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Dario Schonberg
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   CONTRODIGIUNO

 

Non gli va bene mai niente!

Qualunque cosa io faccia, non funziona, non va, non serve ad un cazzo di niente.

C’è una guerra segreta in corso, pochi ne sono al corrente.

L’avversario è mio padre.

Dopo dieci anni di ambigua conflittualità tra me e questa paterna figura, dichiarata esplicitamente quale padre, per addivenire ad un qualcosa finalmente: esiti quali che siano, la morte anche, la fine della pena della vita, un digiuno da me intrapreso.

Dalle ore 00.01 del 21 dicembre 2012, fame e sete, ad oltranza.

Io proprio non amo la vita, la morte piuttosto.

La fine del dolore del mondo come pure di quello tutto personale che tanto all’altro si aggiunge.

Dopo dieci anni di guerra a quasi tutti ignota, mio padre ha proprio rotto i coglioni.

Decisamente, a me non piace il dialogo.

Io incapace, le esigenze del padre: dialogo e voce che si senta?

Una richiesta specifica che non so o non riesco a soddisfare perché tutto quello che faccio non torna?

Io pure incazzato con me stesso.

Poi, con chi prendersela se non con la figura del padre.

Chi sa, sa.

In ognuno le sue responsabilità.

Io, il vile nel proprio modo.

La scienza della non-comunicazione?

Fame e sete ad oltranza, dal 21/12/2012.

Ehi papà, mettiti nel culo questo digiuno.

Soffrendo molto il caldo, il digiuno dovendo lavorare in una cucina?

Pure in mezzo a manicaretti d’ogni genere che pure detesto?

Certo, la cucina è una situazione ambientale particolare per un digiuno.

Io sono il dilettante dal corpo non avvezzo a tale pratica.

Spero il suo professionista sappia apprezzare fino in fondo tale mio intento.

Il digiuno non è di protesta e nemmeno di proposta, come qualcuno ci tiene sempre a precisare i suoi atti.

Il mio affanno vorrebbe essere di esplicito ricatto, dal mio dato punto di vista, come tutti questi digiuni lo sono: d’animo nobile, motivati, ben argomentati, finalizzati, però i ricatti anche se mai dichiarati per tali.

Il mio non lo è, vorrebbe esserlo di ricatto, poi è Diverso.

Il mio è un Digiuno di Vaffanculo!

Dopo dieci anni di lotta con mio padre, il Vaffanculo detto per Ufficiale.

Si spera che l’amato padre arrivi a considerarlo davvero con attenzione e saggezza.

Lo si esige il rispetto sia per il Digiuno che per il Vaffanculo.

Io non potrò e nemmeno voglio usufruire dell’apporto dell’adeguata assistenza medica, al fine del prolungare di più e meglio vita e digiuno?

L’assistenza medica per protrarre all’inverosimile tale ostinazione e metodo del Fare?

Della possibile assistenza medica non me ne frega un cazzo.

Qui si soffre la vita e vi si vorrebbe porre termine con un digiuno.

Alla vita o alla sua nausea esistenziale, motivandola negli ultimi dieci anni come vissuti e come conflittuali.

Dichiarando, a me non interessa la vita, ci tengo al Vaffanculo.

La mia azione la dico per assolutamente violenta, di violento Vaffanculo.

Se la vita è stata di merda, grande e nobile lo sia almeno l’uscita di scena.

Sadico lo è il padre, sadico lo sono pure io? (spero, l’effetto)

Di orgoglio impossibile, carattere altrettanto, all’inverosimile?

Questo io sono.

Io non amerò mai la mia situazione in termini medici su Internet.

Non volta ad impressionare, impietosire o piegare le resistenze altrui.

Io vorrei solo il mio Vaffanculo a mio padre.

Perché il padre è il padre e per tale sempre conta, nel Bene e nel Male.

Io non ho il mio digiuno coccolato, lenito e accarezzato.

Io non ho la platea dove esibire il mio corpo deperito, non a stimolare le coscienze dormicchianti.

Io non ho i fans pronti a sostenermi nel gesto o volti a pietosi, scoraggianti e vili inviti a smetterla.

Non i fans a narrare membra e gesta, non a propalare la sensazione di un qualcosa.

Io ho solo me stesso e la coscienza del padre su cui poter infierire, l’ambigua insoddisfacente irritante.

Il vecchio porco non mangia?

Il vecchio porco si nutre delle anime altrui.

In particolare, la mia dolente che ora dà sull’incazzato.

Qui, non si vuole protrarre il digiuno il più a lungo possibile per i propri fini (peraltro limpidamente dichiarati), poi a rilanciare e buttarla in là ancora, altro esigendo, altro scommettendo?

Qui, non la si ama questa vita di merda.

Si anela il morire alla grande, il digiuno una mera battaglia di riserva.

La seconda scelta quando tutt’altro sarebbe stato il programma di questa vita che dà sull’inutile.

No, non amo proprio il dialogo.

Non ci so fare, ci rimetto, niente dialogo, OK?

Non mi piacciono i mandarini.

Nel caso eventuale, preferirei i lecca-lecca o altro.

Non le proposte, solo le mie pretese del cazzo.

Che il padre lo dica chiaramente alla radio:

“io sono un Ri-cat-ta-to-re,

io sono un Vio-len-to,

i Di-giu-ni sono una Stron-za-ta.”

Che lo dica sillabando per favore, è la mia dannata pretesa.

Io lo voglio spezzare in due il teramano di merda, mio padre.

Perché quando si va sul paterno, la questione si fa più aspra e dura.

Vive, digiuna e sopravvive sempre?

Il conflitto tra noi due che continua insoluto, imperterrito, ancora e sempre?

Crepasse almeno, il discorso sarebbe chiuso.

Me lo faccio da solo il digiuno, io senza altrui contributi emotivi.

Da solo, come sono solito fare tutte le mie cose.

Il padre è il professionista abile e audace nel protrarre oltre il comprensibile il suo gesto?

Io pure, teso nella possibile emulazione?

Si vorrebbe protrarre inventandosi pretese esose nemmeno recepibili, giusto per porre termine alla causa in corso, nell’addivenire a sospirata morte.

Digiuno di Vaffanculo!

Il quinto giorno è il limite per la sete?

Si vorrebbe giungervi per andare oltre.

Come non lo so.

Ci si inventerà davvero qualche richiesta dal padre non soddisfabile?

Non si ama la vita, si spera nella morte.

Il quinto giorno mi piacerebbe esigere: il padre alla radio che dica chiaramente

“Non farò mai più un digiuno, lo prometto.

Non digiunerò, non ricatterò più nessuno.

Niente digiuni, promesso.

Lo giuro sullo statuto.

Possano cascare le palle allo statuto se lo farò ancora (il digiuno).”

Vorrei lo dicesse alla radio più volte, ripetutamente.

Diciamo per un’ora intera?

Non il singolo testo registrato.

Personalmente sempre in voce, a ripeterlo come un mantra.

Voglio sentire il dolore mentre lo dice, la sofferenza.

Voglio il percepibile impegno in questo, digiuno finalizzato il mio.

Vorrei sentire il contorcersi della lamiera, il suo dilaniamento nel dire queste parole.

Non a fare altro digiuno, a pesare sul cuore e poi che fa?

Sopravvive per il prossimo a venire?

Però, la dichiarazione non farla subito per favore.

Falla il quinto giorno.

Se la fai subito poi dovrei inventarmi qualcos’altro da reclamare per arrivare al quinto (come tu fai con arte pura, andando poi oltre).

Non ho un fisico avvezzo, di condizione pure precaria.

Sono stanco, stressato, allo stremo.

Lavoro pure in una cucina, tra le cibarie.

Non sono nella situazione ideale per fare tale Digiuno.

Con orgoglio e dignità, si vuole uscire di scena da questa vita insulsa, vana e di merda.

In questa vita non si vuole vivere ancora, la vita come ora.

Il teramano lo voglio spezzare in due.

M’ha rotto con il suo digiuno atto a provocare sensi di colpa e rimorsi.

Io nel non saper soddisfare le sue di pretese.

Non gli va bene niente, non faccio quello che vuole, se lo faccio pure è inconcludente?

Perché non è la voce giusta?

Chi sa, sa sapendo nella sua certo indomita coscienza.

In ognuno vivono le responsabilità.

Il vile è vile, nel suo modo.

Non si smetterà per eventuali convenienze o interessi di sorta.

Il Digiuno di Vaffanculo è di rispetto se è serio e coerente.

Potrebbero insorgere motivazioni per l’alimentazione forzata?

Nel rifiutarla, io potrei citare  del padre motivazioni e argomentazioni, la sua decisa volontà di sempre nel merito.

Io ce l’ho l’illustre precedente: la storia del padre come fosse di valore giurisprudenziale.

E’ vero, il mio digiuno non anela al proseguimento della propria vita.

Non nelle attuali condizioni.

Se la vita è di merda, da non subire oltre.

Dieci anni di lotta con il padre mi hanno seccato, annoiato colmato di nausea esistenziale.

Non si smetterà per viltà del momento.

Non mi interessa la vita, io credo fervidamente nel Vaffanculo.

Io lo voglio spezzare mio padre, a spezzarlo dentro.

Perché il padre è sempre tale, per tutti in tutti.

Per i curiosi, per eventuali informazioni, rivolgersi direttamente alla merdaccia e accoliti vari.

Concedo il mio dialogare per possibile con la polizia.

Comunque, io a mantenere la posizione del mio Vaffanculo di tutto Rispetto (suppongo).

Nessun Luogo, Dotazione 14/ 8 – S.Elena, 22/12/2012 ore 3.05.

Nota.

Comunque vada a finire, questo post sul mio blog e nel libro di appartenenza mai verrà da me cancellato.

Comunque vada a finire, nessuno abbia la sua fatica nell’eliminarlo.

Per eventuale dipartita, nota doverosa che con previdenza sempre si dovrebbe lasciare:

A/ la mia Cleo, amata quattrozampe, la si affida ad Eloisa Milner, titolare dell’Ostaria da Rioba, affinché le trovi amorevole sistemazione.

B/ i miei libri in fase di scrittura, appunti e altro, li lascio alle mie case editrici: Prospettiva Editrice e Abelbooks.

C/ la casa di mia proprietà, gli oggetti in essa contenuti, li lascio ad Elosa Milner, lei sull’uso che le parrà più opportuno.

Se lasciare Cleo sarà il mio dolore, se il non poter finire i libri in corso sarà dolore, della casa e di quanto contiene non me frega niente.

D/ infine, lascio il mio Vaffanculo nel cuore di Marco Pannella.

 

Dario Schonberg