Lettera - Il Formigoni del Sud finisce la corsa a Isernia

Dalla Rassegna stampa

Cara Europa, nella legittima soddisfazione del Pd per la vittoria quasi generale del centrosinistra al secondo turno, che i media, telegiornali in testa, hanno cercato di coprire col risultato dei grillini a Parma, sia pure significativo, vi sarei grato se voleste ricordare anche Isernia, dove era candidata Rosa Iorio, direttrice del sistema sanitario nonché sorella del governatore regionale Iorio, delle cui gesta si occupano i giornali nazionali da anni, un po’ meno i molisani. La signora aveva avuto la maggioranza relativa al primo turno, conquistando la maggioranza del consiglio. Ma al ballottaggio la coalizione di centrosinistra, guidata da un professionista indipendente, ha stravinto sul sistema di potere che dura da oltre 10 anni grazie al governatore-fratello e al suo protettore di Arcore. Questa piccola regione, dove la Dc superava il 50 per cento dei voti, è stata sempre considerata terra conformista e clientelare. Stavolta in molti abbiamo riassaporato il vento del 1996, quando per la prima volta il centrosinistra di Prodi conquistò l’intera rappresentanza politica alla camera e al senato.
ANDREA DE ANGELIS, E-MAIL

Caro De Angelis, il centrosinistra ha conquistato 14 dei 19 comuni in ballottaggio, uno l’Italia dei Valori (Palermo), uno i grillini (Parma), due l’Udc, tre la destra. Tra i comuni che Pd e centrosinistra hanno tolto alla destra ci sono Asti, Alessandria, Como, Monza, Lucca, Rieti, Isernia, Taranto (in totale 93 città su 127, tra cui Civitavecchia, che non è capoluogo di provincia, ma il secondo porto passeggeri d’Italia dopo Genova). Se il mio omonimo Leoluca Orlando mi consente, una parte significativa del centrosinistra ha votato per lui, consentendogli di tornare per la quarta volta al governo di Palermo (ma, per favore, non dica più “qui comando io”, che è linguaggio berlusconiano: dica qui stimano me, come è vero).
Piccolo capoluogo della più piccola provincia d’Italia, Isernia fa testo col suo cambiamento, perché da anni le sue cronache politiche, non meno di quelle dell’intera regione, sono motivo di scandalo sulla grande stampa nazionale. Tipico esempio di casta, di familismo e di sperpero del denaro pubblico, documentati in un volume di 500 pagine di Vinicio D’Ambroso, Il regno del Molise, con prefazione di Sergio Rizzo. Sella e Rizzo hanno riempito di articoli molisani il Corriere della Sera: l’ultimo, uscito alla vigilia delle elezioni, descriveva anche con documentazione fotografica l’ospedale di Isernia coi topi in sala operatoria: a sua volta chiusa, perché hanno dimenticato di costruire un ascensore idoneo a riportare gli operati, magari di cuore, alle loro camere, nei piani superiori.
Così è stato amministrato il Molise da un governatore che – apprendiamo sempre dal Corriere – era stato condannato a 1 anno e 6 mesi per abuso d’ufficio in favore del figlio; e ora voleva completare il quadro della ragnatela domestica, elevando la sorella a vassallo nel feudo di Isernia. Tra il primo e il secondo turno delle amministrative, era inoltre intervenuta la decisione del Tar di annullare le elezioni regionali dello scorso anno, che avevano confermato il governatore, per problemi di firme: in parte raccolte irregolarmente, in parte apposte anche due volte.
Il piccolo Molise, come la grande Lombardia, falsifica la raccolta delle firme, imitando Formigoni, denunciato invano da Marco Cappato e dei suoi amici radicali. E come Formigoni, anche Iorio è un buon “cattolico” ex dc. Nel volume Il regno del Molise, si trova la pioggia d’oro che, dopo il terremoto di San Giuliano, il governatore-commissario ha fatto piovere su tutti i 136 comuni del “suo” Molise, mentre quelli veramente danneggiati non superavano la decina. Sono stati inventati itinerari lungo i tratturi, le passeggiate nel cuore nei boschi, la valorizzazione delle patate turchesche, le fiere delle cipolle, il museo della zampogna, e via ruraleggiando. La pioggia d’oro consente di aprire sedi di rappresentanza Roma e ambasciate molisane all’estero.
Mentre L’Aquila, a tre anni dalla distruzione, è ancora un mucchio di macerie e rischia di finire divorata dalle erbe insieme ai suoi tesori storici e artistici. Così va l’Italia, o così è andata fino a lunedì. I partiti che l’hanno sgovernata hanno concentrato i loro voti a Parma sul candidato di Grillo, beniamino di Rai e La7. Voi, nel vostro piccolo, avete ribaltato la situazione senza operazioni gattopardesche o grillesche. Grazie anche per questo.

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