sequestro del suolo.

In altre cinque aree, di cui una vicino ad una scuola, tre campi agricoli ed una zona vicino a case popolari, si è provveduto al sequestro di suolo e sottosuolo.

Il sequestro, disposto dal Procuratore Raffaele Mazzotta e dal suo sostituto Pierpaolo Bruno, è stato eseguito dal personale del Nucleo ambientale della Procura di Crotone, dai carabinieri e dai militari della Guardia di finanza. Da una consulenza tecnica della Procura è emerso che per la realizzazione del conglomerato idraulico veniva utilizzata una miscela di scorie, che dovevano essere trattate e smaltite in discariche speciali, prodotte dal forno cubilot della Pertusola Sud di Crotone e le scorie d’altoforno dell’Ilva di Taranto.

Sostanze altamente tossiche e cancerogene

Le scorie utilizzate per il conglomerato idraulico catalizzato utilizzato nelle aree sequestrate a Crotone sono “altamente tossiche e cancerogene”. È la conclusione alla quale è giunta il consulente della Procura di Crotone al termine delle analisi del terreno delle aree sequestrate. Nella corposa consulenza fornita alla Procura di Crotone è scritto a chiare lettere che “le scorie rilasciano veleni nelle falde acquifere. Se ingerite o inalate sono altamente tossiche e cancerogene”. E ancora: “la scoria cubilot ha presentato una concentrazione di ossidi (di calcio, silicio, alluminio, magnesio e ferro) del 71,5 per cento. Tale valore risulta nettamente inferiore a quello previsto per i rifiuti recuperabili. Tale rifiuto non era ammissibile alle procedure semplificate”.

Le aree sequestrate si trovano nei pressi di scuole, case popolari, campi agricoli dove avviene la coltivazione di ortaggi ed altre strutture pubbliche. Rifiuti che dovevano essere trattati e scaricati in discariche speciali. Invece venivano mescolati con scorie d’altoforno (scoria di produzione della ghisa proveniente dall’Ilva di Taranto) per la produzione del conglomerato idraulico catalizzato con cui si sono costruite le scuole tossiche.

Quando studiare nuoce gravemente alla salute

Black Mountains e la vicenda delle “scuole tossiche” di Crotone finisce anche su Current tv, il network televisivo internazionale di informazione indipendente, fondato da Al Gore nel 2005. “Oltre le solite storie” - recita il video promozionale - “Lo studio nuoce gravemente alla salute”. Il giornalista di Current Franco Fodero si è recato a Crotone proprio sulle Black Montains per intervistare i protagonisti. La madre di una bambina della scuola chiusa a causa dei veleni riscontrati nelle analisi della procura spiega perché non sa cosa dire alla figlia. Una situazione vergognosa!

Il ministro Ronchi istituì una commissione per stabilire se i cubilot fossero pericolosi. Inizialmente la commissione disse “No, il materiale non è pericoloso” ma a distanza di pochi mesi la stessa commissione ne affermò la pericolosità. In realtà la commissione ministeriale non aveva detto che il materiale non era pericoloso ma aveva detto che il materiale, se opportunamente trattato, non era da considerarsi pericoloso. Un'inchiesta partita nel 98, interrottasi per 10 anni e ripresa nel 2008 dal nuovo procuratore di Crotone. Come risulta dalla relazione territoriale sulla Calabria del novembre del 2003, “I rifiuti pericolosi prodotti e illecitamente smaltiti (le scorie Cubilot) sono stati utilizzati per la realizzazione di rilevati e sottofondi stradali di opere pubbliche e private o smaltiti in mare dalla Pertusola”. L'azienda, per legittimare il suo operato, dichiara di essere ricorsa all'applicazione del D.M. del Ministero dell'Ambiente del 5 febbraio 97 (Decreto Ronchi) nella “procedura semplificata” per lo smaltimento dei rifiuti. Secondo il consulente tecnico incaricato dalla procura di Crotone questo rifiuto non era ammissibile alle procedure semplificate. Insomma, di mezzo anche responsabilità a livello nazionale. Bisognerà capire perché il Ministero ha sdoganato le scorie. Di qui il terremoto giudiziario che dalla Città pitagorica arriva sino a Roma. Il procuratore di Crotone Paolo Bruni, intervistato dall'inviato di Current, afferma: “Non ci siamo fermati ai livelli locali. Abbiamo affrontato, in riferimento alla problematica locale, anche delle responsabilità, in nostro parere, di livello superiore. Nel procedimento 1138/99 abbiamo iscritto anche il Ministro dell'Ambiente dell'epoca, l'On. Ronchi, la cui posizione abbiamo immediatamente stralciato trasmettendo gli atti al competente Tribunale dei Ministri. Abbiamo fra i nostri indagati – continua Bruni - anche il capo di gabinetto e il direttore generale dell'epoca. Tre sono i capi d'imputazione essenziali contestati: riguardano la realizzazione di grandi discariche di questo materiale, abbiamo contestato anche il disastro doloso (art. 434 del c.p.) nonché il reato di avvelenamento delle acque, intese non come acque potabili ma come acque della falda e del mare”. Si vuole capire se vi si sia provocato un disastro ambientale consapevolmente. “Lo smaltimento di questo tipo di rifiuti tossici o comunque industriali – spiega la giornalista Francesca Travierso che si è recata assiema alla troupe di Current a Crotone – ovviamente costa molto alla azienda. Allora per ottenere lo smaltimento a prezzi modici probabilmente si ricorreva a questo stratagemma: si vendeva questo materiale ad alcune ditte edili che lo utilizzavano come inerte da costruzione. Peccato che però si è scoperto che questo materiale non era inerte”. Il giornalista di Current incalza: Quindi vuol dire che quelle montagne (di rifiuti) adesso esistono ancora disseminati sul territorio? Alla domanda la Travierso risponde così: “Esistono sparse in almeno 18 siti cui è risalita l'inchiesta Black mountains. Si è scoperto che questo materiale, che ha preso la sigla di “cic” conglomerato idraulico catalizzato, una specie di miscuglio dei residui di Pertusola e della “loppa” d'alto forno proveniente dall'Ilva di Taranto, è stato usato in almeno 18 siti che sono quelli sequestrati dalla procura di Crotone, tra cui scuole, il piazzale della Questura, strade e persino la banchina del porto”. A riguardo il procuratore Bruni ha affermato: “Noi abbiamo sequestrato innumerevoli siti che erano interessati dalla presenza di questo materiale. Abbiamo ritenuto di stimare – continua Bruni - in circa 450.000 tonnellate le scorie “cubilot” che sono state utilizzate, a nostro parere illecitamente, nei sottofondi stradali e di innumerevoli fabbricati”. Tra i siti sequestrati 18 sono ex cantieri delle imprese Giampà e Croton Scavi e, tra questi, ci sono opere realizzate con fondi pubblici come la banchina del porto di cui si è disposto il sequestro sia del suolo sia del sottosuolo. Poi la beffa del piazzale della Questura che, secondo le consulenze della Procura della Repubblica, è classificabile come sito inquinato. Qui gli elementi rilevati sono cadmio, cobalto, arsenico, berillio, piombo, rame e zinco. E infine le scuole come la “San Francesco Alcmeone” frequentata da bambini tra i sei e i dieci anni. Una delle madri dei bambini, Rossella Vazzano del comitato genitori, dichiara all'inviato di Current: “Se sei una persona normalissima, se fai l'impiegato piuttosto che la casalinga, veramente non sai dove porti tuo figlio. Tu sei il genitore che porti tuo figlio in una istituzione che dovrebbe essere la seconda figura che accompagna il bambino dopo te che sei il genitore. È devastante, veramente devastante”. E ancora: “Se ci sono, o se ci saranno, delle ripercussioni sulla salute (dei nostri figli ndr) non si vede subito. Questi sono metalli che hanno un logorio lento nel tempo. È stato siglato un protocollo con diversi attori istituzionali che ha stabilito per un periodo non inferiore a 5 anni questo campione di bambini individuato dalla procura di Crotone sarà sottoposto a delle analisi per eseguire uno screening”. E alla domanda del giornalista che chiedeva se la figlia di Rossella era stata sottoposta ad analisi la mamma, visibilmente affranta, risponde: “No, perché non rientrava nello screening”. E aggiunge: “Il campione riguardava solo i bambini di quarta e quinta elementare ed è stato confrontato con un campione di un'altra scuola dove non c'è stata contaminazione”.

Intanto, il 9 settembre del 2010, viene convalidato il sequestro dello stabilimento ex Sasol di Crotone dove erano state rinvenute discariche abusive con acido solforico e soda caustica.

 

Il Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Crotone, Gloria Gori, ha infatti confermato il provvedimento di sequestro emesso dal sostituto procuratore della Repubblica, Pierpaolo Bruni. Nel suo provvedimento il Gip aveva evidenziato la pericolosità dei rifiuti e la necessità che l'area restasse sequestrata.

 

Giuseppe Candido
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