Falso in bilancio, caos alla Camera

Il Pdl alza le barricate sull'anticorruzione e sulla riforma del falso in bilancio dove incassa, a sorpresa, un risultato insperato: grazie ai voti di Fli e Udc (oltre che all'astensione di Radicali e Lega), complice il parere favorevole del governo la commissione Giustizia approva un emendamento di Manlio Contento che svuota la proposta di riforma targata Idv. L'emendamento, infatti, ripristina il testo vigente dell'articolo 2621 del Codice civile sulle «false comunicazioni sociali» (di paternità berlusconiana), salvo aumentarne la pena da 2 a 3 anni (l'Idv la portava a 5). Tranne il Pdl, nessuno si rende conto-prima, durante e immediatamente dopo la conta, finita 12 a 10 - della portata di quel voto, se non quando il presidente della commissione Giulia Bongiorno comunica che tutti gli altri emendamenti si considerano decaduti. Scoppia la bagarre: Angela Napoli di Fli e Roberto Rao dell'Udc spiegano di essere stati fuorviati dalle indicazioni del governo favorevoli alla modifica, mentre Lorenzo Ria, anche lui dell'Udc, dice di aver sbagliato ad alzare la mano perché avrebbe voluto votare in dissenso dal gruppo, essendo favorevole a «ripristinare il reato di falso in bilancio così com'era prima»; Idv e Pd puntano il dito contro il ministro della Giustizia Paola Severino perché «prima dice di voler sostenere la riforma e invece dà parere favorevole a un emendamento che la svuota»; da New York, lei invia subito una precisazione in cui parla di «errore», imputandolo a Mazzamuto perché la scheda fornitagli (con i pareri a tutti gli emendamenti) era «chiarissima»: sì all'aumento di pena, no alla parte restante. Poi aggiunge che «si porrà rimedio in aula». Mazzamuto ribatte: «Se errore c'è stato, è perché la scheda non era chiara».
Un pasticciaccio brutto, un mistero brutto, una commedia dell'assurdo: è difficile spiegare l'accaduto. Il Pdl gongola. e con Fabrizio Cicchitto contrattacca: «Non è accettabile che esistano di fatto due maggioranze, una Pdl-Pd-Terzo Polo sulle questioni economiche, sociali e altri temi; un'altra Pd-Idv, ed eventualmente altre forze, sulla giustizia, il falso in bilancio, la corruzione». Così i deputati di Berlusconi spiegano anche il loro atteggiamento durante la seduta sul ddl anticorruzione, bloccato da una raffica di interventi-fiume contro «i neo-giustizialisti», al punto che dopo oltre due ore le commissioni Giustizia e Affari costituzionali avevano votato un solo subemendamento alla mediazione della Severino. «Ostruzionismo becero», dirà Antonio Di Pietro. Il rischio di non riuscire a concludere l'esame del testo si fa sempre più concreto: in questo caso, il ddl andrebbe in aula nella versione modificata fino all'articolo 8, mentre l'articolo 9 resterebbe in quella proposta dall'ex guardasigilli Alfano, e la partita si giocherebbe tutta in aula, scolpi di voti segreti. Ieri, però si è deciso di andare avanti ad oltranza sia sul falso in bilancio che sull'anticorruzione, nella speranza di arrivare al 28 maggio coni due testi votati interamente.
Il clima era già teso quando la commissione Giustizia si è riuni- ta alle 13.30 sul falso in bilancio. Respinto il primo emendamento Contento interamente soppressivo dell'articolo 1, si mette ai voti quello che scatenerà il caos perché sembra modificare solo il tetto di pena, mentre ad un'attenta lettura «sostituisce» l'intero articolo 1 della proposta Idv. Mazzamuto dà parere favorevole, il relatore Federico Palomba, contrario. Vincono i sì. A quel punto scatta il rien ne va plus, tra sbigottimento e rabbia. Di Pietro accusa il governo: «Ci ha preso in giro». Insieme al Pd convoca una conferenza stampa per chiedere spiegazioni alla Severino e attaccare il Pdl. Nel frattempo arriva la sconfessione di Mazzamuto da parte del ministro e Cicchitto la definisce «inaccettabile». «È stata azzoppata una norma fondamentale» nella lotta alla corruzione», dice la democratica Donatella Ferranti, che dà appuntamento in aula al governo, a Fli e all'Udc per «verificare se si è trattato di un errore»: la norma cancellata ieri verrà infatti riproposta e votata. Anche se in aula incombe - per il falso in bilancio come per l'anticorruzione - lo spettro del voto segreto.
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