Il Fondo approva e striglia

Dalla Rassegna stampa

Veramente una bella pagella, quella consegnata dalla missione dell'Fmi al premier Monti ieri, alla fine della visita in Italia. Anzi, la migliore che si ricordi da anni. «Sulla strada giusta», «progressi rimarchevoli», e persino «un modello per la stabilizzazione dei conti pubblici e per le riforme a favore della crescita».

Tutto ciò è indubbiamente molto positivo e fonte di soddisfazione, non solo per il Governo, ma anche per le forze politiche che lo sostengono (insolitamente, il documento del Fondo riconosce «l'ampio sostegno politico» che ha permesso l'azione del Governo), come anche per ogni cittadino. Specie se si ricorda, come ha fatto nella conferenza stampa il direttore del Dipartimento europeo dell'Fmi, Reza Moghadam, il baratro che l'Italia affrontava alla fine dello scorso anno.
Ma resta anche molto da fare - soprattutto, rimarca il Fondo, per rilanciare la crescita. In una novità per questo tipo di documento, solitamente senza titolo, la missione ha voluto mettere al centro proprio questa esigenza, intitolando le sue conclusioni "Un'agenda per ripristinare la crescita in Italia". Apre quindi con un incisivo elenco di «riforme strutturali per dare una scossa alla crescita».

Lo staff del Fondo stima infatti che riforme che avvicinassero l'Italia alle migliori pratiche (best practices) dell'Ocse potrebbero innalzare il livello del Pil di circa il 6% nel medio termine. Tra tali riforme, naturalmente, quella del mercato del lavoro, per evitare tra l'altro il rischio - nelle parole del Fondo - di una «generazione perduta» con conseguenze durature per la crescita. L'Fmi appoggia il passaggio rapido della legge in discussione, pur sollecitando un ulteriore chiarimento delle condizioni per il reintegro, al fine di ridurre l'incertezza e favorire accordi extra-giudiziari.
In tono implicitamente più critico, il Fondo spinge anche per cambiamenti che non sono all'ordine del giorno del Governo. Tra questi, spiccano tre in particolare: il primo, un vecchio cavallo di battaglia dell'Fmi, è quello di una differenziazione regionale dei salari pubblici, che favorirebbe anche la flessibilità dei salari privati e l'occupazione, soprattutto al Sud.

Il secondo è «l'accelerazione» (parola che, nel linguaggio felpato del Fondo, svela impazienza col ritmo attuale) dell'apertura degli ordini professionali. E il terzo, è quello di una «maggiore spinta» (di nuovo, una critica velata) alla privatizzazione, in particolare dei servizi pubblici locali.
In sintonia col tema centrale della crescita, anche il capitolo sulla finanza pubblica, piuttosto che centrarsi su possibili scostamenti dagli obiettivi prefissi (che pur vi sono nelle previsioni Fmi), assume un orientamento più strutturale e a medio termine. S'intitola infatti "Rendere il consolidamento fiscale più favorevole alla crescita" (growth-friendly) e - dopo aver osservato che l'avanzo primario previsto per il 2013 (4% del Pil) è il più alto della zona euro - giudica «appropriato» il ritmo di correzione previsto per il 2012-13.

Detto questo, emerge però una chiara insoddisfazione nei confronti della composizione del risanamento, con un richiamo deciso a favore di maggiori tagli alla spesa, e un rafforzamento della spending review, per permettere tra l'altro una riduzione dell'imposizione sul lavoro. Vi è anche un richiamo a una migliore utilizzazione del patrimonio pubblico, tramite le dismissioni. Anche qui lo staff dell'Fmi stima che un riequilibrio deciso nella composizione del risanamento potrebbe aumentare il livello del Pil dell'1% nel lungo periodo.
Il terzo capitolo delle conclusioni è dedicato alle banche, dove è da notare un tono diverso da quello del recente rapporto Moody's. Non vi sono comunque qui molte sorprese, con il riconoscimento di alcuni punti di forza e nel contempo una preoccupazione per le grame prospettive di crescita economica. Si ritorna, infine, sempre lì.

Nel complesso, quindi, una pagella assai incoraggiante. Assieme all'invito rivolto dal presidente Barack Obama al premier Monti di aprire i lavori del prossimo vertice G-8, e di puntare assieme a maggiori sforzi a favore della crescita, quella di ieri è stata una giornata positiva per il riconoscimento internazionale dell'Italia. Ma l'emergenza persiste appieno, anche se ora non è l'Italia a contribuirvi. Per questo l'Fmi giustamente evidenzia che «le prospettive per l'Italia dipendono anche dal continuo progresso a livello europeo nella creazione di una unione monetaria più completa».
Ma non sia questo l'alibi per allentare la presa a casa. Nell'elenco stilato dal Fondo ci sono compiti indigesti per ognuno dei partiti che sostengono il Governo. Proprio per questo è un programma che può essere attuato solo da un Governo quale l'attuale. E che deve includere, come ribadito dal Fondo, anche modifiche istituzionali che assicurino la permanenza delle riforme oltre il 2013 - una necessità ribadita anche dal premier Monti, spiegando che una «riforma della governance può togliere le incognite sul futuro». Incognite che l'Italia non può permettersi nel traghettare questo difficilissimo momento in Europa.

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