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Dario Schonberg
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   Il Decalogo per una buona condotta legale

 

Io lo sarei stato un buon avvocato, la legge è il mio cuore ormai.

Non conoscendo i testi della Legge, della Legge il Nerbo?

 

1) La giustizia è la poesia della verità.

L’aula di tribunale sia il suo luogo sacro, l’onere per gli oneri tutti d’ogni onore umano.

Nel confronto, il duello ideale quale ambizione di ogni palpitante poesia di respiro legale.

 

2) Il primo reato è sempre la nascita dello sputato tra le fauci del mondo.

Poi, la sopravvivenza a crescere il senso di colpa d’ogni reo di vita.

Spesso, l’ansia di riscatto di fondo dell’uomo è tesa tutta al riscatto di tanta come immane, pure di sé inconsapevole.

 

3) L’agire dentro la Legge, ai sensi della Legge, nel conforto della Legge, il dolce cuscino su cui deporre il proprio cuore, è sempre l’ottimo punto di partenza per ogni legale ispirazione.

 

4) Con spirito indomito, il riconoscere i propri torti e diritti altrui sia la legge del proprio cuore.

A che non abbia a crescere nel nostro animo l’albero dell’ingiustizia in tutte le sue ramificazioni.

 

5) Il vedere cose, fatti e persone da gli altrui punti di vista.

A ridurre possibilità/ occasioni/ tentazioni dell’albero dell’ingiustizia fin dalle sue radici.

Dignità e sincerità, la possano consegnare la fiducia ad ogni contesa ne la pubblica legale arena.

 

6) Non si dice ma lo si sa: non vince la verità della buona ragione, prevale il più bravo o più astuto, il più foraggiato o convincente.

Dovrebbe trionfare il nobile onesto Buonsenso, il potere dei dindi invece è che documenta, sostiene e fortifica i liberi convincimenti delle argomentazioni, addentro le troppo spesso ipocrite motivazioni.

 

7) Chiedere che l’avversario venga trattato con equità ed umanità, con giustizia, fosse lui il perdente, è amore per la poesia del diritto, la misura e la regola del Buonsenso sempre lo sia.

 

Cool Nel caso del dubbio o dell’incertezza della bilancia della giustizia sulla parte da cui penda la buona ragione, onde evitare sospetti del vile interesse fine a se stesso o della consistenza di una ingiustizia, la poesia che vive nella parte legale sappia pretendere il rimetterci, pur di evitare il razionale indizio che sempre può insorgere nei casi difficili.

I soldi, i diritti urlati a tutto volume, il vile interesse che sempre, l’eccesso e non la misura?

Se v’è dubbio, rimettici! se il solo lecito sospetto altrui sulla tua conduzione ti può ferire, indignare o indurre al dolore.

Poi si sa, gli imbecilli vivono sempre e comunque, pronti a scoreggiare a caso su ogni naso del fronte interiore.

 

9) Nelle aule di tribunale, dove la verità si dichiara e si vuole poesia addivenendo a giustizia, il benessere dello spirito, la dignità della persona o la giustizia stessa quale poesia elevata al sublime, perché debbano essere oscurate dalle avidità molteplici, dalle viltà del mondo e loro relatività e più ancora i vili interessi, sia il fitto mistero per ogni poeta, avvocato, giudice, giuria o imputato, che in aule di giustizia abbia il proprio alto cimento.

Ne l’avere in sé la presunta risposta, non si arrenda, non abbia a mollare! estremo e strenuo sia il suo rendimento poetico-agonistico.

 

10) Costretti, di fronte alle avidità e viltà tutte del mondo (con annessi e connessi), il dedicarsi ai problemi altrui tutti, a prescindere, trattando con relativa noncuranza i propri interessi per vili sentiti, così è che la verità aspira e si esige giustizia su ogni fronte umano e le mette le ali alla sua poesia.

 

Tale linea di condotta, condotta così sia affinché il possibile avvocato avverso, pubblico ministero o parte civile, sconfitta o trionfante nella causa poi, quale sincero nel suo vero, possa in propria dignità inchinarsi alla poesia che cerca la sua voce nella giustizia.

Treviso, Buffet Stazione – 11/10/2012.

 

 

 

Dario Schonberg