Appunti sulla Felicità
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Ognuno abbia e lo viva pienamente il tormento del proprio inferno, coscienza dove camminare e vivere/ morire da libero, consapevole e responsabile.
Nel sopravvivere nonostante tutto, poi lo scoprire o percepire il senso della felicità plausibile, tale nel cuore onesto soprattutto con se stesso.
1) Non ridurre e non pretendere gli altri supini alla tua visione della felicità.
In quanto pretesa, sarebbe la violenza nel generare altra possibile violenza, più o meno strisciante.
La tua, a suscitare risposte scomposte, incontrollate, parimenti violente, diverse nella forma, affini nella sostanza?
E’ la logica del sopruso che stimola la violenza altrui che dorme, in attesa di scontro e di impulsi a propria sollecitazione.
L’autocontrollo è dote esigua e chi lo porti in sé più raro ancora.
Sii felice come ti senti, proponiti, mai ad importi.
2) Perché sei felice sì, lo sei veramente?
Fino a quale verità sincera e quanto durerà il tuo incanto?
Il giorno in cui si incrinerà la tua immagine allo specchio (tale dentro di te) potrebbe avere il suo tempo e suonare la possibile tua disintegrazione di felicità.
Se integra tuttavia rimane, a tenere duro forse solo la tua illusione?
La felicità è forte e debole allo stesso tempo, vive sotto l’incubo costante della realtà.
La felicità è il sapere cosa scrivere, a reagire alla vita (di merda), a rianimare l’esausto dal dolore del vivere.
3) Il denaro, i beni materiali, il lusso, la vita facile e comoda, sono le fottute illusioni quanto feroci e pure possono esserlo quelle degli dei.
Tutti costoro, sono il vile diversivo che tenta, trama, seduce e infierisce sul percorso della personale ricerca della felicità.
Tutti costoro, a complottare contro la ricerca di sé nell’interiore universo: chi sei, come vuoi essere, cosa puoi fare e cos’è che devi nel tuo agire, per il tuo cuore?
Lo scrivere può intendersi anche come il diario di bordo di questa imperterrita ricerca.
4) La felicità non sia il lasciarsi invadere da entità aliene, per quanto suggestivo il Dio, il mito, il Fantastico Bene o la favola.
La felicità nemmeno sia l’appoggiarsi sul loro senso, non l’usarli come stampella, perché sono tanto e tanto forse non lo sono dentro di te, dove lo specchio ti conosce, sa di te e rivelarsi tramite l’inspiegabile disagio può ad ogni momento, a dirlo l’inganno del tuo cuore.
La felicità sia il battersi contro le viltà quotidiane, allo sfinimento battersi, però il battersi.
E poi morire infine, nella consapevolezza dell’aver vissuto, dell’essere compiuto.
Nello scrivere, il diario di bordo d’ognuno, a questo sia funzionale.
5) La felicità non sia la meta, non lo scopo e non il senso della vita.
La felicità sia la visione della vita senza finzioni o ipocrisie, nel durante della vita.
Per quanto possa essere e constare il dolore, tu la sai la vita! e puoi fare qualcosa, a reagire alla vita.
Persi nelle proprie illusioni, altri credono di sapere mentre lo ignorano o lo fingono, prigionieri delle loro relative esigenze, essi non sanno o non lo vogliono, essi non potranno molto contro ogni avversità che si profili all’orizzonte.
Potrà essere non adeguato, non sufficiente o semplicemente troppo tardi.
Forse, la non-conoscenza è compagna, traccia e rudimento il più utile in questo affanno esistenziale.
La felicità spesso è un colpo di scena nella commedia della vita?
Non d’ogni autore, lo scrivere sovente si dice quale mano tesa a trarre fuori l’altro dalle sue illusioni.
Poi, lo scrivere stesso pure può consistere dell’illusione.
Però, se la ricerca dura, dura pure la scrittura.
Importante sia l’interrogarsi, il discutersi, l’andare avanti.
6) La felicità non alimentarla con fuochi altrui, pronti e pure veloci allo spegnersi al primo pensiero di vento contrario.
La felicità accendila col fuoco tuo di scintilla interiore, nutrila giorno dopo giorno quale l’umore, il tempo o il dottore, donala ai venti tutti del mondo a che possa essere il suo possibile incendio.
Lo scrivere sarebbe pure fondamentale all’acceso duraturo o perenne.
7) La felicità è il momento estenuante della riflessione più dura e logorante, addentro il tormento d’ogni cosciente abisso, ne l’abisso.
Lo scrivere il diario di bordo senza tempo.
Non il vile Paradiso poi, noi ora.
9) Quando Dio infine parlerà al tuo cuore, della felicità pure una meta, chieditelo però se sia sogno o realtà, inganno o destino, illusione ennesima e non altro?
Di questo, nell’attesa come infinita, parlaci tu al tuo cuore! che la notte è breve, il vile giorno delle ansie e delle viltà quotidiane sempre più vicino.
10) Non ridurre gli altri alla tua visione della felicità.
Non azzardarti a farlo! non affaticarti, non pensarci nemmeno.
Se non è follia, più che immorale è indegno del pensiero civile.
Esprimila la tua felicità, dichiarala! portala alta, mai ad imporla, mai a pretenderlo.
La felicità propria non debba procurare l’infelicità altrui.
Non il nutrirsi o viziarsi con predisposizioni, compiacimenti o soggezioni altrui.
Se è molto umano, più che illusione è la stupida, ipocrita, più vile o più folle deduzione della felicità.
Si è felici quanto più grande, profondo e senza tregua l’inferno?
Il proprio ego nell’ascolto del mondo, dell’uomo e della vita?
A condizione d’uno scrivere inesausto, a confutazione d’ogni logica e ragione.
Nessun Luogo, Cannaregio/ S.Elena.
Ostaria da Rioba, Irish pub, Dotazione 14/ 8 – 12 e 13/10/2012.